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Immigrazione: contraddizioni, speranze tradite e diritti negati

Di Anna Foti (da www.reggiotv.it) il . Calabria



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Solo recentemente gli sbarchi sulle
coste italiane di cittadini extracomunitari tornano a riempire le
pagine di giornale. La settimana scorsa a Riace nel reggino giungono
via mare 100 cittadini curdi, poi nei giorni scorsi a Guardavalle nel
catanzarese, arrivano una cinquantina di cittadini afgani, iracheni e
palestinesi. Un giovane non vince la ribellione delle onde e annega.
Mentre Il ministro Roberto Maroni si compiace di una riduzione delle
percentuali di sbarchi dovuta ad un buon contrasto dell’immigrazione
clandestina, in questi giorni i fatti di cronaca tenderebbero a
smentire queste percentuali. Ma l’aspetto stridente attiene anche
alla risoluzione ricercata da governo italiano attraverso l’accordo
con la Libia che, sul fronte migratorio del rispetto dei diritti, non
offre alcuna garanzia.

E’ un vero e proprio fiore
all’occhiello il dato relativo alla lotta all’immigrazione
clandestina illustrato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni in
occasione del Ferragosto palermitano in cui si è svolto il vertice
sulla Sicurezza. L’arrivo via mare dei cittadini extracomunitari si
riduce nella misura dell’88%. Dunque è significativo il calo di
approdi di stranieri lungo le coste italiane. Un fitto lavoro di
controllo che darebbe i suoi frutti con un accordo con la Libia che
decisamente, come era nell’intento del governo italiano, potrebbe
avere inciso sulla deviazione delle rotte dalle coste italiane alle
proprie ignorando, perché le verità sarebbero scomode, il destino
cui siano andati, e stiano andando, incontro persone in fuga da
guerre, da miserie e da persecuzioni. Il Ministero riferisce in
particolare di persone provenienti da paesi come l’Egitto, l’Iran,
il Pakistan, la Siria dove ancora vige la pena di morte oppure da
altre aree del mondo che non brillano certamente per libertà
riconosciute e salvaguardia dell’incolumità personale. Eppure pare
che la soluzione individuata per fronteggiare il fenomeno sociale
dell’immigrazione sia quello di contenere i flussi sacrificando i
diritti umani, quello di ostacolare l’approdo alle coste italiane,
e in questo la Libia starebbe facendo la propria parte, per non
ricadere nel vortice dei rimpatri forzati e illegittimi che poco
hanno edificato l’immagine dell’Italia in Europa. Ratificato (ddl
1333) nel 2009 l’accordo siglato a Tripoli nel dicembre del 2007
per i pattugliamenti della costa nordafricana, con sei motovedette
della Guardia di Finanza cedute alla Libia, l’addestramento,
l’istallazione di una rete di controllo satellitare per monitorare
le frontiere di sabbia che avranno il marchio di Finmeccanica e spese
condivise tra Italia e UE. Questo l’accordo dai profili molto
discutibili con cui l’Italia contrasta l’immigrazione clandestina
sottraendosi, questo il rischio concreto, solo formalmente dalla
violazione delle Convenzioni Internazionali  per le quali è
stata più volte bacchettata dall’UE. L’Italia infatti ha, in
forza della Convenzione di Ginevra del 1951 che invece la Libia non
ha sottoscritto, l’obbligo di non refoulement ossia di non
respingere i cittadini stranieri verso paesi dove rischino la
tortura; eppure il governo italiano negli anni scorsi ha trasportato
forzatamente in Libia migliaia di cittadini extracomunitari senza
titolo di ingresso nel territorio nazionale, violando il suddetto
obbligo poiché la Libia dal canto suo, dati alla mano, non è
esattamente incline a riconoscere protezione a chi fugge da guerre e
persecuzioni. Condizioni disumane nei campi di detenzione, torture,
procedure sommarie di espulsione e rimpatri, chiusura ad osservatori
esterni, come denunciano Amnesty International e altre ONG. L’Italia
ha dunque in atto un accordo proprio con uno dei paesi verso cui
neppure potrebbe respingere i cittadini stranieri senza violare la
Convenzione che ha sottoscritto. Un paradosso, ad essere gentili.
Però, in compenso, gli sbarchi diminuiscono. Ma neanche su questo,
dati i recenti fatti di cronaca, sono tutti d’accordo.

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