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Reggio solidale con Di Landro

Di redazione il . Calabria

Centinaia di persone hanno manifestato ieri la loro solidarietà a Salvatore Di Landro, magistrato della procura di Reggio Calabria, oggetto, proprio ieri, di un attentato: una bomba sotto casa che per fortuna non ha portato a serie conseguenze. Ma che rimane, comunque, un segnalo inquietante e una ferita importante per una città che negli ultimi mesi non è stata nuova ad episodi del genere. Non è difficile ricordare infatti che questa è solo l’ennesima intimidazione che si collaca alla fine di una lunga serie che ha avvolta Reggio e la Calabria: un crescendo di tensione che, a dire dello stesso procuratore Di Landro, sta personalizzandosi nei suoi confronti, nei confronti cioè di un magistrato che combatte la criminalità con serietà, correttezza e che ha dato dei segnali precisi dall’inizio del suo mandato a Reggio Calabria.

Gli stessi segnali che avevano indotto a un attentato il 3 gennaio scorso (ascolta l’intervista a Vincenzo Macrì di Libera Radio) in Procura Generale e poi presumibilmente alla manomissione a Reggio Calabria dei bulloni della sua auto blindata nel giugno scorso.Negli striscioni della manifestazione di ieri si è però notata la voglia di riscatto di una città e di una comunità che non vuole tacere e supporta fermamente i magistrati che vogliono liberare la città dello stretto dalla morsa della ‘ndrangheta. “La bomba al dottor Di Landro ha colpito anche me” campeggiava durante il sit in, mentre lo stesso procuratore stringeva le mani dei convenuti e ringraziava le persone che gli dimostravano la loro solidarietà. «State vicini alle istituzioni perché da soli non ce la facciamo, abbiamo bisogno della cittadinanza al nostro fianco», ha dichiarato alle persone che si erano trovate sotto la sua abitazione, ricordando il crescente numero di atti che da mesi stanno ferendo Reggio.

Da quel 3 gennaio, così eclatante anche nei video di sorveglianza, ma altrettanto misterioso e per nulla risolto, ora che diversi mesi sono passati. Sintomo, quello e questo di ieri, di una situazione tutt’altro che rosea nel contrasto alle mafie, sicuramente molto più pericolose di quanto molti non vogliano far credere. Oggi sul Manifesto Don Luigi Ciotti, in un articolo, ha fatto riferimento all’attentato di Reggio: «è un episodio grave l’attentato al procuratore di Reggio Calabria Salvatore Di Landro, dopo gli altri recenti fatti di intimidazione, in Calabria e non solo. Un episodio di fronte al quale la solidarietà deve farsi corresponsabilità – un piccolo ma significativo segno è il sit-in che si è tenuto sotto la casa del magistrato – e che va colto nelle sue dinamiche profonde, nelle sue logiche non evidenti». Una gravità che dimostra che la strada giusta è stata intrapresa ma va perseguita fino in fondo con una mobilitazione collettiva; continua infatti Ciotti: «quando le cosche arrivano a piazzare una bomba, a mandare messaggi intimidatori, è perché si sentono accerchiate. La loro dimostrazione di forza è un segno di debolezza. E’ la riprova che la lotta alle mafie è sulla strada giusta. Di questo dobbiamo ringraziare innanzitutto i magistrati, le forze di polizia e quanti si battono quotidianamente per investigare, per arrestare i latitanti, per reprimere, spesso con poche risorse, il fenomeno mafioso».

Dal canto suo Di Landro ha dichiarato che se «c’è stato un nuovo attacco dopo il 3 gennaio vuol dire che lo Stato non ha dato le risposte adeguate». «»Dobbiamo avere coscienza – ha proseguito il magistrato – che affrontiamo un nemico che resta molto forte». Le indagini ora cercano di capire se la scelta di attaccare il magistrato sia frutto di un concordato delle maggiori famiglie di Reggio e provincia, oppure una scelta di una famiglia singola. Nelle indagini si innesta anche il filone riguardante i contrasti all’interno della Procura generale che sono coincisi con l’arrivo di Di Landro e che hanno riguardato, in particolare, i rapporti tra Di Landro ed il sostituto procuratore generale Francesco Neri. Contrasti che hanno portato il Csm all’adozione di una misura cautelare con il passaggio ad altra sede ed altre funzioni di Neri per incompatibilità ambientale.
Anche se un’ipotesi molto accreditata rimane quello della volontà di far distogliere gli occhi dalle inchieste che a Reggio stanno andando avanti sui rapporti tra ‘ndrangheta e politica. Non dimentichiamoci ad esempio che da qui si è mossa la imponente inchiesta “Il Crimine” che qualche mese fa ha rivoltato lo stivale come un calzino segnando un importante punto per la lotta alle ‘ndrine.

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