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Sistemi criminali

Di Norma Ferrara il . Interviste e persone

Sapevano, nel senso
pasoliniano dell’espressione, già da quel 12 luglio che in via D’Amelio 
non c’era solo Cosa nostra. Sapevano da subito ma non avevano le prove.
Così in occasione del 18° anniversario della strage di Via D’Amelio,
l’attuale procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, ha commentato
il nuovo scenario emerso dall’estate scorsa intorno alle indagini
sulla strage Borsellino e sui “sistemi criminali” deviati che si
sono messi in moto in questi anni impedendo di  portare avanti
pezzi di verità e fare giustizia. Durante il dibattito
“quanto sono “deviati” gli apparati dello Stato?
promosso
da Antimafia duemila il 18 luglio scorso a Palermo, sono intervenuti
fra gli altri,  i colleghi Antonino Di Matteo, Roberto Scarpinato,
i giornalisti Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco (Fatto quotidiano) moderati
dalla giornalista Anna Petrozzi.

Il procuratore aggiunto di Palermo,
Antonio Ingroia, nel suo intervento ricostruisce passo dopo passo i
progressi fatti in questi diciotto anni e le anomalie riscontrate non
solo in queste inchieste sulle stragi ma anche in tante altre e sottolinea
il ripetersi di episodi, depistaggi, silenzi, sempre ad un passo dalla
verità. Sapevano, avevano intuito, ma non avevano le prove. E poi un’inchiesta,
archiviata a Palermo, “Sistemi criminali” che aveva messo insieme
un’analisi che incrociava il piano nazionale e il ruolo di Cosa nostra
con “entità esterne” che avevano contribuito alla stagione delle
stragi e da sempre interferito con i piani criminali nazionali che hanno
avvolto in una nube di fumo, il passaggio dalla prima alla Seconda Repubblica,
e oggi forse alla Terza.

“La circostanza più importante di questo
ultimo anno – dichiara Ingroia nel suo intervento – è che quelle che
erano convinzioni maturate in quei giorni trasformatesi in indizi ed
elementi trasfuse in quell’indagine che noi abbiamo chiamato “Sistema
criminale” stanno diventando una certezza investigativa”. All’epoca
ci dissero che eravamo magistrati visionari, commenta Ingroia, da subito
noi “cominciammo ad avere la sensazione che quella stagione delle
stragi fosse una storia unica, con vari capitoli al suo interno, gestita
non soltanto da Cosa nostra ma anche da un Sistema criminale integrato
del quale facevano parte varie componenti, compresa Cosa nostra, come
struttura militare”. Dopo Spatuzza che ha rivelato come fossero false
le dichiarazioni di Scarantino è arrivata la svolta nelle indagini,
dopo diciotto anni in cui è stata raccontata in tre gradi di giudizio
un’altra verità. 

“Una cosa è certa – afferma Ingroia 
– non è certo per coprire Spatuzza che uomini dello Stato possono aver
depistato quelle indagini. Non credo che da queste nuove indagini verrà
fuori soltanto il rovesciamento della verità giudiziaria che si era
consacrata, anche sulle deposizioni di Scarantino, ma credo si possa
costruire una verità giudiziaria più completa, su tutta quella stagione”.
“L’indagine “Sistemi criminali” – continua Ingroia – è nata
dal fatto che tutti ci siamo resi conto che rispetto alla nostra stessa
prima lettura di quella stagione, ci fossero più sistemi criminali
che agivano in concorrenza e talvolta in contrapposizione fra loro.
C’erano coloro che combattevano con lo Stato a suon di bombe e coloro
che cercavano il dialogo. La realtà della trattativa si è palesata
e in sentenze definitive.

Quello che è emerso è che la stagione delle
stragi non è stata la conseguenza di una mafia che “è impazzita
e ha alzato il tiro”ma piuttosto causata dalla rottura di alcuni patti
fra pezzi dello Stato e pezzi del ceto violento, criminale, mafioso,
della società. “E’per ricostruire un nuovo patto – continua Ingroia
– che scesero in campo diversi partiti, che trasversalmente hanno attraversato
il mondo della mafia e il mondo dei complici della mafia: quello degli
Stragist
i e quello dei Trattativisti

La storia di
quegli anni è la storia del confronto, anche violento, fra questi due
partiti nel quale poi, almeno dal punto di vista di Cosa nostra, il
partito degli Stragisti ha finito per avere torto, tanto che
i boss sono stati in buona parte arrestati, e la mafia è rimasta nelle
mani dei Trattativisti, tanto che Bernardo Provenzano l’ha
guidata sino alla suo arresto, avvenuto quando era un boss in declino.
Oggi  su questi fatti, secondo il magistrato, ci troviamo in quella
che possiamo definire “l’anticamera della verità” .

