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Gli intoccabili al servizio dei boss

Di Gaetano Liardo il . Abruzzo

Cinquecento uomini della Gaurdia di Finanza, sei arresti per associazione mafiosa, 54 persone denunciate, 21 società e  118 beni immobili di varia natura per il valore di 100 milioni di euro sequestrati,  interessi in Campania, Lazio, Sadregna, Toscana e Abruzzo.  E’ questo il bilancio dell’operazione Untouchable del Gico del nucleo di polizia tributaria di Roma e coordinata dalla Dda di Napoli.  Indagini lunghe due anni che hanno portato allo smantellamento del braccio economico – imprenditoriale dei casertani. 
Gli “intoccabili” venivano definiti. Imprenditori che operavano nel casertano, ma che potevano contare anche su proiezioni in molte altre regioni italiane, sui quali i vertici dei clan dei casalesi facevano affidamento. Erano intoccabili, secondo le dichiarazioni di alcuni testimoni di giustizia, perché asserviti agli scopi del gruppo criminale.  Fungendo, infatti, come strumento per ripulire e reinvestire i proventi frutto delle attività illecite dei boss, infiltrandosi ed insinuandosi in realtà dove non erano presenti gli anticorpi necessari per contrastare l’invasione economica delle mafie. Il Lazio, quindi, ma anche la Toscana, e l’Abruzzo. Fiutando gli affari, poi ottenuti grazie alla “garanzia” ottenuta dall’organizzazione criminale. 
Gli Intoccabili, quindi, dagli anni ì90 hanno da un lato implementato la ricchezza dei casalesi, riciclandone il denaro sporco, e dall’altro consentito l’espansione oltre il casertano. Un’invasione “soft” realizzata con il controllo di settori sempre maggiori di fette importanti dell’economia legale. Gli Intoccabili, proprio grazie ai servizi resi ai casalesi non pagavano tangenti, ottenevano lavori sempre più importanti  nell’ambito di appalti pubblici, ricambiando i boss con maggiori proventi, offrendo posti di lavoro fittizi ad effettivi delle famiglie, nascondendo armi , cambiando loro assegni.
L’efficacia degli intoccabili viene fuori dalle intercettazioni, presenti nell’ordinanza, grazie alle quali le forze dell’ordine hanno monitorato, passo dopo passo, i tentativi dei casalesi di “investire” nella ricostruzione post-terremoto in Abruzzo. Intercettazioni che vedono protagonisti uno degli Intoccabili, l’imprenditore arrestato Michele Gallo  che manteneva stretti contatti con Antonio Cerasoli, denunciato ma non arrestato, ex presidente dell’Unione di Confcooperative de L’Aquila. Cerasoli, scrive il Gip Alessandro Buccino Grimaldi: «pur non essendo stabilmente inserito nella predetta compagine associativa, operava sistematicamente con gli associati». Gallo, invece, viene definito: «imprenditore strettamente collegato al clan dei Casalesi».
 I due la mattina del 7 aprile del 2009 vengono intercettati mentre discutono di “investimenti”. «Ma voi – dice Gallo – come siete situati? Riusciamo a fare i lavori o no?», «si, si, a farli si – risponde Cerasoli – si può fare anche per la zona di Ocre, è stata quella meno colpita». Alcuni giorni dopo, la Direzione nazionale antimafia mandava un pool per evitare infiltrazioni mafiose nella ricostruzione.  Intanto tra risate e appetiti numerosi personaggi, politici e faccendieri della cricca o intoccabili mafiosi, si apprestavano a banchettare sulle rovine de L’Aquila. 

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