Dietro la truffa: gli affari di Francesco, ‘o Mericano
Due i personaggi chiave delle indagini della
guardia di finanza sulla maxitruffa. Uno, Gabriele Brusciano, 32 anni,
figlio di una famiglia di imprenditori aversani, ritenuto uno dei
principali favoreggiatori del boss casalese Giuseppe Setola. L’altro,
Francesco Cavallaro, 39 anni,imprenditore ‘border line’ con alcuni
precedenti per estorsione (prosciolto) e sfruttamento della manodopera
clandestina. Vicino ad ambienti della criminalità locale, oltre ad aver
rilevato la Ge.mo. srl della famiglia Morvillo di Angri, è anche
titolare di fatto di un bar alla periferia di Scafati. Su di lui, o’
mericano, si sono concentrate le indagini dei finanzieri che hanno
scoperto i continui rapporti economici tra la sua società e la Sider
Legno di Luigi Brusciano. Come testimoniano le intercettazioni
telefoniche, Brusciano e Cavallaro parlano a telefono della
sistemazione di fatture e di coperture di danaro per cifre da capogiro.
E la finanza ha trovato sui conti correnti di Cavallaro, operazioni per
milioni di euro a fronte di dichiarazioni dei redditi irrisorie.
E se
Cavallaro pare ‘in ascesa’, già rilevante è il profilo criminale di
Gabriele Brusciano. Non un criminale comune, un killer, un volgare
sparatore. Qualcuno con la faccia pulita, una famiglia perbene alle
spalle, tanto denaro e le conoscenze giuste. Qualcuno che possa
muoversi liberamente, senza temere controlli o ‘volgari’ posti di
blocco delle forze dell’ordine. Molto più utile a un boss in fuga.
Questa la descrizione effettuata dai finanzieri del Gico di Salerno,
subito dopo l’arresto del giovane aversano nel marzo del 2009.
Latitante dall’ottobre del 2008, il 32enne era già sfuggito diverse
volte alla cattura. Una nel gennaio 2009 proprio mentre si trovava con
Setola in uno dei suoi numerosi covi. I due a seguito di
quell’operazione, si erano divisi e, nella famosa fuga sui tetti, il
cui Setola riuscì nuovamente a scappare dal covo, quella volta di
Trentola Ducenta, Brusciano non c’era. Il boss Setola fu poi catturato
due giorni dopo a Mignano Montelungo.
Bruciano per gli inquirenti era
uno di quei fiancheggiatori capaci di tenere il boss lontano dai guai.
Addirittura, secondo il pool di magistrati della Dda che ne seguivano i
movimenti da mesi, sarebbe stato lui, Brusciano, a fornire,
lampeggiante, palette e pettorine dei Carabinieri, utilizzate un
agguato a Lago patria. Attentato che fece da prologo alla rinomata
Strage di Castel Volturno in cui vennero trucidati 6 africani.
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