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Auguri nonno Nino!

Di Lorenzo Frigerio il . Interviste e persone

Le candeline da spegnere sulla torta sarebbero state ben novanta, se fosse ancora tra noi oggi.  

Antonino Caponnetto, nonno Nino per quanti lo amavano e stimavano, era nato a Caltanissetta il 5 settembre del 1920. Siciliano di origini, visse però la gran parte della sua esistenza in Toscana, dove iniziò la sua attività di magistrato nel 1954. Una carriera brillante e ricca di soddisfazioni professionali e personali, con l’esercizio della funzione giudiziaria vissuto nel pieno rispetto del dettato costituzionale. Dopo tanti anni di servizio silenzioso ma prezioso offerto al Paese, Caponnetto avrebbe potuto chiudere così, serenamente e senza strappi, per dedicarsi alla famiglia, alla moglie Elisabetta, ai figli e ai nipoti.

Nel 1983, però, alla notizia dell’autobomba che uccide sotto casa Rocco Chinnici, il capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, decide di presentare domanda di trasferimento, per prendere il posto del collega ucciso e per rispondere alla chiamata dello Stato.

Una decisione non facile e sofferta, come ha avuto modo di rammentare ad una folla attenta sabato sera, alla festa del Partito Democratico a Milano, la moglie in un toccante ricordo che ha restituito a tutti lo spessore umano e civile del giudice. L’occasione è stata data dalla presentazione del libro “Io non tacerò”, edito da Melampo Editore – http://www.melampoeditore.it/libri/48.htm – che raccoglie i discorsi, gli interventi, gli scritti del magistrato, negli anni che vanno dal 1992 al 2002, anno della sua scomparsa.

“Non mi ringrazi?”: furono queste le parole allora usate da Caponnetto per spegnere sul nascere ogni possibile contestazione da parte della moglie. Superati i dubbi, Caponnetto si trovò catapultato in un Tribunale di Palermo, soprannominato “il Palazzo dei veleni”, dove silenzi e ambiguità rendevano estremamente difficile l’esercizio della giurisdizione. Erano gli anni della “mattanza” scatenata dai corleonesi per eliminare i nemici interni ed esterni all’organizzazione, in primis quei rappresentanti dello Stato non inclini al compromesso ma determinati nel controllo di legalità, senza guardare in faccia a nessuno, tanto meno ai collusi con la mafia.

Caponnetto per dare compimento al lavoro iniziato da Chinnici, sulla scorta di quanto Caselli e altri avevano fatto nella battaglia contro il terrorismo, decide di istituire un pool di magistrati ai quali delegare l’esercizio congiunto delle attività richieste dal filone di indagine che si concretizzerà, successivamente, nell’ordinanza di rinvio a giudizio del primo maxiprocesso alle cosche.

I rischi di incolumità personale sono così suddivisi, come i carichi di lavoro, ma la collegialità e l’unità d’intenti vengono assicurati pienamente. Di quel pool, da lui stesso coordinato per rispettare il carattere monocratico della carica di giudice istruttore, come era previsto dal codice Rocco allora vigente, faranno parte inizialmente Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello. Successivamente altri magistrati andranno a rafforzare quella prima squadra voluta dal nuovo consigliere istruttore.

I cinque anni di permanenza a Palermo sono anni di sacrifici ma ricchi di soddisfazioni, ancora una volta personali e professionali. Con quel gruppo di magistrati, Caponnetto crea un legame indissolubile fatto di condivisione e sintonia, di rispetto e amicizia.

In un testo scritto per il CD ROM “La mafia, le mafie. 150 anni di storia”, edito dal Comune di Palermo e dalla Regione Toscana e pubblicato nel 1998 dal quotidiano“La Repubblica”, è lo stesso Caponnetto che ci racconta coraggiosamente la scelta del pool. Lo proponiamo qui integralmente alla vostra lettura, perché non vada dispersa la preziosa testimonianza.

Quando nel 1988 lascia Palermo per tornare a casa, nella sua Firenze, lo fa con la morte nel cuore ma è sicuro che i suoi colleghi sapranno raccoglierne gli insegnamenti e continuare nel migliore dei modi l’attività intrapresa. Falcone concorre per prendere il posto di Caponnetto ma il Consiglio Superiore della Magistratura privilegia il criterio di anzianità anziché quello di competenza scegliendo burocraticamente Antonio Meli.

È la fine del pool antimafia di Palermo: anni dopo, Caponnetto ricorderà la scellerata scelta del CSM come una delle pagine più buie della storia della magistratura.

