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Stragi internazionali

Di Gaetano Liardo il . Recensioni

In Italia è stata combattuta una guerra. Anzi
tante guerre. Su questo piano analitico si
muove “Intrigo internazionale” scritto da
Giovanni Fasanella e da Rosario Priore per
Chiarelettere. Stragi, lotta armata, depistaggi
e mancanza di verità giudiziarie per gli autori
vanno tutte inserite nello stesso contesto.
Un saggio di politica internazionale, che
studia le strategie geopolitiche italiane dal
secondo dopoguerra. L’Italia, uscita in ginocchio
dalla Seconda Guerra Mondiale, ha
da subito cercato di ritagliarsi un ruolo nello
scenario internazionale dividendosi tra l’alleanza
Atlantica, la presenza nel suo territorio
del maggiore partito comunista dell’Europa
Occidentale e una politica mediterranea. Una
posizione troppo difficile per una giovane
democrazia con istituzioni deboli, governi
altalenanti e un concetto di interesse nazionale
non del tutto definito. Fragilità interne
e ambiguità internazionali. Dagli anni ’60 in
poi l’Italia, anche a causa di una posizione
geografica strategica all’interno di un mondo
bipolare, si trasforma in un grande campo dibattaglia. 

Epicentro di scontri con il blocco orientale,
ma anche con quello occidentale. I gruppi
armati fautori della rivoluzione, la “Rete
Feltrinelli”, Autonomia Operaia, le Brigate
Rosse e un approccio che non può prescindere
dai blocchi contrapposti. La mano dei
servizi dell’Europa dell’Est, la Stasi in primis
a cui i sovietici delegarono il coordinamento
delle attività terroristiche in Europa Occidentale
e anche in altri “fronti caldi” del pianeta.
La Stasi, erede dell’intelligence nazista,
coordinava i gruppi terroristici utilizzando
come braccio armato la Raf, la Rote Armee
Fraktion, operativa in Germania Ovest. «La
Germani Est aveva il coordinamento delle
intelligence – afferma Priore rispondendo
ad una domanda di Fasanella – e, attraverso
la Raf, quello del terrorismo europeo e
mediorientale». «A Milano – continua Priore
– almeno dal 1977, esponenti della Raf
incontravano periodicamente i dirigenti brigatisti.
E di sicuro garantirono un supporto
per il sequestro di Aldo Moro. Le dirò di più
– aggiunge – sono sempre più convinto che,
senza quel supporto, le nostre Br non sarebbero
state in grado di portare a termine un’operazione
politico – militare di quel livello».
Una centrale internazionale che coordinava,
rifornendo di armi, consulenze e know – how
le Brigate Rosse, aiutandole a colpire uno tra
i più influenti politici italiani. 
Aldo Moro, ma non solo. Priore parla di un
fallito attentato ad Enrico Berlinguer in Bulgaria,
la cui vettura fu mandata fuori strada
mentre era diretta all’aeroporto di Sofia per il
rientro in Italia del leader comunista. Personaggio
scomodo, anche per gli amici sovietici,
che vedevano nell’eurocomunismo del Pci
un vulnus sottile per l’egemonia di Mosca sui
partiti comunisti europei.
Nemici ad est che combattevano in Italia, ma
anche nemici ad ovest che avevano tutto l’interesse
ad indebolire il nostro Paese che, nel
dopoguerra, è riuscito a creare e consolidare
un politica di potenza nell’area mediterranea.
Intaccando, in questo modo, gli interessi
degli inglesi e dei francesi. Un politica disuccesso iniziata da Enrico Mattei, potente
presidente dell’Eni e protagonista della politica
estera italiana nel mediterraneo e nel
mondo islamico, e proseguita con successo
da Aldo Moro. Entrambi, però, brutalmente
assassinati. 
«Due omicidi – sottolinea Priore
– ovviamente politici, di uomini di rilievo
dell’Italia del secondo dopoguerra». Politici
capaci di espandere l’influenza di un paese,
uscito sconfitto da un conflitto mondiale,
rendendolo intraprendente e spregiudicato
nello scacchiere internazionale.
Le vicende mediterranee hanno un ruolo importante
nelle “guerre” combattute in Italia.
La Libia in modo particolare. Ex colonia
italiana, alla fine del conflitto passò sotto
la sfera di influenza britannica per uscirne
fuori violentemente con il golpe del colonnello
Gheddafi nel 1969. «Il colpo di stato fu
