Omicidio Monterosso, a Milano si attende la sentenza
Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano, Simone Luerti, dovrà a breve pronunciarsi sulle richieste di accusa e difesa relative al procedimento innestato dall’omicidio dell’autotrasportatore di Sommatino, in provincia di Caltanissetta, Giuseppe Monterosso. L’uomo venne ucciso il 6 maggio dello scorso anno all’interno del piazzale della sua azienda di autotrasporto a Cavaria con Premezzo, in provincia di Varese. A sparare sarebbe stato il collaboratore di giustizia, Alessio Contrino, per il quale il pm, Giuseppe D’Amico, ha richiesto una condanna a 10 anni di reclusione. Il killer, giunto da Tavernerio, in provincia di Como, avrebbe agito, stando alle sue stesse ammissioni, su indicazione di Andrea Vecchia, anch’esso imprenditore del settore dei trasporti, titolare della comasca “Euro Trasporti” di Albiolo.
Il “committente”, stando sempre a Contrino, era intenzionato a “togliere di mezzo dal mercato Giuseppe Monterosso”: la vittima dell’agguato, infatti, veniva considerato la mente dell’attentato incendiario che, il 27 novembre del 2008, aveva distrutto quattro veicoli in dotazione all’impresa, “Euro Trasporti”, per una perdita di 300 mila euro. Oltre alle richieste concernenti Alessio Contrino, il pm D’Amico ha, ancora, indicato la condanna all’ergastolo per Andrea Vecchia e quella a 8 anni di reclusione ai danni di Antonio Cuntrera, ritenuto il fornitore delle armi in dotazione al killer che rese cadavere Monterosso. Per altri cinque imputati, i cui difensori hanno scelto di affrontare il dibattimento, il pm ha caldeggiato il rinvio a giudizio. Stando alla ricostruzione fornita dall’accusa, l’omicidio Monterosso non si limiterebbe ai soli affari, ampliandosi ai rapporti fra le diverse organizzazioni mafiose operanti in territorio lombardo.
L’ucciso, infatti, era già stato condannato nell’ambito del processo antimafia, “Santa Barbara”, poiché ritenuto esponente della famiglia nissena dei Madonia, retta da Giuseppe Madonia, mentre Andrea Vecchia viene indicato come affiliato al gruppo Albanese-Messina di Porto Empedocle, con al vertice l’ultimo, dopo la cattura del boss Giuseppe Falsone, grande capo, Gerlandino Messina. Uno scontro tra il gruppo agrigentino e quello nisseno che si sarebbe propagato in territorio lombardo.
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