Il texano dagli occhi di ghiaccio
Un texano dagli occhi di ghiaccio. Il
trofeo, esibito trionfalmente, della
lotta ai narcos è un americano: al
di là delle chiare ascendenze ispaniche,
del bilinguismo perfettamente ostentato,
Edgar Valdez Villareal, ultimo catturato dai
federali messicani, è uno statunitense. Nato,
trentasette anni fa, a Laredo, in Texas, a un tiro
di schioppo dalle acque del Rio Grande che, da
quelle parti, è il confine naturale tra l’America
di Obama e il caliente Messico del narcotraffico.
Come sia finito dall’altra parte del confine
a fare affari coi maggior cartelli e a guidare
truppe tra le più sanguinarie della federazione,
rimane ancora in parte un mistero. Proveniente
da una classe agiata, Valdez, ora noto
a tutti in manette e rasato dopo la cattura da
parte dei federali, era un ragazzo che all’high
school giocava a football e la cui chioma sabbiosa,
abbinata ai lineamenti sottili e chiari e
agli occhi verdi, erano stati alla base di quel
nome, “La Barbie”, che ancora oggi si trascina
dietro. Il trasferimento al di là del confine
ne aveva fatto un importante sicario al soldo
dei cartelli, e in pochi anni un effettivo capace
di scompaginare le alleanze tra le federazioni
narcos. La sua parabola all’interno dell’universo
criminale è utile per comprendere da un
lato gli sviluppi ultimi dei cartelli, dall’altro di
capirne l’organizzazione interna. Di lui le autorità
hanno parlato come di un trafficante capace
di introdurre ogni mese una tonnellata di
cocaina. Tanta ma nulla in confronto ai numeri
prodotti dagli altri cartelli. Forse, l’importanza
de “La Barbie”, sta nell’averlo catturato vivo.
Una fonte di informazioni, non solo un trofeo
per il governo federale.
che stanno alla base del grande clamore suscitato
dalla cattura di Valdez Villareal. Anche se,
come spesso accade, si avrà una effettiva valenza
nell’azione contro i narcos, solo se “La
Barbie” deciderà di parlare in modo completo,
permettendo quindi di scavare nell’universo
dei cartelli e non solamente, come al momento
accade, di appuntare un’altra grande cattura
sul petto dell’amministrazione Calderon. Anche
perché, lo abbiamo già visto in altre occasioni,
questi arresti non si sono dimostrati granché
funzionali a una sensibile diminuzione del terrore
che dal 2006 regna in Messico. La cronaca
è spietata: dopo l’arresto di lunedì, il martedì
già raccontava di otto morti, uccisi in un resort.
Una situazione immutata, a quanto pare, come
altre tremende vicende di questi giorni non fanno
altro che rimarcare, ancora una volta. Nello
stato settentrionale del Tamaulipas l’esercito
messicano ha rinvenuto una fossa comune contenente
i corpi di 72 persone, 58 uomini e 14
donne. E le zone di confine con gli Usa, da mesi
al centro di una terribile escalation di violenza
rimangono tali inferni. Nonostante le dichiarazioni
dell’ufficiale di polizia federale Facundo
Rosas («L’arresto di Valdez Villareal chiude
un capitolo del narcotraffico in Messico») avere
“El Güero”, amante di lusso, bella vita e
Porsche, in manette al momento non significa
avere una calmierazione dello stato di assedio.
Le zone sopracitate non erano infatti sotto controllo
di Valdez Villareal, per cui risulta, in quei
posti, del tutto ininfluente la sua cattura.
nel sistema narcos? Volendo semplificare moltissimo,
è un esempio del cambiamento di forze
tra cartelli. Un narcotrafficante che si è messo
in proprio dopo anni trascorsi a servizio di storici
e consolidati sodalizi di narcos. Gli inizi
de “La Barbie” sono come guardia del corpo
di Joaquin “El Chapo” Guzman, potente leader
del cartello di Sinaloa. L’ascesa di Valdez lo
porta a diventare il leader dei “Los Negros”paramiltari al soldo di Guzman, a tutti gli effetti
un alter-ego dei famigerati Los Zetas, che erano
invece il braccio armato del cartello del Golfo.
