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Le proteste degli aquilani arrivano a Roma

Di Serena Chiodo e Giulia Pacifici il . Progetti e iniziative

Bandiere verdi e nere e gonfaloni affollano piazza Venezia, sono gli aquilani giunti oggi con una quarantina di pullman.  Arrivati alle porte di Roma alle 9,30 sono riusciti a entrare in città solo un’ora dopo a causa dei blocchi della polizia. Anziani, giovani, bambini, commercianti, forze dell’ordine, sindaci, cinquemila manifestanti, tutti insieme a chiedere con forza di essere ascoltati. Niente smorza la loro rabbia, né il caldo sole di Luglio né le ripetute cariche della polizia.  

Vengono fermati, infatti, la prima volta a piazza Venezia, mentre tentano di arrivare al Parlamento. Ripiegano su via del Corso, dove vengono bloccati nuovamente alle soglie di Piazza Colonna, alcuni ne escono con la testa sanguinante. Le autorità avevano proposto di parlare con una delegazione di 150 persone, proposta non accettata. “I terremotati sono più di 150, siamo tanti, ci devono ascoltare” dice Vincenzo del comitato Epicentro solidale, la testa bendata per un colpo di manganello. Il corteo cambia quindi direzione fermandosi davanti a Palazzo Grazioli, residenza ufficiale del Presidente del Consiglio.   

Contro il fitto dispiegamento di forze di polizia la gente urla “siamo sopravvissuti a un terremoto, siamo usciti dalle macerie, non abbiamo paura di nulla”, anziani in prima fila “riuscireste a picchiarci?” e ancora “se non ricevevate la tredicesima sareste stati dalla nostra parte”. Dopo momenti di tensione il corteo riparte alla volta di piazza Navona, dove entra gridando il nome della propria città martoriata. Gli aquilani chiedono la pianificazione e il finanziamento della ricostruzione, una progettazione che agisca non sull’emergenza, ma sul bisogno di ricostituirsi come comunità. Oltre alla disoccupazione, alla vita negli hotel e nei Map, moduli abitativi provvisori da restituire dopo tre anni, ci sono di nuovo le tasse da pagare.  

 “Dal primo luglio abbiamo ripreso a pagare le tasse” commenta  il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente “Ma lo spettro più grande è un altro: dal primo gennaio ripagheremo 14 mensilità di tasse con il recupero di quelle non pagate, il che vuol dire che per ogni 1000 euro ci sono 200 euro di tasse aggiuntive”. Difficile trovare questi soldi in un territorio dove 16 mila persone hanno perso il lavoro e i cassintegrati sono 8 mila, l’economia locale è al collasso e solo 300 dei 1000 esercizi commerciali del centro hanno riaperto. “L’art.39 della manovra finanziaria ci chiede di versare i contributi  senza tenere conto della nostra condizione di terremotati. In altre situazioni di emergenza sono state concesse alla popolazione dilazioni decennali: siamo forse cittadini di serie B?”dice Sara del comitato 3 e 32.  

Dopo l’ennesima chiusura istituzionale molti si chiedono per quale motivo dovrebbero pagare le tasse a uno stato sordo alle loro richieste. “Questo non è più un paese democratico come ci vogliono far pensare, dove ognuno può manifestare le proprie idee e i propri problemi liberamente” commenta amareggiato il sindaco di Castelvecchio Calvisio, comune in provincia dell’Aquila. 

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