Andato in pensione, la sua vita ancora una volta viene scossa dalle terribili notizie provenienti da Palermo. È il 23 maggio del 1992: la notizia della strage di Capaci lo catapulta ancora una volta  nella trincea siciliana e lui, suo malgrado, torna ad essere per i giudici palermitani un punto di riferimento, in quel momento così tragico. Con Paolo Borsellino, in particolare, si intensifica ancor di più un rapporto che, nonostante la lontananza di quegli anni, non era mai venuto meno ed è per questo che la strage di via D’Amelio diventa ancora più insopportabile per l’anziano magistrato.

Ancora una volta Caponnetto, stanco e provato dalla morte di Falcone, deve tornare in Sicilia all’indomani dell’omicidio di un collega, di un amico fraterno. Ai microfoni del giornalista Gianfranco D’Anna della redazione palermitana della RAI rilascerà con un filo di voce quell’unica dichiarazione – “è finito tutto..” – che, a distanza di pochi giorni, sconfesserà con forza.

Disse Caponnetto al termine dei funerali dell’amico: “..tra i tanti fiori che ho visto in questi giorni lasciati da persone che spesso non firmavano neppure il biglietto come è stato in questo caso, ho visto un bellissimo lilium, e sotto c’erano queste poche parole senza firma: “Un solo grande fiore per un grande uomo solo”. Ma io vorrei dire a questo grande uomo, diletto amico che non è solo, che accanto a lui batte il cuore di tutta Palermo, batte il cuore dei familiari, degli amici, di tutta la Nazione. Caro Paolo la lotta che hai sostenuto fino al sacrificio dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi, questa è una promessa che ti faccio, solenne come un giuramento”.

Con queste chiare parole, l’anziano giudice chiede scusa per la debolezza momentanea e rilancia il suo impegno. Un impegno instancabile, nonostante l’età e la fatica, che lo porta in ogni angolo d’Italia per centinaia e centinaia di incontri pubblici, privilegiando l’interlocuzione con gli studenti.

“Il giudice di carta velina”: era questo il soprannome che gli aveva dato Nando dalla Chiesa e sabato sera, nel corso della presentazione del libro, lo ha voluto ricordare proprio per testimoniare la straordinaria capacità di attirare l’attenzione dei più giovani e degli studenti solo con la sua presenza autorevole e la sua voce flebile.

Un impegno che lo vede prima spendersi all’interno del percorso politico della Rete, per conto della quale diventa anche per alcuni mesi presidente del Consiglio comunale di Palermo sul finire del 1993; poi attivo con il monaco Giuseppe Dossetti nei Comitati per la difesa della Costituzione e poi, insieme ad altri testimoni eccellenti, in prima linea nella nuova avventura di Libera.

Gli anni però passano inesorabilmente e gli acciacchi gli impediscono gradualmente di continuare a girare per l’Italia forsennatamente. Per lui è una rinuncia dolorosa.

Si spegne il 6 dicembre del 2002 in una clinica di Firenze, dopo mesi di lunga e complicata degenza. Un vuoto ancora oggi assolutamente incolmabile.

Cosa avreb
be detto oggi Caponnetto dello scontro tra politica e magistratura?

Come avrebbe vissuto le rivelazioni sulla trattativa tra Stato e mafia?

Non possiamo certo sapere come avrebbe reagito, anche se di sicuro non sarebbe stato con le mani in mano.

“Io non tacerò”: è il titolo del libro di Melampo. Ecco, ne siamo certi, nonno Nino non avrebbe taciuto di fronte allo scempio che oggi la politica sta facendo della Costituzione; non avrebbe accettato passivamente la resa dello Stato a Cosa nostra, pagata con la vita dalle vittime di via D’Amelio.  

Lorenzo Frigerio 
 

Bibliografia

  • Caponnetto Antonino, I MIEI GIORNI A PALERMO (a cura di Saverio Lodato), Garzanti, Milano 1992
  • Caponnetto Antonino, “IO NON TACERò”, Melampo Editore, Milano 2010
  • Caponnetto Antonino, MAFIA E SISTEMA POLITICO-ISTITUZIONALE, Università degli studi di Torino, Torino 1993
  • Caponnetto Antonino, COSTITUZIONE, UNA CARTA DA BUTTARE?, Comitato per la Costituzione “Giorgio La Pira” Milano, Milano 1994
  • Diaco Pierluigi, Pavone Roberto (a cura di), UNA VITA UNA SPERANZA, Bonanno Editore, Acireale (CT) 1993
  • Fondazione Antonino Caponnetto, Antonino Caponnetto eroe contromano in difesa della legalità (a cura di Salvatore Calleri), Diple Edizioni, Firenze 2003
  • Fondazione Antonino Caponnetto, LA NOSTRA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA (a cura di Alfredo Galasso), Diple Edizioni, Firenze 2004
  • Una lezione sulla legalità di Antonino Caponnetto (a cura di Patrizia Bellati e Marina Marsilio), Associazione Culturale La Barriera, Vigevano (PV) 2007

 

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