NEWS

No ‘ndrangheta

Di Matteo Cosenza* il . Calabria

Di primo acchito l’impressionante
mole di attestati di solidarietà al procuratore
Di Landro infonde fiducia
perché fa capire quanto vasto sia il
fronte che si oppone alla ‘ndrangheta, la quale
invece per parlare ha bisogno di pochi eloquenti
gesti come il tritolo esploso l’altra notte a Reggio.
Per questo, pur apprezzando il comprensibile,
giustificato e convinto moto di sdegno per l’attentato
terroristico e di vicinanza al magistrato
che si vuole intimidire, è giusto soffermarsi sulle
dichiarazioni, anche questa volta non scontate,
di un personaggio politico come Angela Napoli,
che la sua battaglia contro la ‘ndrangheta e il malaffare
la fa coraggiosamente ogni giorno: attenzione
– ha avvertito -, servono meno solidarietà e
più fatti. 

Sì, è ben strano che il diluvio di parole
arrivi anche da chi ha il compito di operare o di
dare, per esempio, più auto e benzina
sufficiente ai magistrati. Sono belli
anche gli interventi dei dirigenti sindacali
che invocano una mobilitazione
generale contro la ‘ndrangheta: ma
quando? E perché finora non c’è stata?
E vale poco richiamare la manifestazione
del Primo Maggio a Rosarno con Epifani,
che ebbe soprattutto il valore di ricucire una
ferita del sindacato la cui assenza era emersa nitidamente
nei drammatici giorni della rivolta degli
immigrati sfruttati come bestie sotto gli occhi di
tutti. Concretamente chi combatte la ‘ndrangheta? 
La risposta più facile è: la gente onesta e che
rispetta la legge. Ma non basta. Sicuramente la
parte preponderante la svolgono i magistrati, le
forze dell’ordine e quanti hanno responsabilità
per conto dello Stato nell’opera di contrasto all’illegalità
e alla malavita organizzata. E’ un’opera
importante di cui va dato atto a quelli che – come
ha ricordato davanti al tritolo ancora fumante Di
Landro – sono fedeli servitori dello Stato e la cui
unica colpa è di fare il proprio dovere, ma quanti
tribunali e procure sonnecchiano? Scriveva l’altro
giorno Mimmo Cangemi che, in giro per l’Italia
a presentare il suo libro sul “giudice meschino”,
si è trovato frequentemente a dover contrastare
l’idea di una Calabria dove dietro ogni angolo di
strada ci sarebbe in agguato qualcuno con il fucile
puntato. 
Sappiamo che non è così e che quella
percezione è il risultato di un messaggio, l’unico
purtroppo, che esce dai confini di questa terra.
Chiediamoci: ma questa relativa tranquillità non
scaturisce forse dal combinato disposto di una serie
di fattori, in primo luogo l’indifferenza degli
onesti (la maggioranza), la contiguità di chi cerca
convenienze (un esercito), e poi la complicità di
tanti pubblici poteri, il lasciar fare, la paura (usiamola
questa parola), una pubblica amministrazione
inefficiente e, quindi, aperta a qualsiasi ingerenza,
un sistema economico fragile per lo più
fondato sugli incentivi
pubblici e sovente
osteggiato da un sistema bancario ostile. Lo diciamo
con tutta la prudenza del caso: in molti territori
la ‘ndrangheta non ha bisogno di ostentare
il suo potere, sa di averlo e che per conservarlo le
fa comodo la “pace”. 
In alcuni paesi della Locride
si può lasciare l’auto con le chiavi nel cruscotto
perché nessuno si permette di rubare: i boss non
tollerano la piccola criminalità e di tanto in tanto
provvedono a punire qualche giovane con la testa
calda, garantendo a modo loro tranquillità a tutti e
molti ne sono pure contenti. Questa “pace” è rotta
da lotte interne per la supremazia, da qualche
amministratore pubblico con la schiena diritta e
dall’azione di contrasto dello Stato. E se in una
Procura come quella di Reggio da un bel po’ di
tempo sta cambiando la musica ecco partire gli
avvertimenti in un’escalation che lascia immaginare
prossime azioni ben più eclatanti. Per estirpare
la “malapianta”, come dice Gratteri, ci vuole
l’azione dello Stato ma occorre ben altro. E perciò
ben venga finalmente un sussulto delle coscienze
come si vide a Palermo dopo le stragi di Capaci
e di via D’Amelio e, come non ci fu in Calabria,
dopo l’uccisione altrettanto esemplare di un magistrato
straordinario come Scopelliti. 
Si avvicina
l’autunno ma la Calabria ha bisogno di una
primavera. Si incominci – cari sindacati in cerca
di un ruolo, cari partiti perennemente impegnati
nelle vostre diatribe interne, cari movimenti della
società civile che siete come l’araba fenice – con
l’organizzare per settembre una grande manifestazione
a Reggio. Non crediamo al valore taumaturgico
di queste forme di lotta, ma essa può
servire almeno a due cose: a far sentire meno soli
i magistrati, i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri e
tutti i servitori dello Stato che rischiano per conto
nostro la loro vita; in secondo luogo può essere
un modo per chiamare i calabresi a una nuova
presa di coscienza e ad avviare un cammino virtuoso
nel segno della legalità e del rispetto delle
persone. Da lì possono scaturire tante cose, si tratta
di avviare con coraggio e convinzione questo
processo. In conclusione, però, occorre porsi una
domanda che apparentemente sembrerebbe mettere
in discussione quanto detto finora, vale a dire:
ma c’è solo la ‘ndrangheta dietro l’attentato terroristico
dell’altra notte? 
Quanto è successo finora
invita alla prudenza e a evitare giudizi sommari.
La bomba davanti al Palazzo di giustizia, i bulloni
svitati alle ruote dell’auto del procuratore, il proiettile
sull’auto del procuratore di Palmi Creazzo,
anche l’auto imbottita di armi ed esplosivi lungo
il tragitto per l’aeroporto del presidente Napolitano,
e poi il clima rovente degli anni scorsi, per
esempio le cimici trovate nelle stanze di qualche
magistrato, non si possono rubricare in quattro e
quattr’otto assegnandone precisamente la responsabilità.
Siamo – è il caso di ricordarcelo sempre
– il paese delle trame e dei misteri e che ci sono
i servitori dello Stato e quelli che lo tradiscono.
E quando si rompono gli equilibri c’è anche chi
non ci sta. E’ successo tante volte, come le cronache
italiane insegnano, e può sempre accadere.
Auguriamoci che non sia questo il caso, ma non è
sbagliato dire che un moto fecondo di solidarietà
– meno segnali verbosi e più azioni fattive – deve
individuare il nemico da sconfiggere nella ‘ndrangheta
e in tutti i suoi sodali ovunque si annidino.
*da Il Quotidiano della Calabria, 27.08.10

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link