Cantone: non esistono zone franche
A pochi giorni dall’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, proviamo a tratteggiare ciò che sta emergendo in queste ore con l’aiuto di Raffaele Cantone, ora in Cassazione, per anni alla Dda di Napoli. Un piccolo viaggio che ci ricorda il lato violento della camorra, sempre presente anche quando l’interesse principale è quello di fare comodi affari. E che riprende in mano la necessità di non isolare e lasciare soli gli amministratori che nel locale si muovono, facile preda di chi ne intuisce l’importanza strategica per gestire fondi e appalti sul territorio. Anche in quelle zone che franche non sono mai state e che diventano terreno fertile per l’espansione economica delle mafie.
Dottor Cantone, trent’anni fa la camorra uccise Marcello Torre, sindaco di Pagani. Sempre provincia di Salerno ma geograficamente lontanissimo dal Cilento, dove ora è stato ucciso Vassallo. Questo cosa significa?
Io credo che questo omicidio vada analizzato senza fare eccessivamente una valutazione sul luogo in cui è maturato, partendo da una premessa: la zona del Cilento della provincia di Salerno è notoriamente una zona nella quale una criminalità organizzata stanziale non c’è, laddove l’omicidio del sindaco Torre nasceva da un tentativo di quella criminalità organizzata con addentellati napoletani di insinuarsi nelle zone a cavallo fra la provincia di Napoli e Salerno. Se dovesse confermarsi la matrice camorristica del delitto, la spiegazione credo sarebbe completamente diversa: cioè come tentativo di fare affari; non c’è un problema di controllare il territorio, c’è una volontà di fare affari. Ma la considerazione successiva – sempre che sarà confermata la matrice – è che purtroppo non esistono zone franche rispetto alla violenza mafiosa .
Entriamo proprio sulle modalità dell’agguato: il passaggio delle indagini alla Dda di Salerno, le dichiarazioni di alcuni magistrati, fanno intendere che la pista è quella camorristica. Quali elementi spingono in questo senso?
In assenza di altre indicazioni precise, soprattutto il contesto e le modalità, sono i primi elementi che devono essere valutati. E le modalità nel caso farebbero presumere si tratti di un agguato camorristico, per il luogo in cui è stato fatto ad esempio. Perché è evidente che è stata fatta una pianificazione attenta: è stata scelta una strada isolata, in un posto in cui la macchina doveva necessariamente non poter andare ad alta velocità. Sono stati sparati diversi colpi da una pistola, ma diciamo, non da una distanza molto ravvicinata, e quasi tutti al bersaglio, non mi sembra ci fosse una mano tremolante. Le modalità farebbero pensare a un omicidio fatto da un professionista. E questo elemento farebbe pensare alla plausibile via della criminalità organizzata. Anche l’arma, perché è vero che la calibro 9 è una pistola abbastanza comune, però non è una pistola così semplice da procurarsi, per chiunque, come potrebbe essere una 7.65 o una 6.35.
Una morte per gli interessi legati al riciclaggio, allo scempio del territorio, al traffico di droga. Tutte ipotesi da non scartare. Questo può giustificare un simile episodio nel Cilento, senza una escalation, una serie di avvisaglie ?
Penso che un omicidio del genere, difficilmente non ha avvisaglie. Bisogna capire se, in contesti nei quali non c’è una presenza della criminalità organizzata, le avvisaglie vengono comprese come tali. All’interno di un contesto di un certo tipo, le persone capiscono quando le minacce sono serie, e da che ambienti vengono. Magari in ambienti meno avvezzi si possono scambiare per altro.
Una incomprensione magari..
Io direi anche una sottovalutazione dovuta alla convenzione che alcune zone siano franche. Ovviamente stiamo parlando sempre per ipotesi. Però, è questo è un punto su cui insisto, non è che c’è una camorra buona che investe e una camorra cattiva che spara nei sobborghi. La camorra ha un background fondato sulla violenza e se è vero che tendenzialmente non spara dove fa riciclaggio, la sua forza sta sempre nella capacità di usare la violenza quando dovesse ritenerlo funzionale ai suoi interessi. E quindi la camorra, le mafie, rimangono tali perché quando è il momento l’opzione militare la possono sempre prendere in considerazione.
