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Ordigno esplode sotto casa magistrato Di Landro

Di Anna Foti (da www.reggiotv.it) il . Calabria

“Sereno ma indignato”, così si
sente Salvatore Di Landro, Procuratore Generale della Repubblica di
Reggio Calabria mentre, uscito di casa, si appresta ad andare a
lavorare come fosse un giorno come tanti. Invece nella notte scorsa
erano quasi le ore due quando, andata appena via la valida scorta del
procuratore, sotto la sua abitazione sita nella centralissima Via
Carlo Rosselli n.48 a Reggio Calabria, è esploso un ordigno che ha
danneggiato il portone e fatto saltare i vetri della sua abitazione,
mentre lui e la moglie erano in casa.

Ennesima intimidazione che si
colloca sulla lunga scia che sta trascinando la città e la Calabria
in un crescendo di tensione che, a dire dello stesso procuratore, sta
personalizzandosi nei suoi confronti, nei confronti cioè di un
magistrato che combatte la criminalità con serietà, correttezza e
che ha dato dei segnali precisi dall’inizio del suo mandato a
Reggio Calabria. Gli stessi segnali che avevano indotto a
quell’attentato il 3 gennaio scorso in Procura Generale e poi
presumibilmente anche alla manomissione a Reggio Calabria dei bulloni
della sua auto blindata nel giugno scorso. Stesso atto fu riservato
alla collega Adriana Fimiani. “Questa reazione non doveva esserci –
dichiara Di Landro – ma adesso tutto ciò mi spinge ad espletare
ancora meglio il mio dovere”.

La miccia corta dell’ordigno
lascia intendere che un professionista abbia curato questo nuovo
attacco alle istituzioni e che forse, come lo stesso Di Landro ha
rilevato, si è trattato di qualcosa di più rispetto a un’intimidazione che avrebbe potuto essere eseguita con modalità
molto più blande. Invece l’esplosione è stata violenta ma
fortunatamente non ci sono stati danni a persone, ma solo un portone
devastato.  Un portone devastato e un’altra
istituzione calabrese colpita ma non impaurita. Il procuratore Di
Landro ha un’idea precisa del perché questa tensione stia
crescendo, forse perché questa magistratura calabrese, è forte,
unita e serena. “Certo – ha evidenziato – urgono interventi
normativi e mezzi che sempre ci inducono ad affrontare difficoltà ma
noi continuiamo il nostro lavoro nell’attesa che gli interventi
risolutivi arrivino”.

Intanto la Polizia e i Carabinieri
indagano. I rilievi della scientifica sono terminati intorno alle ore
4. Già il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona, i dirigenti
Diego Trotta, il magistrato di turno Danilo Riva, e il procuratore
aggiunto della DDA reggina Nicola Gratteri si sono già recati nella
notte per incontrare Di Landro.  Ma intanto la lista delle intimidazioni
in Calabria si allunga. Di seguito una ricostruzione dai fatti più
recenti

A luglio, sul parabrezza della
automobile del procuratore capo di Palmi, Giuseppe Creazzo, viene
trovato un proiettile. Nel maggio 2010 al procuratore Capo Giuseppe
Pignatone viene recapitata una busta con proiettile 7.65; solo una
settimana prima il secondo avvertimento rivolto al sostituto
procuratore della DDA Giuseppe Lombardo nel giro di pochi mesi.
Questi sono solo i più recenti fatti intimidatori che stanno
scandendo la cronaca di questo insolito 2010. Impegnato in inchieste
cardine come “Bellu lavuru”, contro le cosche joniche di
Africo Nuovo, come “Testamento che ha assestato colpi duri al
clan Libri, come le indagini sui grandi boss, Pasquale Condello “il
supremo” e Giovanni Tegano, il procuratore Lombardo è stato
minacciato di morte con una missiva in cui si leggeva “Sei un
uomo morto. Un cadavere ambulante” si leggeva nella lettera in
questione che riporta il timbro di smistamento di Lamezia Terme. La
procura di Catanzaro indagava per far luce sul fatto, mentre saliva
il numero degli avvertimenti rivolto alla magistratura coraggiosa, ai
giornalisti indipendenti, agli amministratori rigorosi. Cresceva,
infatti, il clima di forte tensione quello che continua a
caratterizzare la Calabria in questo 2010.
La bomba posizionata
all’ingresso della Procura solo qualche giorno dopo Capodanno, poi
l’autovettura “armata” sulla strada verso il l’aeroporto
“Tito Minniti” in occasione della visita di Giorgio Napolitano in
riva allo Stretto. Quindi le prime minacce in questo 2010 al
procuratore Giuseppe Lombardo, cui era stata recapitata una
pallottola, ancora le minacce sui muri di Vibo Valentia dirette al
procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo, proveniente dalla DDA
di Catanzaro, quelle già ricevute dal pm Marisa Manzini, e la
lettera con proiettile ad Antonio De Bernardo, pubblica accusa nei
procedimenti “Gebbione”, contro la cosca Labate di Reggio
Calabria, “Ramo spezzato”, contro il clan Iamonte di Melito Porto
Salvo e anche pubblico ministero nel processo per l’omicidio di
Gianluca Congiusta, giovane imprenditore assassinato a Siderno il 24
maggio del 2005. Una scia di intimidazioni che seguono il messaggio
pervenuto lo scorso febbraio sul sito del trisettimanale “Il
Crotonese” nel quale si minacciava di morte il sostituto
procuratore della Repubblica di Crotone Pierpaolo Bruni, già
titolare delle delicate inchieste sulle ex-Pertusola. Una scia di
avvertimenti alla magistratura che evidentemente, sotto la guida del
procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe
Pignatone, opera in misura sempre crescente e incisiva nell’attività
di contrasto al crimine organizzato. Qualcosa non va come dovrebbe
per la ndrangheta o per chissà chi; questo, nonostante la tensione e
pericolo, ed è il segno drammaticamente necessario verso il
cambiamento. Si spera, ancora, tuttavia, di aver imparato tutti
qualcosa da un passato mai troppo passato di sangue e di stragi.

 

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