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San Giovanni a Teduccio:
i tentacoli del clan Formicola

Di Luigi Spera il . Campania

La presenza di criminalità organizzata in maniera
‘lottizzata’ e spesso totalizzante nelle palazzine di edilizia popolare, ha
sempre interessato il dibattito politico e le indagini sociali che si
concentrano sulle periferie della città di Napoli e di molti comuni
dell’hinterland. Un dato empirico per meglio elaborare tesi di scienza sociale
in merito, e per meglio comprendere le ragioni di una tale concentrazione di
malaffare, è venuto fuori da un’indagine di carabinieri e Dda che ha sgominato
il clan Formicola del quartiere di San Giovanni a Teduccio a Napoli. Gli
inquirenti hanno provato che la cosca, che controllava attività illecite e lo
spaccio di droga ‘h24” nella zona del ‘bronx’, con una sorta di mutuo soccorso
nei confronti degli affiliati, ‘sgomberava’ casa cacciando i legittimi
assegnatari per affidarle ai propri gregari.

Un’azione vergognosa e non certo degna di una città europea
del 2010 che per anni è stata portata avanti senza una denuncia. Con la
rassegnazione dei cittadini di fronte alla protervia e alla prepotenza di un
anti-stato troppe volte incontrastato da uno Stato troppo debole. Gli arresti
di ieri sono una risposta. La speranza è che non sia solo un caso isolato.

Che l’ambiente intorno ai nove casermoni di edilizia
popolare di via Taverna del Ferro nel quartiere San Giovanni a Teduccio non
fosse certo salubre è evidente già nel nome con cui è stato ribattezzato:
bronx. Qui l’attività di spaccio di droga si svolgeva ininterrottamente,
“h24”, come spiegano gli investigatori per i quali la zona era stata
trasformata in un vero e proprio “centro commerciale” per cocaina,
marijuana, hascish e crack. Per cinque anni gli inquirenti hanno indagato in
attesa di poter far scattare l’operazione che i carabinieri della compagnia di
Torre del Greco e della tenenza di Cercola hanno portato a termine all’alba di
mercoledì.

Ben 28 le ordinanze di custodia cautelare scattate con le
accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e
aggravata dal metodo mafioso. Arresti che hanno colpito esponenti o
fiancheggiatori del clan Formicola: tra i destinatari anche il capo della
cosca, Berdardino Formicola, 33 anni, e quattro donne, che avevano il compito
di vedette. Ma non solo.

Il controllo del potente clan era arrivato fino all’assegnazione
di case popolari dove vivevano i legittimi titolari. Dall’ordinanza di custodia
cautelare, emerge infatti come il clan Formicola concedeva o toglieva a proprio
piacimento gli appartamenti agli abitanti del rione, a seconda del loro
comportamento. Tra gli episodi ricostruiti dagli investigatori c’é per esempio
l’usurpazione di un appartamento dai cui proprietari il clan pretendeva una
somma di denaro. Uno degli arrestati, Antonio Marigliano, vantava un credito di
50.000 euro da un conoscente.

Prima cercò di farsi pagare dai genitori di quest’ultimo,
titolari di un negozio di frutta e verdura: devastò la loro casa, si impadronì
di 500 euro e, mentre andava via, colpì con un bastone il portiere dello
stabile che aveva incrociato per le scale riducendolo in fin di vita. Quindi,
insieme con due complici, andò a casa del creditore, dove c’era la moglie di
quest’ultimo: “con metodi tipicamente mafiosi la buttarono fuori di casa e
si impossessarono delle chiavi dell’appartamento”. In un altro caso una
donna fu costretta a lasciare la propria abitazione perché i Formicola
ritenevano il suo convivente responsabile di uno sgarro.

 Artefice dello
sgombero fu, tra gli altri, Maria Domizio, moglie del boss Ciro Formicola. La
donna costretta a lasciare la propria abitazione si confidò con i carabinieri,
ma rifiutò di formalizzare la denuncia dell’accaduto “per paura di
ripercussioni sulla sua persona e su quella dei suoi famigliari, che già aveva
indotto il suo convivente ad allontanarsi dalla Campania, atteso che l’interessata
identificava i soggetti presentatisi presso il suo appartamento come
appartenenti ad una famiglia che nel quartiere in cui vive è da generazioni
rispettata e temuta”.