organizzato in un albergo di Abano Terme»,
commenta Priore, consentendo un duplice
risultato positivo per l’Italia: estromettere
gli inglesi dal Mediterraneo, senza la Libia
a Londra restavano infatti Malta, Cipro e
Gibilterra; e diventare i principali partner
politici ed economici di Tripoli con le immense
risorse petrolifere portate in dote dal
raìs. 
Un’Italia dominante nel mar Mediterraneo
a scapito degli inglesi meritò una dura
risposta di Londra. «Secondo un’ipotesi non
provata – sottolinea il magistrato – dietro la
strage di Piazza Fontana ci sarebbe stato un
mandante inglese». Tre mesi circa dal golpe
libico. Oppure il progetto di colpo di stato
nel nostro Paese nel 1976, «che il progetto di
golpe non fosse la semplice simulazione di
uno scenario lo dimostrano anche documenti
desecretati degli archivi della Germania Federale.
Da quelle carte risulta con estrema
chiarezza – sottolinea Priore – che le autorità
di Bonn erano perfettamente al corrente
dei piani inglesi. Ma anche che il progetto di
golpe fu bloccato da un veto dell’allora cancelliere
Hulmut Schmidt, il quale temeva l’esplosione
di una sanguinaria guerra civile».
Lo stretto rapporto Italia – Libia creò anche
gravi problemi con Parigi, oltre che con la
Nato, creando i presupposti attorno ai quali
si consumò la strage di Ustica. Un attacco
areo in grande stile consumato sui cieli italiani
ad opera di caccia francesi. «L’attacco
militare nel cielo di Ustica – dichiara Priore
– era diretto contro un aereo che sarebbe passato
proprio di lì». 
L’obiettivo, Gheddafi, era
diretto verso il blocco comunista sorvolando
l’Italia grazie a “buchi” nel sistema di controllo
radar della Nato che gli italiani avevano
segnalato ai libici. Il tentativo di abbattere
l’aereo del raìs andò a vuoto. Due Mig
libici che viaggivano “sotto traccia” volando
sulla scia del Dc – 9, passando inosservati ai
radar e che avrebbero dovuto scortare l’aereo
di Gheddafi, furono intercettati dai francesi.
Tuttavia ad essere colpito fu l’aereo civile
italiano e non i Mig.
Una guerra sui cieli del nostro Paese che era
un prolungamento di un altra guerra, combattuta
in Africa negli stessi anni tra Roma e
Parigi. In Chad, ex colonia francese, truppe
libiche armate dagli italiani e la fazione filo
– francese si contendevano il controllo della
regione del Tibesti, al confine tra i due paesi,
già contesa tra italiani e francesi negli anni
’30, per i suoi giacimenti di uranio e petrolio.
Una guerra in cui italiani e francesi, alleati
e padri fondatori della Cominità Europea, si
affrontarono faccia a faccia e per il tramite
dei loro protetti africani. 
Eliminare Gheddafi
per Parigi significava togliere di mezzo un
ostacolo ai propri interessi nell’Africa sub –
sahariana, ma anche indebolire l’influenza
italiana nel Mediterraneo. Anche al prezzo
della morte di numerosi innocenti.
Omicidi, instabilità, morti innocenti e morti
misteriose, progetti di rivoluzione e di golpe
controrivoluzionari. Lo scenario internazionale
disegnato da Priore e Fasanella è complesso
ed inquietante per le infauste verità.
Ma presenta anche delle lacune. Non si parla
del ruolo della CIA e dei contatti avuti con
cosa nostra nel progettare attentati e golpe.
Non si parla di Licio Gelli e della P2, la loggia
massonica composta dal gotha politico,
economico e militare italiano, alle spalle di
molte delle pagine scure del nostro Paese, e
collegata a centrali operative internazionali.
E non si parla di Gladio, il braccio armato
anticomunista direttamente legato alla Nato
e ai servizi americani.
Nonostante ciò, tuttavia, resta l’intuizione di
inquadrare, naturalmente verrebbe da dire, le
vicende interne del nostro Paese, in un più
ampio contesto internazionale. Ricco di intrighi,
depistaggi e di comportamenti indicibili.
Una ricostruzione storica, quanto più
verosimile, di quegli anni, che non è mai potuta
diventare una verità giudiziaria.

Giovanni Fasanella,
Rosario Priore 

INTRIGO INTERNAZIONALE 
Chiarelettere 
14.00 euro

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