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L’antimafia di Berlusconi

Di Gaetano Liardo il . Istituzioni

Il premier
Silvio Berlusconi non fa mancare il suo plauso agli organi inquirenti
per i risultati ottenuti ieri nel corso dell’operazione “Pettirosso”,
che ha permesso di smantellare la rete di protezione e supporto logistico
alla famiglia Bellocco di Rosarno. «Desidero esprimere a nome mio personale
e del governo – si legge in una nota diramata da Palazzo Chigi –
viva soddisfazione per l’operazione “Pettirosso” con cui i carabinieri
e la procura antimafia di Reggio Calabria hanno smantellato a Rosarno
una cosca criminale tra le più pericolose della ‘ndrangheta».

Dichiarazioni
a ruota libera sull’azione antimafia dell’esecutivo: «i grandi risultati
fin qui ottenuti – si legge nella nota – senza precedenti nella
storia d’Italia, dimostrano che la legalità e la sicurezza sono la
stella polare della nostra azione». Come se non bastasse il premier
aggiunge che il risultato raggiunto nel corso dell’operazione è : «un’altra
conferma della validità e dell’efficacia delle norme varate dal governo
per contrastare il crimine organizzato».  

Stupefacente
presa di posizione da parte di Berlusconi, verrebbe quasi da dire. Stupefacente
perchè proprio in questi giorni il partito del premier sta dibattendo,
anche violentemente, sulla necessità di “processare” Fabio Granata,
vice – presidente della Commissione Antimafia reo di aver chiesto
chiarezza e trasparenza all’interno del Pdl, facendo pulizia di indagati,
corrotti e collusi. Il braccio destro e stretto collaboratore di Berlusconi,
il senatore Dell’Utri sbandiera ai quattro venti la sua stima per Vittorio
Mangano, stalliere ad Arcore nell’abitazione del premier e di professione
mafioso. Mangano è considerato un “eroe” perchè “non ha parlato”.
Il senatore Dell’Utri, recentemente condannato anche in secondo grado
per associazione mafiosa, avrebbe, inoltre, intrattenuto  rapporti
con noti boss della ‘ndrangheta calabrese. Per non parlare, inoltre,
dei processi in corso in numerose procure sulla stagione delle stragi
e sulla trattativa stato – mafia per bloccarle.  

Nicola Cosentino,
ex – sottosegretario all’economia, ha in pendenza la richiesta
di arresto da parte della Procura partenopea per associazione mafiosa
in base alle dichiarazioni, ritenute attendibili, di numerosi pentiti.
Cosentino, originario di Casal di Principe, nonostante le dimissioni
resta coordinatore del Pdl in Campania e parlamentare. I guai giudiziari
di Nicola ‘O Americano si complicano con la vicenda del dossier “Caldoro”
e delle inchieste sulla cosiddetta P3.

 

Sulla P3 entrano
in scena, oltre ai soliti Dell’Utri e Cosentino, altri esponenti del
Pdl. Denis Verdini, coordinatore del partito di maggioranza, il governatore
della Sardegna Ugo Cappellacci e quello della Lombardia Roberto Formigoni,
oltre al noto faccendiere Flavio Carboni, e una ridda di magistrati
e personaggi “influenti”. 

Con un parterre
del genere, la validità delle norme volute dal governo per contrastare
le mafie è quantomeno discutibile. A titolo esemplificativo elenchiamo
alcune delle norme antimafia volute dal governo Berlusconi. La norma
per la vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata, parzialmente
rientrata dopo le proteste della società civile culminate con l’istituzione
dell’Agenzia nazionale sui beni confiscati. L’introduzione dello scudo
fiscale per far rientrare in Italia i capitali esportati illecitamente,
con la garanzia dell’anonimato. Il ddl Alfano sulle intercettazioni,
meglio conosciuto come legge Bavaglio, che, se introdotto, limiterebbe
la capacità investigativa di magistrati e forze dell’ordine e nel contempo
“silenzierebbe” la stampa italiana.  

Quindi, i grandi
risultati ottenuti con l’operazione “Pettirosso” sono stati
raggiunti nonostante le norme introdotte dal governo Berlusconi. I 67
terreni agricoli confiscati e i 13 fabbricati, per un valore di 10 milioni
di euro, rischierebbero di essere posti all’asta se non destinati nel
termine massimo di 180 giorni, e la rete di protezione dei boss Bellocco
non sarebbe stata smantellata, perchè senza le intercettazioni, ambientali
e telefoniche, i magistrati e i carabinieri avrebbero avuto numerose
difficoltà di “penetrare” l’ambiente criminale.  

Siamo sicuri,
quindi, che la legalità sia effettivamente la stella polare dell’agire
di Berlusconi?   

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