Torino non si fa imbavagliare
“La libertà di informazione è un bene comune a rischio che
dev’essere difeso così come l’acqua”. Così Davide Mattiello, Libera
nazionale, ha portato il saluto e l’adesione della rete antimafia
presieduta da don Ciotti alla giornata di sciopero dei giornalisti
contro la legge bavaglio di Torino.Un provvedimento che va a colpire proprio quegli organi di
informazione che provano ancora a dare un senso a quell’articolo 21
della nostra costituzione.
Ieri pomeriggio in piazza Castello, si sono alternati al microfono
giornalisti e direttori delle testate quotidiane e nazionali insieme
alle associazioni che più lavorano sui temi della cittadinanza attiva
tra le quali Acmos e Libera. Tra i presenti c’era anche il direttore de La Stampa Mario Calabresi. ”È una legge inaccettabile che allontana gli occhi dei cittadini
dalla realtà delle cose. Il passaggio del ddl sulle intercettazioni
creerebbe una condizione di disparità tra i cittadini: alcuni che
sanno, sono al corrente di alcuni fatti e altri che sono destinati ad
ignorarli, almeno per lungo tempo”.
Già perchè se il ddl Alfano diventa legge la popolazione non
potrebbe conoscere avvenimenti gravissimi come le risate di due
imprenditori alla notizia del terremoto dell’Aquila, il bacio in fronte
del banchiere Fiorani a Fazio o le tangenti sulla Sanità in Puglia. Un autentico “siluro”, come lo ha definito Giancarlo Caselli, che va a intaccare la qualità della nostra democrazia. Durante il pomeriggio, la piazza torinese si è stretta in un
applauso dedicato all’impegno dei giornalisti minacciati come Pino
Maniaci, direttore dell’emittente siciliana teleJato per il quale la
libertà d’informazione rappresenta una questione di vita o di morte. Un
modello di giornalismo che fa i nomi e cognomi dei mafiosi della
propria zona e che chiama i fatti con il nome giusto. La disparità tra
questo giornalismo e il minzolinismo appare evidente quanto
inquietante. “Non è possibile – ha concluso Mattiello – che il primo tg
nazionale faccia passare la condanna a sette anni in secondo grado del
senatore Dell’Utri assoluzione chiamandolo come assoluzione”.
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