Sullo sfondo di punti fermi allarmanti, l’Italia ha superato la “tregua armata” delle fibrillazioni d’agosto e si appresta ad affrontare un autunno carico di incognite pericolose. I punti fermi coprono praticamente l’intero arco dei problemi del Paese. Ne riassumiamo dunque solo alcuni aspetti essenziali, sui quali non a caso si registra il silenzio o addirittura la disinformazione manovrata della stampa legata a Berlusconi e al governo, con in primo piano l’ impero televisivo fonte principale dell’ opinione pubblica, come il TG 1 e il TG 5. Come ha documentato l’economista Tito Boeri, in agosto la sistematica disinformazione di questi giornali sulla reale situazione economica, con l’assenza di approfondimenti sulle cifre ufficiali diffuse, è stata scandalosamente sistematica. In realtà non solo la recessione continua, ma si precisano i tratti salienti di uno dei punti più esposti dell’assetto europeo: un giovane italiano su quattro è senza lavoro, con punte di uno su tre in zone del Sud e una estesa precarietà per molti contratti in vigore. I disoccupati, nonostante il tasso medio sia di un punto e mezzo al di sotto di quello europeo (dove incidono peraltro le modeste economie dei paesi dell’Est ) hanno superato il tetto di due milioni, mentre i nuovi cassintegrati nei primi sette mesi dell’anno sono stati 650.000, con uno stipendio medio sceso a circa 800 euro al mese. Un enorme buco nelle entrate degli italiani (secondo calcoli della CGIL circa 3 miliardi di euro in meno nella domanda interna) che conferma l’allarme sul perdurante calo dei consumi. Su ammissione del ministro Sacconi, sono oltre 200 i tavoli di imprese in crisi riaperti alla ripresa, ma si tratta di medie e grandi aziende, mentre la situazione pre-fallimentare dell’ enorme tessuto delle piccole imprese è difficilmente calcolabile nel territorio.
A fronte di questa grave situazione, il tema lavoro non è comparso fra i cinque punti di programma sui quali la maggioranza sta preparando il confronto con il gruppo di Fini, mentre da oltre 120 giorni si registra l’assenza del muovo ministro dello Sviluppo Economico in sostituzione di Scajola, nonostante l’impegno formale di Berlusconi dinanzi al Capo dello Stato. Questo vuoto per aprire una seria politica industriale di fronte alla recessione è stato seccamente denunciato a Venezia dal Presidente Napolitano, che in modo insolito si è lasciato andare a parole ironiche sull’assenza e la “ricerca” di un responsabile dello sviluppo economico…Frattanto i precari della scuola circondano con i loro disperati scioperi della fame i palazzi del potere e rispondono così alla cinica autoreferenzialità del ministro Gelmini. Al contrario è come sempre la Giustizia e in particolare la rediviva legge sul processo breve al centro dell’attenzione di Berlusconi, preoccupato di non avere ancora uno scudo sicuro per sfuggire ai procedimenti contro di lui ancora aperti a Milano e dinanzi alla Cassazione. Praticamente sarà solo su questo punto che avverrà il confronto con Fini, mentre si ripete il documentato allarme dei magistrati per un provvedimento “ammazza-processi” devastante per i diritti di migliaia di cittadini. L’opposizione, per ora compatta nel respingere la legge già varata al Senato, annuncia battaglia, ma permangono dubbi sulla tenuta finale degli uomini di Fini e sull’esito stesso del confronto nella maggioranza.
E, mentre il Paese guarda attonito alla perdita di credibilità anche internazionale confermata dall’ allucinante show pseudo-islamista di Gheddafi, legato al premier italiano dagli affari e da una forse inconscia convergenza di personalità, sembra polverizzata la lotta alla corruzione e alla avanzata delle mafie. Delle innumerevoli inchieste sulle varie “cricche” sotto o para-governative non si parla praticamente più. E non a caso il punto programmatico sulla sicurezza, voluto dalla Lega, è incentrato sull’ immigrazione e la politica dei respingimenti, mentre lo stesso Maroni non perde occasione per esaltare con una affermazione di “ primogenitura” le espulsioni dei Rom dalla Francia di Sarkozy. Restano senza risposta i dati reali forniti dalla Caritas, le denunce e gli appelli di esponenti e giornali della Chiesa, delle Nazioni Unite, dell’ Unione Europea, come la richiesta della FNSI al governo di intervenire per consentire inchieste degli inviati italiani sugli immigrati ammassati in Libia in condizioni definite disumane da molte testimonianze.
Il panorama dell’ informazione è colmo per settimane di notizie vere, presunte o false sull’ appartamento a Montecarlo occupato dal cognato di Fini, sulla scia del killeraggio a comando del Giornale di Feltri e di Libero di Belpietro, che in filigrana porta la firma politica di Berlusconi, con i veleni del confronto strisciante, ma più volte esplicito e duro, fra i “finiani” e la guardia pretoriana del premier. Così passa rapidamente in secondo piano, come una qualsiasi notizia di cronaca, l’attentato dinamitardo alla casa del Procuratore Generale di Reggio Calabria, segno di una intatta potenza territoriale della ‘ndrangheta e di una sfida mortale ancora aperta. E viene addirittura avvolta dall’ indifferenza e da un ermetico silenzio la notizia, diffusa da uno scoop di Lirio Abbate su L’Espresso, di nuove rivelazioni del pentito Spatuzza, uomochiave nelle inchieste sulle stragi degli anni ’90, che chiamano in causa in quelle trattative fra la mafia e settori dello Stato e del potere politico anche un ruolo che avrebbe avuto – queste le dichiarazioni di Spatuzza – Renato Schifani, allora avvocato di affari e oggi seconda carica dello Stato. Schifani si è detto immediatamente disposto a chiarire la questione di fronte ai magistrati, ciò che sarebbe stato di per sè doveroso riprendere.
Non è stato così, né per la prima, né per la seconda notizia, semplicemente ignorate dai TG e dalla gran massa dei giornali, nonostante un vistoso appello alla professionalità e alla completezza rivolto dal Fatto, il quotidiano “da combattimento” diretto da Antonio Padellaro. A parte i giornali e i TG dominati dal premier, valutazioni sulle conseguenze istituzionali di accuse ad altissime responsabilità in un momento già carico di tensioni? Supercautela di fronte alla figura di un mafioso pentito, già al centro di furibonde polemiche e privato dal Ministero dell’ Interno del programma di protezione per i collaboratori di giustizia? Qualunque sia stata la motivazione, non è condivisibile, perché queste valutazioni non rientrano nella missione di chi deve informare lettori e spettatori su qualsiasi fatto che abbia un oggettivo interesse, come certamente è in questo caso.
Dunque un ulteriore segnale di allarme sullo stato dell’informazione e un’ altra incognita su come verranno fatti conoscere e approfonditi gli eventi che si preparano in autunno.