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Cosentino tiene in scacco la Campania

Di Peppe Ruggiero il . Campania

Uno, due, tre, quattro, cinque. Non si contano piu’ i pentiti che chiamano in causa il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino. Pentiti eccellenti che in questi anni hanno svelato i segreti ed i meccanismi del clan dei Casalesi, la holding criminale tra le piu’ potenti economicamente nel panorama delle mafie italiane. Dai rifiuti all’eolico, dai voti per essere eletto ai dossier per screditare gli avversari politici. Una lista che ogni giorno si allunga per il coordinatore regionale del Pdl in Campania. Bastava leggere le  293 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Raffaele Piccirillo, che aveva  chiesto il via libera al Parlamento per arrestare il sottosegretario all’Economia per sapere. Unico capo d’accusa. Concorso esterno in associazione mafiosa: voti in cambio del patrocinio politico del clan dei Casalesi nel settore dei rifiuti. 

Via libera ovviamente respinta.Un’intercettazione di una telefonata rinchiude il sistema Cosentino riesploso in questi giorni ma che ha origini nel passato. «L’Eco4 è una mia creatura. Quella società song’io». Così disse Nicola Cosentino «il casalese» all’imprenditore Gaetano Vassallo, uno dei primi pentiti dell’ecomafia che ha svelato decenni di avvelenamento e di affari della Campania.  Casentino era il ras politico di una società, «Eco4», che nei fatti , secondo l’inchiesta era in mano a Gomorra. Società che gestiva la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in una parte della provincia casertana, e che voleva trasformarsi in una industria integrata del ciclo dei rifiuti, espandendosi in tutta la provincia, coinvolgendo anche Napoli.Nell’ordinanza si fa riferimento anche al passaggio di Cosentino, agli inizi degli anni ’90, al “partito dell’amore” di Silvio Berlusconi. A raccontarlo un altro pentito eccellente della famiglia dei casalesi Dario De Simone: «Cosentino mi riferì tra l’altro che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti e in particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboranti di giustizia».

Tutto scritto.Certo sono sempre dei pentiti. Ma la storia ci insegna che due indizi fanno una prova. E qui nel caso di Cosentino, i pentiti sono piu’ di due. Ma non basta. E’ mai possibile in un paese civile, diciamo anche garantista, che un sottosegretario all’economia “sospettato” di “amicizie” con il clan economicamente piu’ avanzato  possa continuare a gestire le finanza dei cittadini. Possa tener sotto minaccia anche la Regione Campania nonostante avesse fatto un passo indietro nella sua candidatura alla presidenza. La risposta e’ scontata. Inaccettabile. Che fa male ma che è alla storia. Ed il copione oggi si ripete.L’opposizione annuncia la mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario. L’ala finiana sembra prenderla in considerazione.  E la mente non puo’  che tornare al gennaio del 2009 quando la Camera respinse una mozione (presentata da esponenti del Pd, dell’Idv e dell’Udc) per far dimettere il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. 

Nella mozione, di cui il democratico Soro fu il  primo firmatario, si ripercorrevano le  dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, l’inchiesta della Procura di Napoli, i presunti patti elettorali tra l’esponente di Forza Italia e i boss di Casal di Principe.La maggioranza di centrodestra difese compatta il sottosegretario. E  molti esponenti del Partito democratico si astennero. Molti altri preferirono uscire dall’aula e non votare. Altri erano assenti. La mozione fu respinta con 236 no (Pdl più Lega), 138 sì e 33 astensioni. Decisivi dunque i 26 astenuti Pd (fra i quali Cuperlo, Madia e i radicali), i 47 Pd usciti dall’aula perlopiù solo per quella votazione e poi subito rientrati (compresi Enrico Letta, il ministro molto ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia e perfino Marina Sereni, firmataria della mozione stessa), i 22 Pd assenti ingiustificati (compresi D´Alema, Gentiloni e Veltroni e i 2 Pd addirittura contrari (fra cui il tesoriere Ds Ugo Sposetti).  Se il Pd avesse votato compattamente per la sua mozione questa avrebbe avuto ottime possibilità di passare. Forse erano altri tempi. Forse era un’altra opposizione. Non ci resta che sperarlo.

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