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Mafia, colletti bianchi e massoneria

Di Cesare Piccitto il . Calabria, Lombardia

Le famiglie
più colpite sono quelle più importanti delle provincie di
Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, tra cui i Pelle di san Luca,
i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa
Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano dI Rosarno, glI Alvaro di
Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte dI Melito Porto Salvo. Tra
le persone fermate  su ordine della Dda del capoluogo dello Stretto,
figurerebbero diversi capi dei clan mafiosi di Reggio Calabria, della
locride e della piana di Gioia Tauro, tra i quali figura Domenico Oppedisano,
80 anni, considerato dagli investigatori l’attuale numero uno delle
cosche calabresi.Venivano assunte decisioni durante feste patronali
e matrimoni le decisioni riguardanti i vertici della ‘ndrangheta che
influenzavano le politiche imprenditoriali della Lombardia.  

Le indagini

L’inchiesta ha documentato, come in territorio lombardo sia avvenuta
una “mutazione genetica” della ‘ndrangheta, che ha portato al
passaggio dalle tradizionali manifestazioni dell’agire ‘ndranghetistico
(omicidi, sequestri di persona, grandi traffici di droga) a forme di
controllo di settori economici (il movimento terra, la concessione di
finanziamenti a soggetti in difficoltà) e di infiltrazioni nelle istituzioni
pubbliche, a livello locale. Il passaggio a questa nuova forma di “mafia
imprenditrice” è avvenuto a cavallo degli anni 2000; l’ultima manifestazione
della ‘ndrangheta “tradizionale” in Lombardia è rappresentato
dal sequestro in danno di Alessandra Sgarella. A questo proposito è
da osservare che in pieno sequestro, il 30 maggio 1998, si davano convegno
agli “orti” di Novate Milanese, ancora luogo di ritrovo degli affiliati
della locale di Bollate, inseriti oggi ne la “Lombardia”. Tra i
partecipanti al summit si è registrata la presenza di uno dei sequestratori,
che pochi giorni prima aveva formulato alla famiglia Sgarella la richiesta
di riscatto. Lo spaccato che emerge è quello di soggetti (spesso incensurati
e insospettabili) “a disposizione” degli altri affiliati, “lombardi”
o di provenienza calabrese, in una sorta di “mutuo soccorso”. Ciò
spiega l’impegno di tutti per dare assistenza ai latitanti, per raccogliere
soldi per le famiglie dei detenuti, per occultare le armi, per mettere
a disposizione le proprie conoscenze e competenze nell’interesse dell’organizzazione.
Tipico esempio è quello di Carlo Chiriaco che, in virtù del proprio
ruolo istituzionale (direttore dell’Asl di Pavia), assicurava l’assistenza
sanitaria, ma anche l’interessamento per investimenti immobiliari
e coltivava e sfruttava per i “fini comuni” i legami con gli esponenti
politici locali. Significativo in proposito un colloquio tra Giuseppe
Neri e Giorgio De Masi, esponente della “Provincia”, nel corso del
quale il primo propone al secondo il reimpiego di capitali, illeciti,
attraverso Chiriaco. Da alcune intercettazioni ambientali tra Neri e
Mandalari è emersa altresì l’appartenenza di alcuni affiliati a
logge massoniche coperte. Per la prima volta documentata, proprio mentre
era in corso di svolgimento, “la riunione” annuale cui prendono
parte i maggiori esponenti della ‘ndrangheta, in occasione della festa
della Madonna di Polsi, in Aspromonte, uno dei momenti più rilevanti
per tale associazione, che sancisce l’investitura delle cariche apicali,
definendo la composizione organica del vertice della ‘ndrangheta,
indicato alternativamente con l’espressione “Provincia” o “Crimine”:
sono stati così anche identificati i nuovi titolari di tali cariche.
È stato possibile registrare in diretta le complesse operazioni di
ratifica delle nuove cariche,in realtà già decise nei giorni precedenti,
il 19 agosto, ma formalizzate soltanto a Polsi con effetti dal mezzogiorno
del 2 settembre, che hanno ridisegnato gli attuali assetti della ‘ndrangheta.
Di lì a poco, il 31 ottobre 2009, questa volta in Lombardia, veniva
documentato, con una eccezionale videoripresa e intercettazione audio,
un summit nel corso del quale, i capi delle locali lombarde, all’unanimità,
eleggevano quale nuovo “Mastro generale” in Lombardia Pasquale Zappia.  

