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La politica del cambiamento di Carolina Girasole

Di Angela De Lorenzo (www.narcomafie.it) il . Calabria

Diventare sindaco con l’obiettivo di cambiare le cose in un paese
della Calabria come Isola Capo Rizzuto, per chi ci vive e lo conosce
veramente, non può che rappresentare un’impresa titanica. Una sfida
davanti alla quale, però, non tutti rinunciano, perché, nonostante sia
soprattutto il marcio a riempire le cronache, anche qui c’è gente che
ha voglia di lottare, gente onesta, dignitosa e coraggiosa. È gente
che, pur nella consapevolezza delle difficoltà, non considera l’impresa
utopica, perché si lascia conquistare dalla voglia di mettersi in
gioco, per provare a fare qualcosa di positivo per la propria gente e i
propri cari. Ecco perché Carolina Girasole ha accettato, nel 2006, di
candidarsi come sindaco di Isola Capo Rizzuto, dopo un primi rifiuti
dettati, forse, anche dalla consapevolezza che le suggeriva di stare
lontana dai guai. Perché lei, che la politica fino a quel momento
l’aveva vissuta solo da spettatrice, ne è sempre stata convinta: “Qui
c’è tanta gente per bene che aspetta di riscattarsi.
Ha solo paura, è sottomessa ai giochi di chi ha in mano il potere e
finisce per essere rassegnata. Questa gente non sa che c’è
un’alternativa possibile e quando si trova nel bisogno cade, chiede i
favori ai potenti che comprano il suo silenzio”.

Una scelta non condivisa. Quando
iniziò la sua campagna, suo padre (morto lo scorso anno) ebbe una
reazione inconsueta per il suo carattere e il rapporto che
condividevano. Per giorni non le rivolse la parola, ferito da quella
scelta ma soprattutto preoccupato: conoscendo la caparbietà di sua
figlia e le persone con cui necessariamente avrebbe dovuto confrontarsi
aveva intuito che i problemi sarebbero stati tanti. Superata la rabbia,
sentenziò: “Fai quello che senti, ma sappi sin da ora che nessuno ti
dirà grazie”. Neanche le due figlie di Carolina Girasole approvarono
quella scelta; in particolare la più grande – che ora ha 16 anni – e
che visse quella scelta con molta ostilità e preoccupazione.

La voglia di mettersi in gioco però è stata più forte
di tutto questo, sostenuta dalla consapevolezza che in paese tutti
aspettavano una svolta. La gente era stanca, Isola Capo Rizzuto usciva
da 5 anni di commissariamento e tutti vivevano quelle elezioni come un
momento decisivo per voltare pagina affidandosi a una guida nuova
rispetto a quelle precedenti, che nel passato avevano lasciato il segno
della collusione e del clientelismo, trascinando il Comune in un mare
di debiti e disservizi, che a loro volta finivano per gravare su una
popolazione disillusa e indignata. Ai partiti orientati a sinistra il
nome giusto sembrò quello di Carolina Girasole perché dotata di
personalità, una donna decisa e colta, nota per la sua caparbietà. Si
candidò in una lista sostenuta dal Pd e dalla Sinistra arcobaleno.
Accettò perché non aveva dimenticato la vergogna che provava quando
viveva a Roma (da studentessa e da biologa) e diceva di essere di Isola
Capo Rizzuto. Accettò perché spesso aveva sofferto a causa di una
contraddizione che sentiva dentro: l’amore per quella terra amara e
contemporaneamente il rifiuto e l’indignazione per la violenza mafiosa
cui i giornali continuavano ad associare il suo nome.
La vittoria alle urne di Carolina Girasole – acquisita con un inedito
scarto di voti – è l’emblema della voglia di riscatto della gente
comune.

Le battaglie del sindaco Girasole. Sono così
iniziati due anni di intenso lavoro, a volte purtroppo impopolare in un
contesto in cui i valori della legalità ancora non possono essere dati
per scontati. Due anni contrassegnati dal puntuale rifiuto del
compromesso, che costantemente si presenta vestito di ovvietà in un
paese in cui da sempre ha fatto parte della quotidianità, ma che ora,
respinto, risponde con l’arma della denigrazione e della diffamazione
sul piano personale e professionale, avvalendosi anche dell’arma della
violenza. Alla fine del mese di giugno, infatti, l’amministrazione
comunale è stata oggetto di ben tre atti intimidatori in soli quattro
giorni: sono state incendiate le auto di un dirigente comunale, del
vice sindaco Anselmo Rizzo e del primo cittadino.

