Ferragosto di fuoco a Niscemi
La quiete estiva nella capitale del carciofo è stata scossa brutalmente da due attentati incendiari. Un’officina e una macelleria nel giro di 48 ore sono state date alle fiamme a Niscemi. Un trend preoccupante che interrompe la “tregua” della bella stagione e che allarma non poco. Niscemi, 28 mila abitanti, non è nuova a situazioni del genere. Il Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose per ben due volte, gli effetti della crisi economica, l’emigrazione lavorativa verso l’Italia centro – settentrionale, e la criminalità organizzata che vuole mantenere il controllo economico – sociale sulla città. Un contesto preoccupante che rispecchia le analisi della DIA nella relazione del primo semestre del 2009.
Dopo le faide a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, a Niscemi, così come nella vicina Gela, si è imposta una pax mafiosa tra Cosa nostra e la Stidda: mimetismo, non belligeranza ed equa ripartizione dei proventi illeciti. Tra questi tentativi di infiltrazione negli appalti pubblici e racket delle estorsioni. Gli incendi di ferragosto rientrerebbero, quindi, nel novero del pizzo. «Dall’analisi del fenomeno criminale – si legge nella relazione della Direzione nazionale antimafia del 2009 – si evince che pur essendo diminuito sensibilmente il numero di omicidi consumati per contrasti interni ai gruppi mafiosi, è rimasto stabile il numero delle estorsioni e dei reati ad essi connessi (danneggiamenti, incendi, ecc.), consumati ai danni degli operatori commerciali della zona». «Merita di essere evidenziato ancora una volta – si legge ancora nel documento – che “cosa nostra” e “stidda” continuano a convivere nello stesso territorio dividendosi l’importo delle estorsioni che vengono imposte a tappeto a imprenditori e commercianti».
Nella geografia del crimine organizzato siciliano Niscemi si trova in uno scomodo crocevia, schiacciato tra Gela e Caltagirone. Se la parte meridionale della provincia di Caltanissetta, Gela e Niscemi quindi, è posta sotto il controllo del boss Piddu Madonia, che ha dimostrato una capacità operativa anche dal carcere, nella stessa zona fa sentire la sua influenza una seconda fazione di cosa nostra. Una consorteria più oltranzista che fa capo a Francesco La Rocca, capo della famiglia calatina, alleato con i Cammarata di Riesi, gli Emmanuello di Gela e Maurizio Di Gati di Racalmuto, in provincia di Agrigento, quest’ultimo diventato collaboratore di giustizia. In questo scenario, quindi, secondo la Direzione nazionale antimafia «le famiglie di Riesi, Mazzarino, Niscemi e il gruppo degli Emmanuello di Gela sarebbero (..) direttamente legate alla consorteria mafiosa facente capo al gruppo di Francesco La Rocca di Caltagirone».
A complicare l’azione di contrasto contro le mafie a Niscemi c’è la “bizzarra” collocazione amministrativa della città che fa parte della Provincia di Caltanissetta, ma gravita nella provincia di Catania. Succede così che Niscemi ricade nel territorio del Tribunale di Caltagirone e quindi nel distretto della DDA di Catania, ma le indagini vengono spesso condotte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta che fa capo alla DDA del capoluogo nisseno. Una situazione che ha destato preoccupazioni all’amministrazione comunale. Sulla vicenda la stessa DDA di Catania scrive nella relazione del 2009: «si auspica un intervento normativo che meglio delimiti la circoscrizione giudiziaria, tenendo conto delle attribuzioni dei pubblici ministeri e delle competenze dei Tribunali» .
Una situazione che sicuramente preoccupante per una realtà come quella di Niscemi dove occorre una continua vigilanza sul versante del contrasto alle mafie. Il Consiglio comunale è stato sciolto due volte per infiltrazioni mafiose, lasciando una pesante ipoteca sulla classe politica del paese. Le recenti dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia stanno aiutando a svelare la fitta trama degli affari illeciti delle famiglie mafiose nel territorio, con legami anche in Lombardia. Tuttavia risulta essenziale un migliore coordinamento degli organi inquirenti per massimizzare le forze e rendere più incisive le azioni repressive.
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