La metamorfosi

Le indagini hanno fatto emergere ulteriori elementi di indubbia novità:
l’esistenza della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso
unitario, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria
e articolata in tre mandamenti;  l’esistenza di un organo di
vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni
più importanti;  l’esistenza de “La Lombardia” e di una
“Camera di Controllo” deputata al raccordo tra strutture lombarde
e calabresi

Nove i locali
individuati a Toronto ed 1 a Thunder Bay, controllati dalla provincia
di Reggio Calabria, sui quali il locale di Siderno esercita una sorta
di coordinamento. La Provincia ha il compito di stabilire e mantenere
gli equilibri dell’intera organizzazione, autorizzare l’apertura
di nuovi locali, dirimere le controversie sorte all’interno dell’organizzazione,
stabilire nuove cariche e nomine, intervenire nei casi di situazioni
instabili.  Tale organismo sovraordinato, pur garantendo ai singoli
sodalizi ampi margini di autonomia, si assicura l’ordine gerarchico
attraverso i tradizionali gradi e ruoli dei diversi livelli dell’organizzazione,
emersi con chiarezza nel corso delle attività investigative unitamente
ai conseguenti riti di affiliazione, come documentato dalle immagini
della DDA di Reggio Calabria e di Milano. La “Provincia” controllava
la “Lombardia” propugnando la creazione di una “Camera di Controllo”
che traghettasse la struttura lombarda alla fase successiva.

L’uomo di
raccordo tra la Calabria e la Lombardia è stato individuato in Giuseppe
Neri. Sotto il profilo dell’infiltrazione nel tessuto economico si
sono potuti documentare una serie di incontri avvenuti presso l’abitazione
di Giuseppe Pelle, figlio del “Gambazza” e reggente dell’omonima
cosca, con Michele Oppedisano, emissario di Domenico Oppedisano, nonché
con Pasquale Varca e Francesco Ietto, titolari di imprese del nord Italia
attive nel settore edile. Dalle attività tecniche è emerso che le
riunioni erano finalizzate a dirimere controversie tra i due imprenditori
e Salvatore Strangio, nell’ambito delle ripartizioni di commesse di
lavoro da svolgere in Lombardia. In particolare, è emerso come quest’ultimo,
espressione dei “Gambazza”, gestisse per conto della ‘ndrangheta
l’infiltrazione di imprese calabresi nell’ambito dei lavori pubblici
e, in tale veste, operasse all’interno della “Perego Gereral Contractor
S.r.l.”, importante azienda milanese del settore. Gli ulteriori sviluppi
investigativi hanno poi permesso di documentare il condizionamento del
“Gruppo Perego” da parte di Salvatore Strangio e del coindagato
Andrea Pavoni, che hanno operato occultamente all’interno della struttura
aziendale per garantire la ripartizione degli appalti affidati al “Gruppo
Perego” a favore di numerose imprese controllate dai locali della
Lombardia, nonché per garantire queste ultime nella liquidazione di
pregressi crediti vantati nei confronti della stessa “Perego”. In
definitiva, le diverse attività investigative, complessivamente denominate
“Il Crimine”, opportunamente raccordate dalle DDA di Reggio Calabria
e Milano, hanno consentito di ricondurre ad un quadro unitario vicende
ed articolazioni solo apparentemente isolate. Dagli esiti delle attività
investigative, emerge infatti come la ‘ndrangheta, pur garantendo
l’autonomia dei singoli sodalizi nei rispettivi ambiti territoriali,
si sia evoluta verso modelli organizzativi più idonei al proseguimento
di interessi strategici comuni nell’infiltrazione del tessuto economico,
istituzionale, periferico e centrale, e nei tradizionali settori illeciti,
quali il traffico di armi, stupefacenti, le estorsioni e l’usura.

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