Il nuovo piano antimafia
“dimentica” il reato di antiriciclaggio
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano l’aveva annunciato proprio a Palermo, durante un convegno che vedeva in platea moltissimi magistrati antimafia: il piano straordinario di contrasto alla criminalità organizzata varato dal governo avrebbe previsto il reato di autoriciclaggio, tanto sollecitato anche dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi alla commissione parlamentare antimafia per punire più severamente i padrini e i loro prestanome. Era giugno quando il ministro Alfano faceva il suo annuncio. All’inizio di agosto, il Senato ha approvato all’unanimità il piano antimafia del governo. Ma il nuovo reato non c’è.
Lo sottolinea Gaetano Paci, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che indaga sui patrimoni dei padrini di Cosa nostra. “L’autoriciclaggio è importante – spiega – consente di punire con un reato specifico il reinvestimento di somme da parte di colui che le ha illecitamente conseguite. Con la legislazione attuale può essere contestato solo il reato presupposto, ovvero ad esempio l’intestazione fittizia, l’estorsione, l’associazione mafiosa. Con l’autoriciclaggio – spiega Paci – avremmo uno strumento in più contro il crimine organizzato, così come avviene negli Stati Uniti. Peraltro, da tempo si sarebbe dovuto prevedere, per dare attuazione alla convenzione Onu sul crimine transnazionale firmata proprio a Palermo”.
Paci ha analizzato tutti gli articoli del piano straordinario antimafia varato ad agosto. Dice: “L’impostazione di fondo è positiva, perché fa tesoro dei lavori delle precedenti commissioni Fiandaca e Pisapia. Dunque, il piano fonde esperienze che provengono da sensibilità e governi diversi. Lo spirito resta quello di razionalizzare tutta la normativa antimafia”. Adesso la palla passa al governo, che dovrà attuare al più presto le direttive fissate dal Parlamento.
Dall’esame del testo fatto dal pm Gaetano Paci emergono alcuni “buchi”. A partire dai punti cruciali della lotta alla mafia. Il primo: la lotta ai patrimoni. Il piano antimafia non prevede che si possano utilizzare le intercettazioni per le misure di prevenzione patrimoniali, quelle che portano al sequestro e alla confisca dei beni mafiosi.
Spiega il magistrato palermitano: “Oggi, l’indagine per le misure di prevenzione patrimonali è rimessa alla consultazione delle banche dati, che offrono esclusivamente degli elementi di tipo formale. Tutto il resto lo si attinge dall’indagine penale. Bisognerebbe fare di più – suggerisce Paci – consentendo strumenti di indagine più efficaci anche per individuare i patrimoni mafiosi”.
Il piano straordinario varato ad agosto prevede poi l’istituzione di una banca dati nazionale di tutte le certificazioni antimafia: “Ottima cosa – commenta Gaetano Paci – ma vi può accedere solo la Procura nazionale antimafia. Sono tagliate fuori tutte le 26 direzioni distrettuali che operano sul campo. Non si comprende perché”.
* Salvo Palazzolo
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