È chiaro, l’amministrazione guidata da Carolina
Girasole dà fastidio. Perché? I motivi sono più di uno, anzi, sono
troppi, tanti tasselli che hanno toccato interessi rilevanti, questioni
scottanti. Per esempio, la lotta a quell’abusivismo edilizio che
mortifica la costa dell’Area marina protetta più grande d’Europa. Il
sindaco aveva disposto l’abbattimento di numerosi manufatti edilizi
costruiti addirittura sulle spiagge o sul lungomare di Capo Rizzuto,
aveva indetto delle gare d’appalto per assegnare i lavori di
demolizione, ma nessuna ditta del posto si è ancora resa disponibile ad
eseguirli. Poi c’è la questione dei beni confiscati al clan Arena e
affidati al Comune. In collaborazione con “Libera” su quei terreni sono
state avviate tante iniziative e si sta procedendo alla costituzione di
una cooperativa sociale che dovrebbe dare un lavoro dignitoso e onesto
a tanti giovani del posto, che finalmente avrebbero un’occasione per
smarcarsi e non sottomettersi a quei poteri forti nei confronti dei
quali ad Isola si è sempre vissuto da sudditi. Qualche mese fa, però,
se non fosse stato per l’intervento del prefetto di Crotone, Vincenzo
Panìco, che pose un out-out alle associazioni agricole minacciando
addirittura di ricorrere alla forza, nessuno avrebbe messo a
disposizione di “Libera” una mietitrebbia necessaria a mietere l’orzo
coltivato su quegli stessi terreni dalla famiglia Arena (nonostante la
confisca).

Ma non è tutto. Il sindaco ha ripreso in mano
vecchi bandi che andavano sempre allo stesso modo, cioè a favore dei
soliti noti; ha aperto occhi e orecchie su quello che è uno dei parchi
eolici più grandi d’Europa, sorto tra l’altro sui terreni di una
famiglia abbastanza nota ad Isola Capo Rizzuto, scoprendo che erano
state siglate delle convenzioni “per le quali spettano solo cifre
ridicole al territorio di Isola”, che intanto vede deturpato il suo
paesaggio. Ancora: il primo cittadino ha avuto il coraggio di
riorganizzare le risorse umane all’interno del Comune, dove in alcuni
uffici spadroneggiavano figure così sedimentate nel proprio ruolo da
aver generato un sistema di scambi e favoritismi. Carolina Girasole ha
iniziato con i servizi sociali, un settore attraverso il quale tanti
amministratori precedenti si erano accaparrati consensi: ha imposto una
nuova organizzazione, assumendo degli assistenti sociali chiamati a
vagliare le richieste presentate, solo in maniera formale, con tanto di
documentazione che attesta la condizione reddituale. Il risultato è
stato un aumento delle risorse comunali investite a favore dei servizi
sociali a cui prima in bilancio erano destinati solo 10mila euro,
mentre oggi ben 180 mila.

Inoltre, in questi due anni il sindaco non ha voluto
chiudere gli occhi nemmeno sugli ammanchi alle casse del Comune e per
questo ha disposto l’allontanamento di alcuni dipendenti comunali;
infine, ha ripreso in mano documenti scottanti relativi a delle
lottizzazioni finalizzate alla costruzione di nuovi villaggi turistici
nella zona, imponendovi dei veti.

Una società da reinventare. Chi
come Carolina Girasole conosce bene la realtà in cui opera, sa bene,
quando compie scelte forti come queste, di farsi dei nemici, di
risultare impopolare e anche di condurre la propria carriera politica
su un binario morto. La legalità, infatti, è scomoda da recepire per un
contesto che ha navigato da sempre nell’illegalità, perché richiede
delle rinunce agli stessi cittadini che – a parole – dicono di voler
cambiare ma poi si mostrano ostili a certe scelte quando viene meno
l’assistenzialismo su cui erano adagiati, quando arriva l’ora di pagare
in prima persona. Ad Isola Capo Rizzuto le tasse non le paga quasi
nessuno, solo in pochi presentano la dichiarazione dei redditi, quasi
tutti hanno una casa abusiva al mare (anche perché il piano regolatore
è lo stesso dagli anni 70), ma tutti pretendono i servizi, motivo per
cui il Comune versa in un mare di debiti.

