Modena: Operazione “Point Break”
I proventi delle estorsioni effettuate dalla cosca Arena a Isola Capo Rizzuto e nel crotonese finivano a Modena, e da lì, grazie a un carosello di finte fatture, si trasformavano in nuovo denaro. È quanto emerso dall’operazione “Point Break” avviata nel 2006 dai carabinieri del Comando provinciale di Modena e dal Gico della Guardia di Finanza di Bologna, con il coordinamento della Dda emiliana.
Operazione che all’alba di mercoledì scorso ha portato all’emissione di sette ordinanze di custodia cautelare in carcere per altrettante persone con le accuse, a vario titolo, di bancarotta, frode fiscale, reimpiego di denaro di provenienza illecita con l’aggravante del favoreggiamento di un’associazione di stampo mafioso, tentata estorsione.
All’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip del Tribunale di Bologna, Marinella De Simone, è seguito quindi il sequestro preventivo di cinque immobili nel modenese, comprese due ville di particolare valore, un terreno, cinque veicoli, 22 polizze assicurative e partecipazioni in sette società per un valore complessivo di otto milioni di euro.
Le manette sono così scattate ai polsi di tre fratelli crotonesi ma da anni residenti nel modenese: Paolo Pelaggi, 36 anni, Emanuele Pelaggi, 48 anni, e Davide Pelaggi, 42 anni, tutti incensurati. Stessa sorte è toccata a Giuseppe Manica, 47enne di Crotone ma residente a Maranello, incensurato. A Fiore Gentile, di 26 anni, il provvedimento è stato notificato dai carabinieri del reparto operativo di Crotone nella sua casa di Isola Capo Rizzuto. La misura restrittiva, ma relativa solo alla frode fiscale, è stata notificata, infine, a Tommaso Gentile, 30 anni, fratello di Fiore e già in carcere dallo scorso anno insieme al padre Franco (esponente di spicco della cosca Arena) in seguito all’operazione ‘Ghibli’. Resta ancora a piede libero, invece, la ‘mente’ di tutta la frode fiscale. Si tratta di un commercialista svizzero, il cui nome non è stato reso noto. A lui si deve l’ideazione e la messa in pratica di tutta la complessa attività di frode fiscale ai danni dell’erario, su cui è attualmente concentrata l’attività degli inquirenti.
All’origine delle indagini c’è quella che il sostituto procuratore della Dda di Bologna, Valter Giovannini ha definito in conferenza stampa un momento di debolezza o passo falso della cosca Arena: un attentato dinamitardo avvenuto il 26 luglio 2006 ai danni dell’Agenzia delle entrate di Sassuolo. Evento subito giudicato sospetto per le modalità di esecuzione, ed il cui unico movente plausibile è risultato poi essere una verifica fiscale condotta nei confronti della società di distribuzione di materiali informatici ‘Point One’, appartenente a Paolo Pelaggi.
Da qui è scaturita, in seguito alle indagini della Guardia di Finanza di Bologna, la scoperta di un complesso sistema di frode carosello fra la ‘Point One’ e una ditta svizzera, la ‘Mt Trading Ltd’. Un circuito ‘virtuoso’ di false compravendite di merci che attraverso l’emissione di false fatture fruttava ai Pelaggi guadagni del 6-7 per cento per ogni singola operazione. Il tutto sostenuto da un processo di acquisti e di rapporti commerciali fittizi magistralmente orchestrato dal commercialista luganese. Ed era a tutti gli effetti un meccanismo svizzero, il suo, per precisione e maniacalità, poiché prevedeva tre richieste formali di acquisto al giorno da parte di una delle due ditte prontamente accolte dall’altra, a cui faceva seguito un effettivo invio di materiale rivelatosi poi essere banale ferraglia e non componentistica hardware, ed effettuato col solo scopo di ottenere una bolla di accompagnamento della merce che ne certificasse la compravendita giustificando la falsa fattura, cui avrebbe fatto seguito una richiesta di restituzione della relativa Iva in realtà mai incassata dallo Stato.
Una volta scoperta la frode, è stata proprio la presenza di Fiore Gentile e Giuseppe Manica al fianco delle attività commerciali di Paolo Pelaggi a insospettire gli inquirenti modenesi sull’effettiva provenienza dei soldi utilizzati. Da qui le ulteriori indagini della Dda e dei carabinieri del Reparto operativo di Modena che hanno portato alla scoperta dell’oliato sodalizio criminale: un giro di soldi sporchi che partiva da Isola Capo Rizzuto, arrivava nel modenese e qui generava ulteriori affari. Forse troppi, poiché i bilanci della ‘Point One’, gonfiati eccessivamente dalle false fatture, hanno condotto infine al fallimento della società, con l’accertamento di un passivo di 90 milioni di euro imputabile ai tre fratelli Pelaggi. Quello stesso buco che nel 2006 portò l’Agenzia delle entrate di Sassuolo a indagare, i crotonesi a reagire con l’attentato e gli inquirenti a scoperchiare l’intero carosello di affari.
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