15 euro al giorno e nessun diritto. Queste sono le condizione lavorative di molti migranti in provincia di Ragusa. Il comune capofila di questa classifica del nuovo schiavismo è Vittoria. Città rossa e ricca; città che ha saputo trasformare le terre sabbiose in oro, costruendoci le serre. Adesso a lavorare nell’agroindustria sono soprattutto i migranti. Ragazzi provenienti dal Nord Africa e dall’Est Europa. Quest’anno la comunità rumena ha superato quella tunisina, storicamente impegnata nel comparto agricolo a Vittoria e ben integrata nella vita della città. Questo è un probabile risultato del cambiamento dei flussi dovuto a motivazioni geopolitiche, ma anche perché, semplicemente, i rumeni “costano” meno.
Infatti, c’è un’inversione di tendenza nel livello salariale. La crisi colpisce anche questo settore e si abbatte soprattutto sui migranti, meno protetti e più ricattabili. “La giornata di lavoro a Ragusa costa 50 euro lordi” – dice Peppe Scifo, segretario della Camera del lavoro di Vittoria – “e fino qualche anno fa anche i magrebini venivano pagati tanto. Con l’arrivo dei rumeni la situazione è cambiata. Lavorano anche dieci ore, per tutta la settimana, domenica inclusa e vengono pagati una miseria: 15-20 euro al giorno”. I rumeni sono più ricattabili, vengono da villaggi molto poveri .
Inoltre, incombe un’altra preoccupazione: c’è il rischio che ci sia un sistema di intermediazione tra la Romania e l’Italia. Una sorta di caporalato internazionale. È probabile che la criminalità rumena si possa trovare in sintonia con la criminalità locale per far arrivare e sfruttare lavoratori rumeni. “È chiaro che l’inquinamento della criminalità organizzata c’è” – continua Peppe Scifo – “Abbiamo visto recentemente l’infiltrazione nel mercato di Vittoria e nella filiera. Ci viene difficile pensare che non ci sia influenza anche su questo”. Uno scenario inquietante quello che viene fuori; c’è il rischio di una vera e propria tratta di nuovi schiavi.
Un livello di schiavitù emerge anche per le condizioni in cui questi migranti sono costretti a vivere. Abitano molte volte in campagna, sotto tetti sfondati e in condizioni igieniche indecenti. Ammassati come bestie senza un posto dignitoso in cui dormire, arrivano sani e se ne vanno dall’Italia malati. E inoltre, molte volte il posto in cui dormire viene pagato molto caro: con il proprio corpo. Sami, della Cgil di Scoglitti, ci racconta come “ci sono molte donne rumene sfruttate sessualmente in cambio di una casa”. Un’abitazione o 10 euro in più nella paga in cambio di una prestazione sessuale. Questo fenomeno può forse essere collegato con l’aumento di aborti a Vittoria: 15 aborti di straniere in soli tre mesi.
Ma non sono solo le donne ad essere private della loro libertà. C’è la storia di un ragazzo straniero che dopo aver gettato sudore e chinato la schiena in campagna ha chiesto la sua legittima paga. In cambio ha ricevuto violenza. Così tanta da essere inserito in un circuito di protezione. È facile non pagare un extracomunitario. Questo non può denunciare: rischia un decreto di espulsione, se non il carcere. La giustizia rovesciata al contrario. Spostandoci da Vittoria verso il versante orientale della provincia ragusana il quadro cambia, ma non di molto. C’è una presenza molto forte degli immigrati nel settore edilizio: sono i rumeni e gli albanesi i più impegnati in questo settore. Nella fascia costiera, invece, prevalgono i tunisini, occupati nella pesca. Tutti questi soggetti sono succubi della crisi. Soprattutto nell’edilizia sono i primi ad essere licenziati. La crisi falcia gli ultimi e aumenta le tensioni sociali.
Va segnalata una nota di speranza. È di questi giorni la presentazione del progetto Creauza de ma. Il progetto, che prende il nome da una canzone di De Andrè, si pone l’obiettivo di operare nell’integrazione a vari livelli: dall’infanzia al lavoro. Il comune di Vittoria è l’ente capofila del progetto, con la partecipazione di varie realtà tra cui la Cgil. Un segno di integrazione che accompagna tante altre iniziative e speranze presenti nel territorio.