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In via D’Amelio tutto l’anno

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Per una volta i numeri non contano. Contano le parole, le immagini, i fatti. Diciotto anni dopo la strage di via D’Amelio a Palermo, il luogo in cui qualcuno ha pensato di mettere fine alla speranza dei cittadini onesti  è stato presidiato da tanti giovani.  Sono arrivati da tutta Italia, quasi a difenderlo e  prendersene cura. Alcuni di loro nati dopo quel tragico 19 luglio del 1992 ma sono qui per portare il proprio abbraccio a Paolo Borsellino. Questo è quello che fa  la differenza sui numeri,  nel diciottesimo anniversario della morte del magistrato Paolo Borsellino e della sua scorta, Agostino Catalano. Emanuele Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Palermo ha ricordato quel magistrato che manca a questa generazione, manca alla Sicilia, manca a questo Paese che diciotto anni dopo, non ha neppure una verità giudiziaria  sulla sua morte, su quella strage voluta “non solo da Cosa nostra”. 
 Dal 17 al 19 luglio a Palermo nel nome di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si sono svolti dibattiti, cortei, proiezioni di film, e grazie al lavoro delle redazioni di 19luglio1992.com e Antimafiaduemila, anche chi non c’era, ha potuto seguire i momenti più importanti  attraverso dirette streaming.  Una presenza tutt’altro che solitaria quella del movimento delle Agende rosse.  La Palermo “responsabile” vive simbolicamente 365 giorni l’anno in via d’Amelio. Sono in via D’Amelio con il loro impegno quotidiano le associazioni culturali che lavorano nelle scuole, nei quartieri, con i giovani. Ci sono  le associazioni che si impegnano per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti  e dei palermitani. Stabilmente in  via D’Amelio vivono le associazioni sportive e culturali, quelle non solo “ contro le mafie” ma soprattutto per un’altra cultura alternativa a quella dei boss, a quella del racket e del pizzo. A Palermo si sono svolte in soli tre giorni molte iniziative, promosse da una rete di associazioni, da Un’altra storia, l’associazione coordinata da Rita Borsellino, la sorella del magistrato oggi eurodeputato, a Libera, ad Addiopizzo, all’Arci e tante altre.  Chi ha scritto, in assoluta buona fede,  che” erano in pochi a via d’Amelio” e ha fatto l’elenco di quelli che non c’erano, ha ragione, ma solo in parte. Basta sentirli il giorno dopo per capire che c’erano tutti, come sempre, come ogni anno.  Ci sono stati momenti in cui la partecipazione è stata ridotta (come la marcia verso castello Utveggio) e altri in cui invece la rete di società civile si è stretta intorno a quei giovani e ai familiari. 
Paolo Borsellino: una rivoluzione delle coscienze
In piazza Navona a Roma, nel luglio scorso, al grido di  “resistenza, resistenza, resistenza”  Salvatore Borsellino aveva annunciato, a qualche settimana dalla riapertura delle indagini su Capaci e via D’Amelio, la nascita di questo movimento. Una battaglia intrapresa in nome di quei silenzi, depistaggi, e complicità che avevano ostacolato il raggiungimento della verità su questa strage (che nell’iniziativa di quest’anno, non esitano a chiamare “Strage di Stato”). Una lunga marcia sotto il sole rovente ha portato domenica mattina tanti giovani al Castello Utveggio, luogo da cui, secondo alcune risultanze investigative,  sarebbe partito l’ordine di far esplodere l’autobomba in via d’Amelio all’arrivo del magistrato e della sua scorta quel pomeriggio del 1992. Secondo l’ex consulente della procura di Palermo, Gioacchino Genchi, sul promontorio avrebbe trovato spazio una base dei servizi segreti, smantellata dopo l’attentato Borsellino.  Nel pomeriggio di ieri, in via d’Amelio, i giovani hanno letto brevi pensieri scritti per l’anniversario, hanno espresso attraverso vari linguaggi se stessi, le loro paure, il loro disagio verso l’attuale classe politica. Arrabbiati e raccolti  intorno ad un unico simbolo, l’Agenda rossa,  appartenuta a Borsellino e misteriosamente sparita il giorno dell’eccidio, diventata il simbolo della ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio. Ad oggi le ultime riflessioni, le informazioni utili a capire chi abbia voluto la morte di Paolo Borsellino, sono custodite anche in questo documento “smarrito” come tanti altri, che sono diventati gli “omissis” di una storia d’Italia che non riusciamo a scrivere. Proprio ieri pomeriggio Borsellino, rivolgendosi ai giovani presenti, ha detto: “oggi vorrei sostituire la parola “resistenza” con “rivoluzione”. “E’ una rivoluzione delle coscienze quella che dobbiamo portare avanti”. Anche quest’anno i politici in via D’Amelio non ci sono stati. Da due anni Salvatore ripete”non vengano sciacalli a commemorare Paolo” .  
Rita Borsellino:  continuare ad avere voglia di futuro

