Da Piazza Navona comincia la riscossa democratica
La splendida piazza Navona si è accesa di persone, voci, colori. Sono passati venti minuti dalle 17 e dal palco, hanno fatto il loro ingresso anche le note musicali. L’inno di Mameli. Cantato da tutti quelli che hanno affollato la platea. Così è iniziata la manifestazione indetta dalla Fnsi e da tutti quanti, sindacati, associazioni e privati cittadini , hanno sentito la viscerale urgenza di dire no al bavaglio imposto dal ddl Intercettazioni. Nel momento in cui il governo lo camuffa con lo specchietto per allodole della privacy, tentando inoltre di accelerarne l’iter, l’Italia che si rispecchia nella Costituzione, assetata di democrazia, comincia da qui il suo percorso. Un qui relativo, dato che, è cosa nota, in decine di città italiane e perfino europee (snocciolate tre a caso, Londra, Parigi, Bruxelles) si stanno svolgendo manifestazioni consorelle. Ma l’importante non è l’oggi, è il dare il via a un percorso che il 9 vedrà il blackout informativo dei giornalisti e che soprattutto vuole ritrovarsi a fine luglio in concomitanza con il tentativo governativo di far passare l’emendamento prima della pausa estiva. Nell’attesa un folto gruppo di partecipanti ha mostrato la passione civile e il rifiuto di chi ha compreso il significativo intrinseco della legge: il danneggiamento dei cittadini tramite la privazione dell’informazione. Non solo “carte” dannose per magistrati e giornalisti, danni veri e reali per una partecipazione democratica alla vita del nostro paese. Tiziana Ferrario, giornalista Rai, ha condotto la giornata, iniziando con la lettura dell’Articolo 21 della Costituzione e ricordando la manifestazione associata a Conselice, in Romagna, dove un tempo, si stampavano, durante la Resistenza, manifesti autoprodotti. Una nuova Resistenza.
Conoscere per diventare cittadini
Ne è convinto Franco Siddi, segretario Fnsi, che prima di partire per Conselice, ricorda il gran valore di responsabilità che tutti si sono assunti venendo a manifestare «per la conoscenza che è la base per essere buoni cittadini». A supporto del governo un falso problema privacy che, ricorda Siddi, deve essere nel caso superato agendo sulla «deontologia dei giornalisti» e non stabilendo a priori che ogni intercettazione viola la privacy. Il segretario lancia questa come prima tappa di risveglio democratico: «non finisce qui» e citando Don Milani invita alla disobbedienza civile contro leggi sbagliate che se seguite porterebbe a una illegalità. Anche Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, ribadisce la sua solidarietà alla «cittadinanza democratica di Piazza Navona»: «Ti riguarda!» ammonisce contro l’oscuramento della pubblica opinione, e invita a presenziare a fine luglio sotto la Camera durante le votazioni. Invitando, tra l’altro a una rivolta morale anche i politici del Pdl: «Fini se i tuoi miti sono Falcone e Borsellino mobilitati». A sottolineare il livello già basso della libertà di stampa in Italia, Mimmo Candito, storico inviato de La Stampa e responsabile italiano di Reporter sans Frontieres, che ha parlato di un paese democratico dove le norme che rispettano la libertà di stampa si scontrano con leggi e procedure che di fatto la negano. Spesso «utilizzando leggi ampiamente incostituzionali» come ha notato nel suo intervento il segretario confederale Cgil, Fulvio Fammoni. Ma la reazione della piazza fa ben sperare. Lo nota con felicità l’ex garante per la privacy, Stefano Rodotà, sottolineando «la fine della aquiescenza dell’opinione pubblica» e invocando l’uso della Costituzione come strumento di libertà. Anche davanti all’approvazione l’iter sarà quello di invocare la Corte Costituzionale o, sottolinea il giurista dell’università di Napoli Mastroianni, la corte Europea per i Diritti dell’Uomo, già pronunciatasi su questo tema e sicuramente fondamentale per cancellare questo abominio del diritto.
Mafie e misteri italiani
L’opera di sensibilizzazione verso i pericoli del ddl hanno attraversato i volti e le storie di 60 anni di Repubblica. Dalle ammonizioni di Andrea Purgatori sul caso di Ustica, alle rivendicazione della signora Maggiani Chelli, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili. Un paese di cui non conosciamo la storia, come ha sottolineato Curzio Maltese, tanto disseminato di misteri e storie opache, buie, parziali. Le stesse che già sono a repentaglio, magari al Sud, raccontate da giornalisti precari e lasciati in balìa del mondo criminale, senza aiuti. Di fronte a un ddl che non potrà che peggiorare la situazione. Roberto Morrione già direttore e fondatore di Rai News 24, ora animatore di Libera Informazione, parla di «scudo personale per il premier» utile anche a non correre rischi in tutte quelle vicende, stragismo e mafia, che pericolosamente si riversando intorno alla compagine governativa. Storie nebulose su cui il recente intervento anche di un moderato ex democristiano come Beppe Pisanu, capo dell’Antimafia, dovrebbe far riflettere. Misteri da spazzare via, di sicuro non ammazzando le indagini. Quello di Morrione è un urlo di aiuto, un sentimento di pietas verso chi ancora attende giustizia e verità. Per le tante vite a cui dare ancora speranza, irrimediabilmente sepolte da un ddl senza vergogna.
Storie e volti da raccontare
E cosa c’è di meglio per far capire l’importanza della libera stampa se non far parlare chi, solo grazie alla stampa è riuscito a fare o a chiedere giustizia? Un nodo alla gola quando dal palco intervengono la madre di Federico Aldrovandi, giovane ferrarese ucciso dalla polizia e la sorella di Stefano Cucchi. La prima ha trovato giustizia, la seconda il coraggio di domandarla. Storie assurde che grazie alla stampa, alla opinione pubblica da questa creata e garantita, sono uscite fuori allo scoperto, hanno inchiodato alle responsabilità persone che l’avrebbero fatta franca. Siamo qui anche per loro, per questi «casi altrimenti dimenticati». E per i morti sul lavoro, gli ammalati dell’amianto che a migliaia sono periti e di cui si parla solo grazie alla libera informazione. Come ha detto Ilaria Cucchi, «la stampa deve essere coscienza critica della gente». Non mostrare le foto di mio fratello non avrebbe fatto fare certe indagini. Ora con il ddl «la foto non sarebbe più pubblicabile». Che sarebbe successo?
Cultura, quale cultura?
Non sarebbe successo nulla. Tutto sarebbe rimasto protetto. A garanzia della privacy sì, ma «quella degli affari, o meglio dei malaffari» chiosa Roberto Saviano, arrivato con una folta scorta sul palco romano. Un ddl che coinvolge tutti, anche «la democrazia europea» che non starà a guardare. A fianco di Saviano anche l’adesione di molti autori, le telefonate in diretta di Morricone e Dario Fo, il movimento di emergenza per cultura e spettacolo, settori che la Finanziaria ha dissanguato. E mentre Ottavia Piccolo, attrice, ha ricordato questa crisi insieme al ricordo della giornalista russa Politkovskaja uccisa nella sua patria, è importante sottolineare l’adesione di Anm e sindacati di polizia. Questi ultimi in borghese hanno riscosso molti consensi: «Il ddl significa meno legalità». Concisi e trascinanti. Parte anche da questa trasversalità l’impegno democratico di tutti. Il primo passo è fatto. Ora occorre continuare.
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