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Impunità, narcotraffico e terrorismo

Di Cynthia Rodríguez* il . Internazionale, L'analisi

Quanto è grande l’impunità in Messico? Non so se in realtà esista una misura per saperlo. Quello che so è che se prima già gli stessi eventi negativi non ci sorprendevano, qualcosa è poi successo o qualcosa è sopravvenuto tanto che la società messicana ha cominciato a essere parte di azioni contro la violenza incommensurabile che si vive da poco più di tre anni a questa parte. Con un totale di circa venticinque mila deceduti per morte violenta in tre anni non si può più parlare di fatti occasionali, dato il numero esagerato.

In questo periodo, che coincide fra l’altro con il cambio di governo nel mio Paese, dove io non vivo più in modo stabile, è stato possibile comprendere come la qualità della vita si sia abbassata ogni giorno. L’ultima volta che sono stata in Messico è stato sei mesi fa, e ricordo che non c’era riunione o incontro anche tra semplici amici nel quale non si parlasse di questi problemi, della mancanza di sicurezza, del problema occupazionale, delle rapine, degli abusi e ovviamente della morte.La cosa più triste è stata che veramente in poco tempo si è passati dal parlare di notizie che solo si ascoltavano nei programmi televisivi o radiofonici a notizie che invece colpiscono persone vicine, cosa che ti possono succedere in prima persona: “mi hanno rapinato la settimana scorsa”, “hai saputo che hanno ucciso allo zio di …”, “ero appena uscito di casa quando mi hanno minacciato con una pistola”…, “i miei cugini li hanno sequestrati tre giorni fa …”.

Le storie di terrore hanno finito di essere leggenda per convertirsi in una cruda realtà in un Paese, che, anche se mi fa male dirlo, sembra di non avere direzione; non trovo altri motivi per spiegare come mai siamo arrivati a questo punto. Lo scorso lunedì mattina, molto presto, ho letto una notizia che, devo confessare, mi ha provocato forte repulsione per quanto sembrava inverosimile. Nel commentarla faccio anche riferimento a un’altra notizia che ha fatto il giro del mondo e che è emersa la settimana scorsa, quando nella città di Torreòn un gruppo di sicari aveva ucciso 17 persone che si trovavano ad una festa, la maggioranza delle quali erano giovani. Purtroppo non è stata la prima notizia di questo tipo per il Messico.

La morte dei giovani in tante città del Paese per la criminalità organizzata è  frequente. Quello di Torreòn ebbe però una particolarità, di cui ci siamo resi conto dalle notizie di quel lunedì: i sicari che avevano ucciso i giovani in quella città erano in realtà detenuti in un carcere di un’altra città dello Stato di Durango e sarebbe stata la direttrice di questo carcere a lasciarli uscire di notte per uccidere delle persone. Il ministero della giustizia e il ministero dell’interno messicani hanno rivelato che un commando di prigionieri del carcere di Gomez Palacio (Durango) usciva di notte a bordo di autovetture ufficiali con delle armi delle guardie penitenziarie per farsi giustizia da sé.“La più recente strage l’avrebbero compiuta domenica scorsa nella Quinta Italia Inn, a Torreòn, dove hanno ucciso 17 persone”, ha pubblicato il quotidiano Reforma quel lunedì.Io non so come si possa sentire chiunque legga questo articolo, i messicani sono oramai ben abituati negli ultimi tempi alle cattive notizie. Questo episodio, per la sua assurdità, ha rappresentato un colpo basso, come qualcosa che è andata oltre ogni limite di immaginazione.  Un colpo di scena, come si direbbe da queste parti.“I delinquenti si facevano giustizia come parte di una vendetta contro gli appartenenti dei membri di bande rivali che avevano a che fare con la delinquenza organizzata”, ha detto il ministro dell’Interno, Francisco Blake Mora. “I prigionieri uscivano del carcere con l’autorizzazione della direttrice, Margarita Rojas e Purtroppo, durante queste azioni, i delinquenti hanno ucciso vilmente dei civili innocenti per poi tornare nelle loro celle”.

 Ma, le brutte notizie non si fermano. Lo stesso lunedì, nel pomeriggio, in quello steso carcere sono stati sequestrati quattro giornalisti che stavano per fare un servizio sulle manifestazione in favore di quella direttrice. Ormai, è trascorsa una settimana e dei quattro giornalisti, i sequestratori, ne hanno liberato prima uno in cambio della richiesta al quotidiano dove questi lavora (gruppo “Milenio”) di trasmettere un video in favore del gruppo dei narcotrafficanti, come poi è avvenuto. Altri due giornalisti sono stati liberati sabato sera a seguito di una operazione di polizia mentre, al momento, non si hanno notizie dell’ultimo giornalista sequestrato. La verità è che il Messico continua a vivere senza speranza e con il Paese, milioni di messicani non sanno ancora a chi rivolgersi per chiedere giustizia.

*giornalista messicana free lance. Nel
2009 ha pubblicato il suo primo libro: “Contacto en Italia, el
pacto entre la ‘Ndrangheta y Los Zetas”.

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