In un altro caso, invece, il clan concesse ad uno
spacciatore appena arruolato quello che il gip chiama “l’alloggio di
servizio”. Fondamentali, ancora una volta, le intercettazioni: Salvatore
Pianese, conversando con Teresa Lanza (entrambi destinatari di ordinanze) la
invita, dopo aver fatto le pulizie nella Scala D di una palazzina del Bronx, a
prolungare il turno di lavoro e a pulire l’appartamento di Giuseppe
Costagliola, nuovo pusher. Scrive il gip: “Il Pianese Salvatore indica
come appartamento in questione quello precedentemente occupato dal Siesto
Francesco detto Chiappariello, quest’ultimo allontanato dal quartiere
dall’organizzazione presumibilmente a causa di problemi connessi all’attività
di vendita dello stupefacente, Quindi, viene assegnato al Costagliola Giuseppe,
quale nuovo incaricato dello spaccio all’interno dell’edificio “D”,
l’appartamento -alloggio di servizio- che sino ad alcuni giorni prima era del
suo predecessore Siesto Francesco”.

Ma le indagini dei carabinieri della tenenza di Cercola,
coordinati dal tenente Vito Ingrosso, hanno consentito di ricostruire nei dettagli
l’attività di spaccio. E dalle intercettazioni è emerso per esempio che i
giovani assoldati per vendere le bustine di stupefacente rimanevano sui
ballatoi degli edifici ininterrottamente giorno e notte, a turno, senza potere
allontanarsi neppure per i pasti. Una pizzeria gestita da persone vicine al
clan provvedeva a consegnare le vettovaglie. Scrive il gip Carlo Alessandro
Modestino nell’ordinanza emessa su richiesta del pm Mariella Di Mauro: “In
una sola circostanza gli spacciatori sono autorizzati ad allontanarsi per il
tempo strettamente necessario dal posto di lavoro ed è nel caso in cui vi è
segnalata dalle vedette la presenza di personale delle forze dell’ordine
all’interno del quartiere; comunque l’ordine è chiaro ed incontestabile, l’assenza
deve essere ridotta al minimo, per non creare un disservizio alla clientela. Il
potere di gestione del personale – scrive ancora il giudice – implica il potere
disciplinare e relativo potere sanzionatorio inteso come potere di esclusione
dal gruppo dei singoli associati e soprattutto l’autorità di modificare il
ruolo ricoperto dal singolo in caso di sopraggiunte necessità”.

Sempre dalle intercettazioni “si evince il potere da
parte dei promotori di cambiare i turni lavorativi dei soggetti a loro
subordinati; al fine di garantire il buon andamento dell’attività illecita e
quindi ricavarne il maggior profitto dalla stessa. Se un `lavoratore dipendente
si rende responsabile di inadempienze dovute a ritardi sul luogo lavorativo,
assenze ingiustificate dallo stesso e/o ancora più gravi ingiustificate
mancanze a fine turno lavorativo di sostanza stupefacente e/o denaro,
l’organizzazione interviene immediatamente con forza verso il singolo
soggetto”. Nel clan vige inoltre “la disposizione tassativa che ad
ogni turno di vendita deve essere abbinato un turno di vigilanza, in modo tale
da evitare inutili perdite di uomini (arresti) e di stupefacente (sequestri).

I numerosi servizi di appostamento da parte della polizia
giudiziaria hanno chiaramente dimostrato che è quasi impossibile entrare nell’
area del lotto delle palazzine popolari, ubicate alla via Taverna del Ferro –
Bronx – senza essere notati o bloccati. Decine di giovani fiancheggiatori, a
bordo di motocicli si aggirano continuamente per l’area in questione, fermando
autovetture e persone non a loro conosciute, scortando le stesse, anche solo
dopo un breve transito nel quartiere, per alcune centinaia di metri.- Benché le
palazzine siano fatiscenti, i cancelli in ferro posti all’ ingresso degli
edifici rimangono obbligatoriamente chiusi con le serrature perfettamente
funzionanti e con periodica manutenzione; dai piani superiori, ogni qual volta
si intuisce che personale delle forze di polizia entra nel quartiere, si ode
chiaramente qualcuno gridare il segno convenzionale: Antonella”.

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