Lontani da via D’Amelio i politici, dicevamo. “Che istituzioni sono quelle che hanno paura del popolo che devono governare – dichiara Rita Borsellino, sorella del magistrato, eurodeputato. Parlando con i giovani confessa loro: “ quando Paolo è morto, la prima reazione è stata quella di andare via da questa strada. Qui non ci volevo stare, volevo scappare. Ma quando ho visto i tanti giovani che invece si sono recati qui sono rimasta.  Loro –  continua Rita –  avevano capito prima di me che questo posto andava custodito e così è stato. “Non ci lasciamo schiacciare – conclude Rita – continuiamo ad avere voglia di futuro, la stessa che aveva Paolo che con il suo sorriso ci ha insegnato che si prosegue anche dopo la morte, nonostante la morte. Abbiamo l’obbligo di continuare a sorridere con quel sorriso che fa paura a chi vive nella menzogna”. Rispondere all’aggressione di una certa parte della politica, all’indifferenza di una certa parte della società, a tanti fatti che sembrano gettare ombre sulle istituzioni che dovrebbero rappresentarci, con il sorriso. Usare le armi della parola e dell’ottimismo per riprendersi un futuro che appartiene solo a loro “abbiamo l’obbligo di continuare a sorridere.  Con questo messaggio Rita Borsellino accompagna i ragazzi verso il corteo che segue al minuto di silenzio che alle 16:58 ricorda l’esplosione.  Al grido “Fuori la mafia dallo Stato” e con le Agende Rosse alzate verso il cielo il corteo di circa cinquecento persone partito da via D’Amelio ha raggiunto l’Albero Falcone in via Notarbartolo. Una gigantesca bandiera italiana precede la lunga fila di persone che unisce nel ricordo delle stragi anche il magistrato Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia due mesi prima di Borsellino. 
“Mangano non è un eroe”

