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Maxi blitz contro la ‘ndrangheta

Di Norma Ferrara il . Lombardia

Un blitz storico contro la criminalità organizzata calabrese è scattato stamani alle prime luci dell’alba. Trecento le ordinanze di custodia cautelare, fra Lombardia, Liguria, Piemonte e Calabria e oltre 3000 le forze dell’ordine impegnate nell’operazione.  Arresti, denunce e episodi di criminalità di stampo mafioso si susseguono ormai da anni nella regione tanto da far somigliare Milano e l’hinterland sempre più ad un pezzo di Calabria. E dopo l’operazione che solo qualche giorno fa ha portato all’arresto di  15 persone che fanno capo alla famiglia Valle, storica famiglia radicata sin dagli anni ’70 in Lombardia, legata alla famigerata ‘ndrina dei De Stefano, che praticavano usura e racket nel milanese (clicca per vedere servizio di F. Feo – Tg3), oggi si replica. Il modello calabrese esportato in tutto il mondo, ha messo radici in Lombardia, nel nord Italia e lo ha fatto apportando anche alcune modifiche alla struttura stessa della ‘ndrangheta calabrese, ma puntando su elementi fondamentali per l’organizzazione: il controllo del territorio e il giro d’affari. Le famiglie colpite in Calabria sono quelle che dominano quasi tutto il territorio regionale: i Pelle di San Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo, circa 150 gli arrestati.

 L’inchiesta “Il crimine” 

L’inchiesta coordinata dai Pm Ilda Boccassini, Alessandra Dolci e Paolo Sotrari ha puntato dritto al cuore dell’organizzazione criminale che  – secondo quanto emerge in queste prime ore – aveva “colonizzato” la regione e buona parte del centro  – nord. Imprenditoria, sanità, politica e gli appalti per l’Expo (clicca per vedere Feo – Rotondi, Tg3). Il ruolo delle ‘ndrine deciso in specifici summit, riunioni nelle quali la componente calabro – lombarda aveva sancito la nascita di una sorta di “federazione” locale e chiedeva maggiore autonomia dalla componente residente in Calabria. Nel 2008 persino un omicidio era stato commesso durante questa “trattativa” fra nord e sud. La struttura messa in piedi dagli ‘ndranghetisti era stata chiamata, «La Lombardia», appunto e secondo le prime informazioni persino un “boss -referente” sarebbe stato ‘eletto con un vero e proprio brindisi durante una cena a Paderno Dugnano, nel Milanese, in un centro di aggregazione intitolato ai magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Si tratterebbe di  Pasquale Zappia, uno degli arrestati di oggi,  eletto per alzata di mano «mastro generale». L’elezione è stata filmata dagli investigatori e il video è agli atti dell’inchiesta. Zappia era così succeduto al boss Giuseppe Neri. Il boss arrestato oggi per associazione mafiosa nel maxi-blitz di carabinieri e polizia, è accusato tra l’altro di avere convogliato voti su indicazione di Antonio Chiriaco, direttore della Asl di Pavia, a favore del deputato del Pdl Giancarlo Abelli. Quest’ultimo risulta estraneo ai fatti e non è indagato (clicca per vedere il servizio di F.Feo, Tg3). La Dia del capoluogo lombardo ha  arrestato il direttore sanitario dell’Asl di Pavia Carlo Antonio Chiriaco, nato a Reggio Calabria, Francesco Bertucca, imprenditore edile del pavese e Rocco Coluccio, biologo e imprenditore residente a Novara. I tre sono ritenuti responsabili di aver fatto parte della ‘ndrangheta attiva da anni sul territorio di Milano e nelle province limitrofe. Molti degli arrestati di oggi  sono anche  affiliati a logge massoniche. Nel corso dell’operazione sono state eseguite 55 perquisizioni e sequestri di beni immobili, quote societarie e conto correnti il cui valore è ancora da quantificare.

La Lombardia colonizzata dalla ‘ndrangheta

Il cuore pulsante ed il cervello sono nella provincia di Reggio Calabria, ma i tentacoli della ‘ndrangheta sono diffusi in ogni parte del Mondo, dalle Americhe all’Australia, dalla Spagna a tutti i Paesi del nord Europa. Una ramificazione che ha fatto delle cosche calabresi quelle più forti, più flessibili, più dinamiche e più affidabili di tutte le mafie.  «La ‘ndrangheta – ha detto in più occasioni il procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone – è riuscita a diventare una vera e propria holding del mercato della droga grazie alla sua ramificazione in ogni parte del mondo». Ed il fiume di denaro provento del narcotraffico finisce in società ed investimenti «puliti» ovunque, soprattutto nel nord Europa.  La ‘ndrangheta è presente sin dagli anni ’70-80 nel capoluogo lombardo e nella regione. I magistrati lo segnalano da anni e negli ultimi tempi hanno lanciato più volte l’allarme. Vincenzo Macrì della Direzione nazionale antimafia – già lo scorso anno durante l’assemblea nazionale di Libera – intervenuto a parlare della ‘ndrangheta al nord  raccontava di una certa voglia di “federalismo” delle famiglie ‘ndranghetiste che miravano ad una organizzazione simile a quella che oggi sta venendo alla luce dall’operazione “il Crimine”. Un’analisi quanto mai attuale segnale che la magistratura, le forze dell’ordine, una parte dell’informazione e della società civile hanno da tempo invitato a tenere alta l’attenzione su quello che stava accadendo in Lombardia. Quella scattata oggi è un’operazione storica contro la ‘ndrangheta, ripetono in molti. L’impressione però è che si tratti solo di una prima fase delle indagini, che sia solo la punta dell’iceberg. La nuova mappa criminale che questa e successive operazioni tracceranno un’Italia diversa da come l’abbiamo sino ad oggi raccontata. Una ‘ndrangheta “liquida” che non è solo un “problema” della Calabria e dei calabresi. Una politica che mostra ancora, fatte salve importanti eccezioni, le sue fragilità, la sua permeabilità, che va di pari passo con il volume di affari che cresce in maniera, spesso illegale, nel Paese

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