Cossiga e il giorno in cui fummo “fucilati” per l’inchiesta su Cia – P2
La morte di una persona, semplice o importante che sia, richiede sempre rispetto umano e civile, ma per un uomo come Francesco Cossiga, che ha vissuto da protagonista la recente storia d’Italia, esige anche contributi di testimonianza e di verità. Il solenne coro a più voci che ha accompagnato la sua scomparsa, certo significativo di un ruolo poliedrico nelle vicende del Paese e nello stesso immaginario degli italiani, minaccia infatti di coprire con la glorificazione retorica dello statista o con l’anatema liquidatorio del picconatore un po’ folle troppo amante dei segreti, quelli che sono stati invece eventi, scelte, atti che hanno inciso nel corso della Repubblica, fino a condizionare i giorni che viviamo, oltrechè le vite e i destini di tanta gente. Un contributo di conoscenza diretta, al di fuori di ogni tentazione immodesta di giudizio critico, può essere utile soprattutto per i più giovani, per coloro ai quali i concetti di “statista” e di “picconatore”, a distanza di decenni, dicono di per sé poco o nulla.
Credo pertanto che sia corretto, dal punto di vista morale oltrechè professionale, rievocare sulla base dei nudi fatti l’insolito incontro “a distanza non ravvicinata”, ma certo letale, che il TG 1 ebbe con Cossiga nell’estate del 1990. Ero allora capocronista, in un TG 1 assolutamente su Marte rispetto a quello oggi conosciuto, animato da inchieste, approfondimenti, testimonianze, che cercava di penetrare i mille problemi del Paese in una stagione difficile per la democrazia, compresi i misteri e gli angoli oscuri del potere. Con l’impegno diretto di Ennio Remondino e d’intesa con il direttore Nuccio Fava, realizzammo con il massimo riserbo un’inchiesta internazionale senza precedenti, che partiva da un telegramma inviato dai capi della loggia P 2 Gelli e Ortolani a uno stretto collaboratore del presidente americano Bush in cui si annunciava che “l’albero svedese sarà abbattuto”: pochi giorni dopo veniva assassinato a Stoccolma il leader socialista e pacifista Olof Palme. Ennio, acutissimo giornalista investigativo già punta di diamante in inchieste su servizi segreti, mafia, terroristi rossi e neri, corruzioni di ogni tipo, mentre si sviluppava Tangentopoli, percorse mezza Europa, incontrando ex-agenti della CIA e approdò negli Stati Uniti. Qui intervistò un ex-contractor CIA, Richard Brenneke, che aveva a lungo lavorato a contatto di Licio Gelli e che gli rivelò come la loggia deviata del Gran Maestro aretino era stata per anni la longa manus dei servizi USA per alimentare il terrorismo e l’eversione in Italia. Testimone assolutamente credibile, che aveva appena vinto una causa contro il presidente Bush davanti a una Corte Federale, in merito alle vicende Iran-Contras e che gli consegnò una mole di documenti sui traffici d’armi ed esplosivi della P 2 di Gelli. Al ritorno di Remondino, questi documenti, fatti sequestrare dai magistrati romani che indagavano sulla P 2, si rivelarono tutti autentici ed esatti…
Nuccio Fava mandò in onda l’inchiesta in quattro puntate nell’edizione principale delle 20.00 e, nonostante il concomitante svolgimento dei Mondiali di calcio, la eco politica e giornalistica fu considerevole. E qui entra prepotentemente in campo il Presidente della Repubblica. Chiamato direttamente e pubblicamente in causa da Licio Gelli, il Capo dello Stato scrive una lettera riservata al Presidente del Consiglio Andreotti, chiedendo di fatto o una clamorosa azione diplomatica verso gli Stati Uniti o, in caso di falso, di cui si dice peraltro certo, il licenziamento dei “dipendenti” Rai che hanno costruito la “provocazione”. Andreotti, secondo un’antica abitudine di prudenza, mette in un primo momento la lettera in un cassetto, ma qualche “manina” la fa uscire dal Quirinale per lanciarla in copertina su Panorama. Il premier è costretto così a presentarsi alla Camera negando su tutta la linea la veridicità dell’inchiesta. Le sue fonti di verifica in USA sono ovviamente la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, la stessa CIA, ma tant’è…Lo scandalo è enorme, i giornali cosiddetti d’opinione linciano Fava, Remondino, Morrione, mentre si scatena all’interno del TG 1 la canea dei boiardi democristiani, che hanno fiutato il vento che porterà di lì a poco al cambio fra la segreteria di De Mita e il triumvirato Craxi, Andreotti, Forlani. Fava è costretto a dimettersi ed è pronto ad arrivare Bruno Vespa. Altro quadro politico, altro TG 1. Da quel momento Ennio Remondino viene spostato come inviato e successivamente come corrispondente all’estero e non toccherà più inchieste investigative su temi nazionali, mentre io rimarrò per due mesi a confrontarmi ogni giorno duramente con Vespa direttore, che mi costringerà a dimettermi dopo aver spaccato in due a mia insaputa compiti e contenuti della redazione Cronaca. Un anno di ferie “forzate” in una stanzetta di Saxa Rubra, prima di approdare al TG 3 d Sandro Curzi.
Nel frattempo Licio Gelli, che in un primo momento aveva chiesto alla Rai un indennizzo civile di 10 miliardi, ritirò la querela: su nostra richiesta al governo americano sulla base del Freedom of Information Act in merito ai suoi eventuali rapporti con l’amministrazione americana, ci avevano formalmente risposto che non potevano dare notizie riguardanti “la sicurezza del governo e della politica americana” e relative “a persone di cui l’Agenzia si è avvalsa”.
Cosa era avvenuto al Quirinale dopo l’incalzare di Licio Gelli, qual’era il legame massonico o di natura politica o di rapporti internazionali che ha indotto Cossiga a prendere quella posizione? Non so e forse non lo sapremo mai, anche se è certo che quello scoppio d’ira, quella inusitata pressione anche sulla Rai, fra le prime esternazioni anomale del Presidente picconatore, coincidevano curiosamente con l’inchiesta giudiziaria che il giudice veneziano Casson stava conducendo sulle strutture militari segrete di Gladio e Stay Behind. Noi del TG 1 non ne sapevamo francamente niente, ma fummo fucilati lo stesso per la nostra inchiesta, chissà, forse a scopo preventivo…
La memoria ed evidentemente l’abitudine di tenere aggiornati elenchi di persone ritenute “ostili” non difettavano comunque in Francesco Cossiga, se nel ’99, quando il DG della Rai Celli mi spostò da Rai International alla direzione della nascenda Rai News 24, ritenne opportuno di attaccarmi in un’interpellanza urgente al Senato, con farneticanti quanto disinformate accuse di aver dissipato denaro Rai e male amministrato la precedente direzione. Perché dunque affidarmi un campo tecnologico strategico come i New Media della Rai? Tentai allora di querelarlo, ma l’ottimo avvocato Cossu mi spiegò che l’interpellanza urgente non era suscettibile di querela, una sorta di licenza d’uccidere.
Mi è rimasta invece la curiosità di questo suo interesse per i New Media delle tecnologie digitali. Un mistero davvero piccolo, fra i tanti che hanno costellato la sua fulminante ascesa politica.
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