Operazione “Crazy Horse”
Nell’agosto dello scorso anno, il blitz “Crazy horse”, condotto dalla Squadra Mobile di Caltanissetta, permise di sventare quello che, stando alla ricostruzione investigativa, avrebbe dovuto essere un piano finalizzato all’uccisione di alcuni minori.
La colpa delle vittime prescelte sarebbe stata quella di avere legami di parentela con due collaboratori di giustizia di Niscemi, Antonino Pitrolo e Vincenzo Blanco.
Lunedì, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania, Francesca Cercone, ha deciso il rinvio a giudizio per Rosario Lombardo, Giuseppe Lodato e Alessandro Ficicchia, arrestati lo scorso anno poiché considerati strateghi dell’intero progetto.
Il dibattimento si avvierà a metà novembre innanzi ai giudici del tribunale etneo.
L’accusa nei confronti degli imputati, però, si è tendenzialmente attenuata: non verranno processati, infatti, in relazione alla presunta pianificazione degli omicidi non portati a termine, ma, invece, per la loro presunta affiliazione al locale gruppo di cosa nostra.
Si ritiene, infatti, che i tre fossero parti integranti della cosca di Niscemi, dalla quale si sono, invece, dissociati sia Antonino Pitrolo che Vincenzo Blanco.
Decisione, quest’ultima, che li ha condotti verso la strada della collaborazione.
Le ammissioni di Antonino Pitrolo, durante gli ultimi mesi, hanno consentito di fare luce sull’organigramma di cosa nostra a Niscemi, strettamente legato alle scelte del clan Madonia di Gela, e su taluni misteri della recente storia di sangue del piccolo centro nisseno, dalla scomparsa del giovane Pierantonio Sandri alle morti di Patrizia e Vittorio Scifo.
Pitrolo e Blanco, infatti, vengono ritenuti importanti pezzi della storia di cosa nostra a Niscemi, in grado di poter fornire ulteriori informazioni.
Di recente, inoltre, Pitrolo si è autoaccusato dell’omicidio di Crocifisso Verderame, avvenuto a Milano nel 1988, ed ha deposto nell’ambito del processo “Apogeo”, puntando apertamente il dito in direzione dell’ex sindaco di Niscemi Paolo Rizzo, “pronto-a suo dire-ad appoggiare indifferentemente la famiglia di cosa nostra o quella della stidda capeggiata dai Russo”.
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