Palermo 18 anni dopo
E’ la solita
storia, da sempre. Fai dieci passi in avanti, dei cento totali da compiere,
e ti incancrenisci sui novanta che ti mancano. Corri e ti affatichi
con la testa rivolta al percorso e non ti fermi mai a guardare la strada
che hai lasciato dietro. Se soltanto ti fermassi a godere (umilmente)
dei solchi che hai lasciato nel terreno ti accorgeresti di ciò che
hai fatto e programmeresti con ancora più energia il futuro che stai
costruendo con gran fatica. Invece no. Questa città fa fatica
ad andare avanti. Palermo, che molti vogliono immutabile, che troppi
sottovalutano e che amano dipingere come la terra del Gattopardo che
ha partorito la mafia (dimenticandosi che accanto ai Graviano o a Spatuzza
sono nati Peppino Impastato e Padre Puglisi solo per citarne alcuni)
sembrerebbe stanca, distratta e poco partecipe. Se non addirittura vilmente
rassegnata alla presenza della mafia e del malaffare istituzionalizzato.
Palermo 18
anni dopo, ricordando la strage di Via D’Amelio, si è svegliata
carica di responsabilità. C’era da mettere insieme i pezzi di un puzzle
difficilissimo da comporre. I successi di una manifestazione ormai lontana
cronologicamente che aveva visto le strade della città inondate dei
ragazzi delle Navi della Legalità del 23 Maggio in ricordo della mattanza
di Capaci, il risultato del duro lavoro dei giovani di Addio Pizzo che
avevano colorato – anche quest’anno – per la 5^ volta se non erro nei
quartieri “bene” dei “colletti bianchi” con la Fiera del Consumo
Critico contro il racket. C’era da spronare le tante sacche di resistenza
che si organizzano quotidianamente contro il malgoverno di questa città.
C’era forse la necessità di scomodare, udite udite, la “Santuzza”
Rosalia per la quale non era stata organizzato un “Fistinu” come
se lo aspettavano buona parte dei suoi fedeli.
Palermo si
svegliava all’alba di quella “strage matura” carica di interrogativi,
di buone speranze, di voglia di cambiamento. Come sempre, da un po’
di anni a questa parte. Tante le iniziative in programma che i
“giornalisti giornalisti” – come avrebbe detto il compianto Siani
– si sono sforzati di attenzione in ricordo del vile omicidio: seminari,
dibattiti, concerti, manifestazioni sportive, presidii, marce. Tre giorni
di autentico fervore “antimafia”. E poi… come un fulmine al cielo
sereno. Cosa esce fuori in alcuni giornali? Che le statue poste a due
passi dalla centralissima Piazza Politeama raffiguranti i due cittadini
Falcone e Borsellino erano state divelte in pieno giorno dai soliti
“mafiosi” che non aspettano altro, in pieno giorno, di distruggere
ed imbrattare la memoria. Che la marcia della domenica mattina verso
Castel Utveggio del “Popolo delle Agende Rosse” con a capo Salvatore
Borsellino era stata poco popolata. Soltanto questo… e poco più.
Giusto denunciare questi tristi accadimenti. Figuriamoci il contrario.
Ma tutto il resto? I presidii dei giovani delle comunità migranti e
degli asili interculturali dello Zen e di Ballarò in Via D’Amelio?
E la gente fuori dai Cinema desiderosa di ascoltare il contributo di
Ingroia e degli altri magistrati? E l’opera instancabile volta ad evidenziare
i problemi di sempre di Muovi Palermo ed Altra Storia? E le tante presenze,
ancora una volta, di AddioPizzo e delle altre associazioni di volontariato?
Per non parlare di noi, di Libera impegnata in “Libero Cinema in Libera
Terra” a Corleone e Monreale.
Non ci sto
a vedere dipinta Palermo stanca ed assonnata. Non ci sto affatto! Ogni
volta è così. Ci vogliono slegati gli “amici degli amici”. Ci
vogliono depressi e sempre pronti a piangersi addosso. Ci vogliono arresi
e con poco entusiasmo. Ed io non ci sto. Avranno detto che in Piazza
c’erano più torinesi che palermitani, più fiorentini e milanesi che
siciliani. Embè? La mafia non è forse un problema nazionale se non
internazionale? Avranno detto che c’è stato gente che ha macinato chilometri
e speso le proprie ferie ed i propri risparmi per partecipare alle iniziative
in programma. Ed allora? Non è forse un dovere di ogni cittadino italiano
onorare la memoria di coloro che hanno speso la propria vita e che sono
stati vilmente massacrati per mano mafiosa? O tocca soltanto a noi?
Io non ci sto
a vedere dipinta l’intera mia città come una città non partecipe e
per questo interamente “mafiosa”. Il successo delle manifestazioni
è anche il frutto di un impegno di 365 giorni l’anno. La partecipazione
– così ci hanno insegnato – si costruisce con umiltà, dando speranza,
spronando le migliori forze ed incanalando le energie di tutti quanti
si sporcano le mani ogni santissimo giorno. Si costruisce con la cultura
del noi e dell’accoglienza. Bisogna guardare al meglio, ne sono convinto.
Alle “minoranze profetiche” che si espongono e che lavorano presidiando
il territorio come gli ultimi dei mohicani. Queste forze ci sono ed
è poco intelligente fare i pignoli sui numeri. Non sono soltanto le
cifre a fare la differenza.
Se in questa
città l’ingiustizia è istituzionalizzata, se il welfare
legale ha ceduto il passo a quello paramafioso, se il disordine organizzato
dei quartieri è la prassi è anche colpa di un impegno mai completo
di tutte le forze chiamate a gestire la “cosa” pubblica: amministrazione,
forze politiche e sindacali, mondo dell’associazionismo, della cooperazione
e del volontariato. Forse è colpa anche del cosiddetto “movimento
antimafia” che appare ancora troppo spaccato, invidioso dei successi
altrui, litigioso, se non vanesio. Palermo 18 anni dopo si risveglia
quindi un po’ meno matura della strage che ha appena ricordato. Palermo
deve ricordarsi che sta partorendo l’antivirus a quel cancro criminale
che la caratterizza ancora in giro per il mondo. E deve dirlo a gran
voce. Palermo deve essere fiera del proprio impegno contro le mafie
e deve denunciare con ancora più forza le proprie manchevolezze. Guardando
ai successi dell’imprenditoria antiracket, alle tante forme di riuso
di beni confiscati, alle associazioni che nascono in ricordo delle vittime
e ai tanti progetti di educazione alla legalità nelle scuole Palermo
sembra matura per il salto.
Sta a noi decidere
se compierlo e sceglierne la direzione.
*coordinatore
regionale Libera Sicilia
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