Da Palermo a Milano, alcuni rappresentati dello Stato sono stati contestati da gruppi di giovani, di varie realtà, che hanno espresso il loro dissenso a quella presenza. A Palermo, all’arrivo di Gianfranco Fini, molti fischi sono stati indirizzati al Presidente della Camera: si era diffusa la notizia che ad accompagnarlo era giunto il Presidente del  Senato, Renato Schifani. Risolto l’equivoco per il presidente Fini applausi e qualche domanda d’obbligo. “I nostri eroi sono loro, Falcone e Borsellino, non Mangano urlano” e il presidente risponde: “Mangano non è un eroe” – è un cittadino italiano condannato per mafia. I veri eroi sono i servitori dello Stato che per questo Stato danno la vita”. Ai giornalisti lo stesso Fini ha spiegato: ” Mi sono fermato a parlare con dei ragazzi animati da forte passione e da un grande desiderio di verità che si dividevano come e’ normale tra coloro che apprezzavano la presenza del presidente della Camera e la sua coerenza e coloro che contestavano che all’interno dello Stato possano esserci delle presenze di tipo mafioso”. Fini ha aggiunto: “Li ho invitati ad avere ri
spetto per le istituzioni anche se in alcuni casi nelle istituzioni ci sono uomini che non sempre sono all’altezza del ruolo che ricoprono. Ma ho dato pienamente ragione a quei ragazzi perché quest’anno e’ ancora più doveroso essere impegnati perché sta emergendo da Caltanissetta che non fu solo mafia e quindi bisogna fare tutto quello che e’ possibile per individuare eventuali collusioni e complicità”. A Milano, invece, durante l’inaugurazione di uno spazio pubblico dedicato alla memoria dei due magistrati antimafia le contestazioni sono state indirizzate da alcuni cittadini di “Qui Milano libera” al sindaco della città, Letizia Moratti.  E dal Colle arriva l’invito di Giorgio Napolitano. In un messaggio alla vedova, Agnese Borsellino, ha auspicato “il convinto e forte sostegno alle nuove indagini in corso sulla terribile stagione delle stragi che sconvolse il Paese nei primi anni novanta […] le istituzioni tutte debbono contribuire a fare piena luce su quegli episodi rispondendo così all’anelito di verità e giustizia”. Presenti  a Palermo anche Fabio Granata, vicepresidente della Commissione antimafia (che ha dichiarato: “una parte delle istituzioni e del Governo ostacola le indagini sulle stragi”) e il suo presidente Beppe Pisanu che ha affermato: “ci sono aspetti sulle stragi del ’92 che non sono mai stati chiariti. Le indagini devono proseguire nei binari giusti, ma c’e’ una verità giudiziaria da accertare e nel passato ci sono stati troppi silenzi e in molti casi parole pronunciate per confondere e non per chiarire”. Presenti tanti magistrati: è per loro l’abbraccio più grande dei giovani presenti a Palermo. 
Non li avrete mai come li volete …

Solo pochi giorni prima un atto vile ha distrutto le due statue che ricordano i due magistrati in via della Libertà. Fanno ancora paura a qualcuno, anche da morti , in una Palermo che diciotto anni dopo è un crocevia di tante esperienze diverse, a tratti contrapposte, a volte unite. Una buona parte di queste guarda al futuro con ottimismo, un sentimento che non c’era in quegli anni ’90 in questa terra “bellissima e disgraziata” come era solito chiamarla Paolo Borsellino. Anche quella del movimento delle Agende rosse, spontaneo ed eterogeneo, fatto di linguaggi diversi, disparati, a volte istintivi, ma comunque vigili è stata una presenza tutt’altro che solitaria perché Palermo vive 365 in via d’Amelio. Chi scrive stamani che erano in pochi a via d’Amelio ha ragione solo in parte. Ci sono stati momenti in cui la partecipazione è stata ridotta (come la marcia verso castello Utveggio) e altri in cui invece la rete di società civile si è stretta intorno a quei giovani e ai familiari.  In serata la fiaccolata consueta organizzata da Azione giovani ha chiuso la tre giorni. I giovani della destra siciliana stanno combattendo una lotta intestina, ed è un percorso difficile e tortuoso. Ed è una lotta che si combatte anche a sinistra.  Qualche settimana fa quando la Corte d’Appello di Palermo si è espressa per la seconda volta nei confronti del senatore Marcello Dell’Utri condannandolo a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, persino i giovani del Pdl Sicilia hanno preso le distanze dal senatore, che è rimasto ancora in Parlamento  – come da lui dichiarato – “proprio per difendersi da questi processi “. L’assessore alla cultura della Provincia di Palermo, Eusebio Dalì, ha invece mandato a dire, attraverso il “famoso” blog di Gianfranco Miccichè che questi giovani “dovrebbero chiedere scusa a Dell’Utri” tacere e crescere.  Così si forniscono le linee guida per una nuova classe politica, evidentemente da queste parti. La fortuna del nostro Paese è che – almeno per ora – questi giovani non li avranno come li vogliono.  Ma è chiaro, questo si, che se c’è qualcuno che deve chiedere scusa  in Italia per le sue condotte, non sono certo i giovani siciliani. 

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