Mafia: operazione ‘Paesan blues’, altri sette arresti
Dando seguito all’operazione “Paesan Blues” dello scorso 10 marzo,
che aveva portato in carcere 21 persone, la squadra mobile di Palermo
ha eseguito il 22 luglio – ma la notizia è stata diffusa il 24 luglio –
altre 7 ordinanze di custodia cautelare. I destinatari dei
provvedimenti sono Gioacchino e Gianpaolo Corso, di 43 e 37 anni;
Giovanni Lo Verde, 70 anni; Ignazio Traina, di 49; Mario Taormina, 46
anni; Francesco Guercio, 32 anni e Gregorio Di Giovanni, 48 anni, tutti
esponenti delle famiglie mafiose di Santa Maria di Gesù e Porta Nuova,
ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione
mafiosa ed estorsione aggravata.
L’operazione “Paesan Blues”, condotta dallo Sco e dall’Fbi, aveva
consentito di smantellare i collegamenti tra mafia siciliana e Cosa
nostra americana. Sulla scorta di nuove prove sono stati colpiti da
ordinanza di custodia Traina, Taormina e Di Giovanni, non ancora
raggiunti da provvedimenti restrittivi nelle precedenti fasi delle
indagini, e sono state emesse nuove ordinanze a carico di quattro
persone già destinatarie del provvedimento dello scorso marzo.
Le nuove risultanze provengono da intercettazioni ambientali e
telefoniche, dalle dichiarazioni, riscontrate, dei collaboratori di
giustizia Giuseppe Di Maio, Manuel Pasta e Andrea Bonaccorso e dalle
denunce rese dalle vittime delle richieste estorsive. Gli investigatori
hanno accertato che Gioacchino Corso godeva di grande considerazione da
parte di Pippo Provenzano ed esercitava influenza sia su Giuseppe Liga
che su Andrea Quatrosi, tutti personaggi dei quali è già emerso, in
altre indagini, il ruolo nelle famiglie della zona occidentale di
Palermo.
E’ emerso che Gioacchino Corso avrebbe fatto da autista a Totò Riina
durante la sua latitanza. Le indagini hanno accertato l’attualità delle
cerimonie di affiliazione a Cosa nostra – l’ultima nota si tenne in una
palestra di Borgo Ulivia nel maggio 2009 – con il noto simbolismo di
santine e “punciute” e l’ostinato tentativo di ripristinare, almeno
formalmente, le gerarchie interne alle famiglie. Infine, si è
riscontrata la centralità della pratica delle estorsioni quale
strumento del potere mafioso ed essenza stessa dell’organizzazione.
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