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Quella ‘ndrangheta che cambiava aspetto

Di Anna Foti (da ReggioTv) il . Calabria

233 omicidi tra il 1974 e il 1977,  la morte di Giovanni De Stefano e il ferimento del fratello Giorgio nella sparatoria al “Roof Garden”, in pieno centro di Reggio Calabria ad opera del commando di Mico Tripodo e poi la scia di sangue dopo la quale l’Onorata Società diventa La Santa: la prima guerra di ndrangheta delinea così la nuova geografia dei poteri sul territorio dei Piromalli e dei De Stefano. Ne segue una seconda nel 1985 con il fallito attentato a Nino Imerti, di Fiumara di Muro, e due giorni dopo con l’uccisione di Paolo De Stefano. Seguono oltre 700 morti a Reggio Calabria tra il 1985 e il 1991 e una pax voluta da Cosa Nostra e segnata con l’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti a Campo Calabro nel reggino il 9 agosto 2010.

Tra i settecento anche Lodovico Ligato, ucciso in un agguato di stampo mafioso presso la sua villa a Bocale il 27 agosto del 1989. Già deputato italiano, nelle fila della Democrazia Cristiana, coinvolto nello “scandalo delle lenzuola d’oro”, nel novembre del 1988 fu costretto a dimettersi dalla presidenza delle Ferrovie dello Stato. Non furono i politici a volere la sua morte. Venne assassinato a Bocale su ordine di Pasquale Condello, detto il Supremo e arrestato solo nel febbraio 2008, per mano di Giuseppe Lombardo, poi pentitosi nel 1990. Nel processo, che pose sotto accusa cinque capicosca, oltre Pasquale Condello, Paolo Serraino, Diego Rosmini, Santo Araniti e Domenico Serraino e due sicari, oltre Giuseppe Lombardo anche Natale Rosmini, era pm Francesco Mollace. Come ricostruito da Stopndrangheta.it: “ Nella seconda metà degli anni 70 si punta l’attenzione sui lavori miliardari per il raddoppio della linea ferroviaria Villa San Giovanni-Reggio Calabria, nei cui cantieri impongono i loro mezzi ed i loro uomini. Successivamente si infittiscono i rapporti con personaggi della politica come Lodovico Ligato, ex presidente delle Ferrovie dello Stato, assassinato il 27 agosto del 1989 a Bocale, nella sua villetta al mare. Il capo della cosca, Giorgio De Stefano, in quel periodo è ormai un leader riconosciuto della ‘ndrangheta a livello mondiale: è in buoni rapporti con Cosa nostra ed in stretta amicizia con Nitto Santapaola, boss della cupola catanese”.

Un omicidio quello di Ligato che si colloca in piena seconda guerra di mafia, quando la ndrangheta matura il nuovo ruolo di interlocutrice della politica e dell’economia. Lo stesso processo sarà altrettanto nevralgico poiché contestuale, negli anni ’93 e 94, a quello per la morte a Campo Calabro del magistrato Antonino Scopelliti, ancora senza giustizia, e al primo maxiprocesso contro la Ndrangheta “Olimpia”. Da allora la DDA è impegnata, e lo sarebbe stata anche successivamente, con i vari stralci del processo Olimpia e non solo. Intanto quella pax diventa sempre più precaria e la ndrangheta, sempre più ferita da arresti eccellenti e corpose confische di beni, reagisce aggredendo e intimidimento le istituzioni e chi opera per la ricerca e la difesa della verità. 

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