Matteo Messina Denaro, un boss in piena attività
E’ nato il 26 aprile del 1962 a Castelvetrano, Trapani. Ricercato dal 1993 per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplodente, furto e altro. Nel 1994 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.
Matteo però non ama le foto, e questo è bene saperlo. L’ultima risale a una ventina d’anni fa: mostra un giovane con il volto affilato, gli occhiali a goccia, l’aria tenebrosa.
Suo padre Francesco, alleato dei corleonesi, ha riorganizzato e dominato le mafia di Trapani. In vecchiaia, anche lui fu costretto alla latitanza. Ma quando morì, nel 1998 a 78 anni, la polizia ritrovò il suo cadavere, vestito di tutto punto, composto e disteso sulla nuda terra, in quelle campagne dove era voluto tornare da morto. Già allora, Matteo ricercato da cinque anni, era un cavallo di razza: stirpe illustre, buoni insegnamenti, si è sempre distinto per ferocia e spietatezza, sintesi fra tradizione e modernità. Perché sotto l’aspetto da gentleman, nasconde una tempra d’acciaio. Ha 43 anni, ma da tempo è indicato come il futuro di Cosa Nostra. Ultimamente, il boss, sarebbe il mandante delle intimidazioni alla squadra catturandi che è proprio alle sue calcagne.
La notizia è stata resa nota solo poco tempo fa. La moglie di un ispettore della Catturandi della squadra mobile di Palermo è stata fermata per strada da un uomo che, sceso dall’auto, ha mostrato delle foto del suo congiunto e di altri suoi colleghi dicendo: “Che bei mariti che avete, che belle famiglie”. L’ispettore e la sua famiglia sono stati trasferiti in un luogo sicuro ed è stata aperta un’indagine in procura. A riportare la notizia è l’edizione palermitana di Repubblica, in un articolo a firma di Salvo Palazzolo. Secondo quanto pubblicato dal quotidiano nel mirino sarebbe finita la squadra Catturandi, i protagonisti degli arresti eccellenti: dai Lo Piccolo a Nicchi, passando da Raccuglia. Attenzioni che sono state concentrate su di loro dopo la costituzione di un gruppo speciale – con uomini della mobile di Palermo, di Trapani e dello Sco di Roma – per la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro. In procura l’indagine è nelle mani del procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e del sostituto Francesca Mazzocco. Non è stato possibile identificare gli uomini che hanno fermato la moglie dell’ispettore, le telecamere che hanno ripreso l’auto hanno fornito immagini a bassa risoluzione.
Intanto si rivedono, anche, altre confidenze rilasciate ai carabinieri del Ros a proposito di un summit con Messina Denaro, avvenuto allo stadio Renzo Barbera di Palermo (il 9 maggio 2010) dove, secondo la fonte confidenziale, il boss di Castelvetrano si sarebbe opposto a propositi di attentati contro magistrati e forze dell’ordine. Il progetto per la cattura del numero uno di Cosa nostra è stato iniziato dall’ex capo della Catturandi di Palermo, Mario Bignone, che all’indomani della cattura di Gianni Nicchi ha scoperto di avere un tumore al cervello. Dal letto dell’ospedale è nata la squadra che sta dando la caccia a Messina Denaro. Indiscrezioni parlano di qualcosa di più consistente di semplici piste per arrivare al boss. Bignone è morto lo scorso 21 luglio e i suoi uomini ora vogliono terminare il lavoro. “Non mi lascerò intimidire, nessun poliziotto a Palermo farà mai un passo indietro” ha detto a un amico l’ispettore minacciato prima di allontanarsi dalla città.
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