Strani incendi dolosi in provincia di Trapani
Il fuoco doloso insegue nel trapanese le iniziative di Libera. E’ successo alcuni giorni addietro a Castelvetrano, con un uliveto distrutto da un rogo, è successo sabato pomeriggio a Calatafimi dove a bruciare è stato un parco urbano di proprietà comunale e che presto avrebbe dovuto avere imposto il nome di “Peppino Impastato”, il coraggioso giornalista di Cinisi ammazzato per avere sfidato la mafia di don Badalamenti. Incendi dolosi che non hanno alcuna firma, manca quella dei piromani, non c’è nemmeno quella della eventuale vendetta mafiosa, ma è cosa nota che quando Cosa Nostra ed i suoi uomini vogliono fare le cose per bene, hanno grandi capacità a restare non visti, è capace a lasciare in giro gli elementi giusti per intendere, così che chi abbia da capire, capisca l’antifona, d’altra parte in questa maniera la mafia per decenni ha “governato” in Sicilia.
La cronaca intanto consegna che i due terzi di un ampio parco pubblico, a ridosso delle scuole medie del paese di Calatafimi, ricco di vegetazione e alberi mediterranei, sabato attorno alle 15 sono stati inghiottiti da un fuoco di chiara origine dolosa. Il resto del parco si è salvato grazie ad una piccola stradina che ha fatto da “tagliafuoco”. Le fiamme sono state più leste dell’iniziativa pubblica, il Comune già da oggi avrebbe dovuto mettere all’opera una squadra di operai per ripulire il parco dalle sterpaglie, i piromani sono arrivati prima. “La proposta di dedicare il parco urbano a Peppino Impastato – dice Vito D’Angelo responsabile del presidio calatafimese di Libera – risale allo scorso giugno in occasione di un incontro con don Luigi Ciotti. All’amministrazione comunale allora abbiamo fatto presente le condizioni dell’area, abbandonata, e la nostra idea, sistemarlo e far si di dedicarlo al giornalista di Cinisi, una sorta di adozione pubblica del parco, debbo dire incontrò il favore dell’amministrazione”. Don Ciotti a Calatafimi era venuto lo scorso giugno ad incontrare i ragazzi che lo scorso 15 novembre erano andati incontro al boss palermitano appena catturato dalla Polizia, Mimmo Raccuglia, per gridargli in faccia il loro sdegno del suo essere mafioso e salutarlo gridando scemo, rompendo il silenzio di un tempo.
C’era già una data per dedicare il parco urbano a Peppino Impastato, ed era proprio quella del 15 novembre, “per ricordare la rivolta contro la mafia di quei ragazzi”. E invece? C’è il fuoco che mette tutto in discussione, per caso o per scelta precisa. “Togliere le sterpaglie – dice D’Angelo – era stato difficile farlo da parte del Comune che come tutti gli altri si dibatte nella crisi, ma infine assieme avevamo trovato la soluzione, l’amministrazione non si è tirata certo indietro, avremmo anche profittato della presenza di alcuni giovani che saranno da domani ospiti di Libera per creare delle squadre apposta per ripulire il parco assieme agli operatori comunali. Davvero si era contenti di fare qualcosa di bello e utile, davanti a quelle fiamme sabato pomeriggio abbiamo pianto”.
Come era successo a Castelvetrano dove il fuoco che ha distrutto un appezzamento confiscato alla mafia ha attraversato con millesima precisione questo terreno senza travalicare i confini, i terreni affianco sono rimasti intatti, e in quell’uliveto avrebbe dovuto insediarsi una cooperativa per farlo tornare in produttività, ma le fiamme sono arrivate lì ancora prima che il bando potesse essere pubblicato. C’entra il caso, il caldo, l’autocombustione, la follia dei piromani? A Calatafimi e a Castelvetrano pochi ci credono tra gli attivisti di Libera, e per questo riconoscono che la battaglia per la legalità ha ancora una lunga strada da percorrere e lungo questa strada ci sarà ancora qualche fuoco da dovere spegnere. Si spera pochi, non molti. Che a bruciare sia semmai la mafia ed i suoi capi, a cominciare dal latitante Matteo Messina Denaro che un tempo a Calatafimi venne a nascondersi nella sacrestia di una chiesa.
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