Chi storicamente ha avuto interessi nel Cilento, o si tratta di diversi soggetti che alternativamente hanno investito in zona?
Penso che si debba parlare di singole situazioni che possono fare gola a diversi clan. In passato sono stati arrestati alcuni latitanti, si sono verificati insediamenti, ma dal punto di vista, sempre, degli affari. Stiamo parlando di realtà nelle quali i clan meglio strutturati possono pensare di andare a fare buoni affari; io non credo che possa essere, ad oggi, considerata pieno interesse di qualcuno nello specifico.
Vassallo era stato definito un sindaco solo, sebbene si confrontasse spesso con magistratura e forze dell’ordine. Eppure questo non è bastato. Come non si lascia solo un sindaco? Che fare?
Molto difficile rispondere a questa domanda. Lui sicuramente aveva rapporti con forze dell’ordine e magistratura, ma a nessuno ha fatto cenno se non a riguardo di generiche preoccupazioni. Cose che molti amministratori hanno. Io credo se lei andasse a parlare con un amministratore della Brianza avrebbe lo stesso tipo di preoccupazioni. Perché ora il sindaco è il vero punto di riferimento delle istituzioni sul territorio e credo che ci sia un problema di carattere istituzionale.
Si spieghi meglio…
Mi chiedo, nel momento in cui noi aumentiamo i poteri del sindaco, o diamo una immagine, anche tramite riforme legislative dove si vedono sindaci che hanno potere di fare ordinanze e però poi non li dotiamo di nessun potere di altro tipo, noi ci dobbiamo porre il problema di una necessità di consentire ai sindaci di poter intervenire anche nelle politiche di sicurezza. Cioè bisogna creare, intendiamoci è impensabile potere dare al sindaco ampi poteri di “sicurezza”, almeno io non lo auguro, un raccordo forte con chi fa politiche di sicurezza: con le prefetture, attraverso i comitati dell’ordine e della sicurezza pubblica, con le forze dell’ordine, della pianificazione della sicurezza del territorio. Abbiamo una figura che è sempre più vista dall’opinione pubblica come un referente generalizzato e che però ha poteri molto ridotti. Domande da porsi ce ne sono molte a riguardo, a cui è necessario dare risposte serie.
D’altro canto la gestione locale come punto decisionale di controllo di opere, denaro ed economia territoriale rappresenta un punto più attaccabile, come lei stesso ha sottolineato al Corriere nei giorni scorsi. Anche in vista della riforma del federalismo….
Inizio sottolineandole questa cosa: l’alibi mafia non può essere utilizzato per bloccare le riforme, né si può pensare che in Italia non si debbano o possano fare riforme perché c’è la mafia. Sarebbe una sconfitta dello Stato. Però credo che nei meccanismi di attuazione delle riforme si debba tener conto moltissimo di questo aspetto: di come la criminalità organizzata abbia in certe realtà, e ora sto facendo un discorso che non cade sul Cilento, una grossa facilità nell’insinuarsi nelle istituzioni. Basterebbe vedere i numeri dei consigli comunali sciolti, il numero dei consigli comunali monitorati . Insomma un problema che c’è sempre stato ora rischia di essere maggiore perché il paradosso è che alla criminalità organizzata può essere molto più utile avere l’assessore all’urbanistica di un comune medio-piccolo che non trovarsi un parlamentare con sé. Pensiamo agli assessori comunali, provinciali e regionali con riferimento alle competenze, ad esempio, in materia di urbanistica, di rifiuti ed ecologia. Io penso che il problema vada posto tenendo presente quali sono i gravissimi elementi già emersi in situazioni di infiltrazioni della criminalità organizzata negli enti locali. Questa considerazione ovviamente non può essere usata per dire “non facciamo il federalismo” , però dobbiamo preoccuparci ed inserire gli antidoti adesso, prima che poi il problema scoppi nella sua rilevanza.
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