Una verità
difficile e che come si intuisce è pesante, ingombrante, compromettente
che un pezzo d’ Italia non vuole. Dipende da tutti noi riuscire ad
entrare in queste stanze che portano dall’anticamera della verità
alla verità. Quello che non dobbiamo trascurare è dunque che la verità,
specie se cosi delicata, ha bisogno di essere aiutata, per emergere.
Farla uscire è una conquista collettiva”. 

“Tanti passi abbiamo
fatto – afferma Ingroia – ma tanti altri ce ne sono da fare. In 
passato, in altri momenti simili a questi, alcune porte sono state chiuse
a chiave e sono rimaste serrate per anni. Questo è accaduto, ad esempio,
negli anni in cui ha preso il via l’indagine “Sistemi criminali”
o quella di via dei Gergofili”. Poi possono arrivare dall’esterno
molti provvedimenti capaci di influenzare e limitare i progressi fatti.
Il magistrato torna con la mente a quell’inizio di millennio, il 2000,
che si aprì con una legge sui collaboratori di giustizia, che costituì
il paletto che impedì di accedere dall’anticamera della verità alla
verità, scoraggiando le collaborazioni e impedendo di fatto che pentiti
di grosso calibro dessero la loro disponibilità a parlare e iniziare
un percorso di collaborazione con lo Stato (Spatuzza, infatti, è il
primo dopo molti anni di significativi silenzi).

Oggi c’è il pericolo
che dinamiche di questo tipo si ripetano. Basti pensare al  ddl
intercettazioni che rischia di avere lo stesso effetto di quella che
di fatto fu, con dieci anni d’anticipo, una vera e propria “ legge
bavaglio” per le indagini sulla criminalità organizzata e le sue
connessioni  con politica ed economia. “ La legge sui collaboratori
– commenta – ebbe l’effetto di frenare drasticamente le collaborazioni
proprio quando i pentiti avevano preso coraggio e avevano cominciato
a  parlare di argomenti tabù”. Fra ddl intercettazioni e Bavaglio
ai pentiti, l’intervento tocca inevitabilmente il tema della mancato
riconoscimento della protezione come collaboratore di giustizia a Gaspare
Spatuzza.

Su questo caso Ingroia ribadisce, come già affermato in altri
dibattiti: “è il collaboratore più importante emerso negli ultimi
anni, post legge, ma una Commissione del Governo presieduto da Silvio
Berlusconi, ha negato la protezione. Non dico che questo provvedimento
voglia tappare la bocca a Spatuzza, o ad altri collaboratori di giustizia
che volessero parlare di via D’Amelio, della trattativa, o di mafia
e politica, né che vuole costituire un segnale per altri mafiosi che
stanno valutando se pentirsi e collaborare e fare alcuni nomi; 
io non dico tutto questo. Dico che il rischio è che quanto meno venga
interpretato in questo modo. Mi pare difficile che Spatuzza o altri,
non l’abbiano colta come una “sanzione”. Io sono convinto che
non è stato fatto per questo; se siamo tutti dalla stessa parte, tutti
vogliamo la verità qualsiasi essa sia c’è qualcosa che in questo
provvedimento non funziona. Perché – fa notare Ingroia  – o
il provvedimento è sbagliato oppure questo provvedimento ha degli effetti
sbagliati ma è un provvedimento giusto. L’inevitabile conseguenza
della legge sui collaboratori di giustizia (di cui parlavamo sopra,
ndr) ha portato a questo provvedimento. Se cosi fosse il Governo ha
una maggioranza cosi ampia che può investire in un progetto di riforma
di questa legge, che è stata un bavaglio per i collaboratori di giustizia”.
Infine, ottimista sul proseguo delle inchieste in corso, Ingroia, lascia
un messaggio importante alla società civile, sottolineando quanto centrale
sia il loro ruolo affinché anche questi ultimi passi in avanti delle
inchieste sulle stragi non finiscano nell’oblio e nel silenzio, come
già accaduto.

Testimone e protagonista di un epoca in cui è già accaduto,
anche questo, Ingroia dichiara: “mobilitiamoci tutti e non smettiamo
di farlo. Non sappiamo quando ci sarà nuovamente un momento cosi, un’occasione
per fare luce su queste vicende. Siamo in una congiuntura favorevole,
se pensiamo che persino la Commissione antimafia che per diciotto anni
non aveva approfondito l’argomento, ha aperto una sezione proprio
sul periodo stragista di Cosa nostra. Tocca a tutti noi come cittadini
tenere alta l’attenzione e fare si che l’ anno prossimo potremo
fare un bilancio ancora più positivo di quello appena trascorso”.
Diciotto anni non sono passati invano.

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