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La sa più lunga Wired oppure Ucuntu e il Clandestino?

Di Riccardo Orioles il . L'analisi

“Internet è morto”, dicono in questi giorni in America e l’idea, coi suoi tempi, comincia a venire fuori anche in Italia. Chi è Internet? E’ quel tizio strano – libero, senza padroni e, come le vecchie fontanelle pubbliche, aperto a tutti – che ha tolto il monopolio dei geroglifici ai vecchi scribi e faraoni e ha inventato di nuovo il vecchio democratico alfabeto.E perché è morto? Perché ora, con tutti gli apparecchietti nuovi dell’ultimo anno (iPhone, Android e compagnia bella) la gente le cose che prima trovava solo sull’internet le trova, ma più svelte e tascabili, su questi supertelefonini. Però se le deve pagare, poiché questi cosi viaggiano a colpi di proprietà, con dei programmini speciali (le “apps”) senza cui non funziona quasi niente. Così finalmente è morto il signor Gratis – ragionano i padroni – ed è finita la storia che chi vuole va e naviga di testa sua, su chissà che siti e con chissà che idee.Purtroppo per i padroni, le cose non stanno proprio così. Intanto non è vero che il “vecchio” web è stato scavalcato da questo nuovo sistema. La rivista che lo sostiene, Wired, su questo punto “bara “, nel senso che paragona arbitrariamente i contenuti dei due sistemi. Su uno viaggiano prevalentemente notizie e opinioni,  sull’altro video e intrattenimenti, che “pesano” (come bytes) molto  di più: come dire che siccome i libri viaggiano in furgoncino e i mattoni in grossi camion, la gente legge meno libri e più mattoni.

In secondo luogo – che è quello che ci interessa – il successo di ogni nuova tecnologia di solito è determinato non tanto dalla tecnologia in sé, quanto dall’uso che ne fa la gente. L’alfabeto ha fregato i geroglifici perché con esso potevi scrivere delle bellissime (e utili, se avevi una ragazza da corteggiare) poesie d’amore. Gutenberg ce l’ha fatta perché poteva diffondere non solo cento bibbie (protestanti) in più in più del papa, ma anche e soprattutto un milione di volantini (che prima di lui non esistevano). La vecchia Cinquecento, dal secondo modello in poi, aveva i sedili reclinabili (e vi debbo spiegare che vuol dire questo?); l’sms originariamente era usato dai tecnici Telecom per scambiarsi i dati. Quanto all’iPad… beh, amici miei, c’è già chi legge il povero Ucuntu anche su questo coso. Perciò stiamo in campana: a nuove tecnologie, contenuti migliori. Negli ultimi trent’anni abbiamo fatto incazzare i padroni con scritte sui muri, ciclostili, megafoni, radio, rotative, tv, fax, web, video, mail, blog, youtube e pdf… non sarà qualche pidocchiosa multinazionale a metterci i bastoni fra le ruote proprio ora.’Sta storia dei libri elettronici (e giornali!) anzi sembra fatta apposta per chi non ha tanti soldi per carta e per tipografi, ma è ricco di idee. E’ un mondo nostro.

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Ecco, questa pagina in teoria doveva servire a fare gli auguri ai ragazzi di Modica che stanno facendo il loro secondo jamboree, o assemblea o come si chiama (odio la parola festival). Probabilmente sarebbe stato qualcosa di paternalistico e un poo’ solenne, del tipo della fiaccola che passa dalle vecchie alle nuove generazioni e così via. Invece usiamola come un solito strumento di lavoro, un promemoria per ricordarci che quando facciamo a lungo una cosa nella stessa maniera probabilmente stiamo diventando pigri, e che delle tecniche nuove non solo non ci dobbiamo spaventare ma dobbiamo anche essere fra i primi (come ai Siciliani, come ad Avvenimenti) a metterle in campo. Perché a noi le tecniche servono per far sapere le cose, per svegliare la gente e per dare voce.  Lavoro che in questo momento è importantissimo – guardate che cosa sta facendo la Fiat approfittando che la gente dorme ed è senza voce.Operativamente, questo significa che tutti noi dobbiamo:- preparare prodotti per l’iPad, per Android, per gli e-book e per tutti i diavoli che li portino; e prepararli già ora, come priorità, pensando un po’ meno di prima al ciclostile (e anche alla rotativa…);- organizzarci meglio su ciò che facciamo già, oleare i meccanismi di rete (proprio tecnicamente, facendo viaggiare più svelti i pezzi) e… insomma, ci siamo capiti. Dimenticato niente? Ah, sì, gli auguri per i ragazzi del Clandestino. Va bene, auguri. Ma mica ne avete bisogno 🙂

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