Ha ragione Carolina Girasole, allora, quando dice che
“spiegare il ruolo di un sindaco in un paese come il mio a chi viene
dal Nord non è semplice, perché qui cose che altrove vengono date per
scontate sono ancora un’utopia: dei diritti, dei ruoli, del rispetto
delle leggi si ha solo un’idea approssimativa perché la quotidianità si
svolge in un contesto culturale che è quello della mafiosità. Al di là
dei problemi quotidiani, della lotta ai poteri mafiosi, bisogna
combattere con una costumanza mafiosa che appartiene a quasi tutto il
paese e che porta ad esprimersi attraverso un atteggiamento arrogante
che va al di là del lecito. Al Comune – ha raccontato – la gente non
chiede, urla, pretende, c’è un’aggressività costante alimentata da
potenti che si atteggiano ad eroi e che strumentalizzano tutto, anche
la stessa solidarietà manifestata nei miei confronti”. Convinta di
questo l’amministrazione Girasole sta puntando sull’educazione dei più
giovani, promuovendo, con la collaborazione di “Libera” una serie di
progetti a sostegno della cultura della legalità nelle scuole del paese.

Carolina Girasole non si lascia intimidire nemmeno
dagli avvertimenti lanciati in vario modo: “La battaglia è appena
iniziata, questo modo di amministrare sta incrinando degli equilibri
che finora hanno spadroneggiato, sono cosciente che più forze si
uniranno per fermarci, per interrompere l’iter amministrativo che
abbiamo avviato. L’incendio alle auto ha inaugurato una fase in cui
sono passati dalle parole ai fatti. Hanno capito che le denigrazioni,
quelle intimidazioni date sotto forma di consigli e il fango buttato
sulla nostra moralità per confondere ed aizzare i cittadini contro di
noi non ci fermano”.

Il sindaco “privilegiato”. Intorno
a chi si spende con coraggio, infatti, si sta cercando di generare
isolamento: qualcuno in una nota firmata da un gruppo consiliare del
Pdl ha avuto anche il coraggio di scrivere che gli attentati
probabilmente sono stati solo una risposta ad un modo sbagliato di
amministrare.

L’accusa più assurda però le è stata mossa in occasione
dell’ultimo Consiglio comunale, dopo la grande manifestazione contro la
mafia seguita a quei vili attentati, che ha portato per le strade di
Isola Capo Rizzuto manifestanti provenienti da tutta Italia, insieme a
giovani e anziani di tutta la provincia. Secondo l’opposizione infatti,
il sindaco con le sue denunce e con la sua manifestazione avrebbe
causato un calo dei flussi turistici, denigrando l’immagine del paese e
della sua gente solo per farsi pubblicità, nell’interesse esclusivo
della sua carriera politica.

“Il problema – commenta scoraggiata Carolina Girasole –
siamo noi che ci opponiamo agli attentati, all’omertà e alle
compiacenze, non i mafiosi; per tanta gente siamo rei di affossare
l’economia”, d’accordo, sotto banco, con le istituzioni.

La tensione e il dissenso, però, non sono rivolti solo
al sindaco, che il paese riconosce prima come donna e poi come
amministratrice. e quindi è anche il marito di Carolina Girasole ad
essere vittima di rimproveri e avvertimenti. Titolare di un’attività
commerciale, sta perdendo molti clienti, i quali non vedono di buon
occhio le scelte amministrative della moglie e pensano che i problemi
in certi contesti debbano essere affrontati tra uomini.

Carolina Girasole, nonostante tutto, promette di
andare avanti, senza dimenticare quelle promesse e quei presupposti per
i quali i suoi concittadini le hanno manifestato fiducia in sede
elettorale. “Non scappo – ha ripetuto più volte – resto al mio posto
fin quando resisto. Sono credente e sto vivendo quest’esperienza, che
sta costando la serenità alla mia famiglia, che mi toglie il sonno la
notte e che mi costringe a vivere con i carabinieri che seguono ogni
mio passo, come un atto di fede. Sono però consapevole che mio padre
aveva ragione”.

Eppure c’è stato un momento in cui Carolina Girasole una grande
soddisfazione l’ha avuta: il giorno della manifestazione indetta dalla
sua amministrazione per la legalità. Hanno presenziato tanti cittadini,
e i più anziani raccontavano ai giornalisti giunti da tutta Italia la
sottomissione subita per una vita, il dolore per l’emigrazione di figli
e nipoti e la speranza ora deposta in questo sindaco, che definiscono “na fimmina sperta, nu lignu tostu”.
Il passato a fianco del futuro, rappresentato dalla figlia sedicenne
della Girasole, che l’ha aspettata davanti all’uscio del Municipio
prima che si mettesse in testa al corteo. Avere avuto la prova, anche
solo per un giorno, che le energie mortificate di chi rappresenta il
passato e quelle più fresche di chi incarna il futuro possono marciare
insieme secondo Carolina Girasole basta a ritenere che su Isola Capo
Rizzuto la partita sia ancora tutta da giocare.

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