I due gruppi si contenderanno vaste fasce di
territorio, tra cui la famigerata città di confine
di Nuevo Laredo. E ora? La situazione è sicuramente
rivoluzionata, su entrambe le sponde.
Los Negros, lasciato Guzman e alleatisi con il
cartello Beltrán-Leyva (nato da una scissione
da quello di Sinaloa ndr) hanno ben presto logorato
i rapporti e sono andati a una scissione.
Il gruppo guidato da “La Barbie” è diventato
autonomo seguendo la deriva (o evoluzione)
criminale degli ex nemici dei Los Zetas, passando
da gruppo paramilitare al soldo dei cartelli,
a cartello vero e proprio. Addirittura stringendo
con gli ex nemici una profonda alleanza
che li vede scontrarsi con i vecchi cartelli di
provenienza.
a cosa potrebbe raccontare Valdez Villareal
sul mondo dei cartelli, visto il lungo pedigree
criminale. L’americano, sulla cui sorte non pende
al momento alcuna volontà di estradizione
da parte degli Stati Uniti, è stato arrestato senza
colpo ferire tramite un calibrato uso delle intercettazioni
telefoniche, a differenza di molti altri
zar della droga. E nel suo primo interrogatorio
in parte trasmesso anche dalle televisioni, messicane
e non, ha risposto alle domande degli
inquirenti non mancando di rivelare particolari
interessanti. Dopo aver parlato della sua amicizia
con Arturo Beltrán ( «Sì, ero amico di Arturo
Beltrán») leader del cartello Beltrán-Levya
fino alla sua morte lo scorso anno, “La Barbie”
snocciola i nomi delle massime espressioni dei
narcos in Messico e rivela, qui sta la notizia, di
averne fatto conoscenza in una riunione che li
vedeva tutti invitati. Viene, da Valdez Villareal,
chiamata «Junta», una commissione che si era
riunita a Cuernavaca. Con il fine, dice “La Barbie”,
di cercare un accordo per far calare il numero
enorme degli omicidi. Qualcosa di molto
simile non tanto a una cupola mafiosa siciliana,
quanto alla cosiddetta “Provincia” in ambito
‘ndranghetistico: stesso sistema orizzontale,
‘ndrine e cartelli autonomi, che occasionalmente
per sedare faide e pacificare la situazione
ricorrono a una riunione tra vertici dei singoli
“mandamenti”. Un mondo che in Messico, Valdez
Villareal potrebbe aiutare a delineare ulteriormente.
compagine governativa guidata dal presidente
Calderon che non può negare la gioia nell’aver
arrestato, vivo, uno dei ricercati più temibili. Al
punto da battere cassa, politicamente: nel quarto
report annuale al Congresso, il presidente
Calderon sostiene che finalmente le politiche di
lotta al crimine organizzato stanno dando i loro
frutti. Insieme agli sforzi di rendere più affidabile
una delle polizie più corrotte del globo. Gli
arresti di narcos o sospetti tali sono stati più di
trentamila e pari il numero delle armi; 2,7 miliardi
di dollari i sequestri in droga, invece. Dodici
tra i maggiori narcotrafficanti in manette.
Ma i ventottomila morti in pochi anni in Messico
stendono un velo pietoso su una situazione
ancora largamente da cambiare. Sul piatto
della bilancia anche il tema della legalizzazione
di alcune droghe, discusso lunedì e martedì
dallo stesso Calderon con esperti, specialisti e
membri della società civile. Sì al dibattito, ma
nessuna convinzione del presidente sui benefici
che ne potrebbe trarre il Paese. La questione
Messico, è tuttora aperta.
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