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Avamposto, nella Calabria dei giornalisti infami

Di Giorgio Ruta il . Lazio

Giornalisti “‘mpami” e proiettili; semplici cronisti che non vogliono essere eroi e una terra, la Calabria, dove chi scrive subisce un isolamento sociale che ti logora. Di tutto questo se ne è parlato mercoledì 30 giugno, alla libreria MelBook di Roma, in occasione della presentazione di Avamposto. Nella Calabria dei giornalisti infami. Un libro di due giovani giornalisti: Roberto Rossi, collaboratore di Ossigeno per l’informazione e Roberta Mani, caporedattrice centrale di News Mediaset. Oltre agli autori erano presenti Lirio Abbate, giornalista dell’Espresso; Francesco Forgione, ex presidente della Commissione Antimafia e Roberto Natale, presidente della Fnsi. 

Avamposto ripercorre le storie di sedici giornalisti minacciati in Calabria e soprattutto punta i fari sul contesto. Una regione dove fare il cronista significa rischiare di scrivere contro chi trovi ogni mattina al bar o all’edicola. In Calabria è una guerra, “sedici colleghi sono stati minacciati in tre anni, solo cinque dall’inizio dell’anno.” – racconta l’autrice Roberta Mani – “L’ultimo pochi giorni fa. Ad un cronista arriva una telefonata e un consiglio: “smettila di scrivere”. La sua colpa era quella di aver scritto di una operazione antimafia”.  Più che le ruote tagliate, le bastonate, le telefonate o le auto fatte saltare in aria a fare la differenza in Calabria è il contesto. “E’ la terra dove non ci sono grandi città. I giornalisti sono sottoposti ad un controllo fortissimo: devono sfidare ogni giorno i famosi centopassi”- racconta Roberto Rossi – “Abbiamo provato stupore quando siamo arrivati in Calabria: questo è un paese democratico?”.

Per l’autore il panorama informativo gioca un ruolo centrale. La nascita di due nuovi quotidiani ha stravolto tutto, ha creato concorrenza e ha migliorato la qualità dell’informazione. “Ma il problema è la pubblicità. Tutto gira in torno a quello” – continua Rossi – “Se si fa buona informazione la si fa per la caparbietà di questi giovani cronisti”.  Uno scenario quello raccontato in Avamposto che non salta nelle pagine nazionali, abbandonandolo in un pericolosissimo oblio. La ‘ndrangheta è spesso declassata a fenomeno locale, da emarginare nelle pagine locali dei quotidiani; sottovalutando pericolosità ed espansione. Proprio per questo, Francesco Forgione da un grande merito a questo libro: “Si leggono storie di realtà che non riescono a sfondare il muro d’ipocrisia del mondo dell’informazione nazionale ma anche di quello politico”.

Anche Liro Abbate, che le minacce le ha subito in prima persona, è sulla stessa lunghezza d’onda di Forgione: “La Calabria non fa notizia perchè è come se fosse in Iran. Perchè tutto quello che succede sembra distante e normale”. Ma Lirio Abbate punta soprattutto sulla mancanza di tutela che questi giornalisti sono costretti a subire in una terra dove l’informazione è fondamentale, più delle altre regioni. “Sono precari – afferma il giornalista dell’Espresso – pagati 10 Euro a pezzo e rischiano la vita”. Gli fa eco Roberto Natale, in rappresentanza della Fnsi: “c’è una sproporzione paradossale tra il rischio che hanno questi giornalisti e quanto guadagnano”. Un lavoro fatto solamente per passione nonostante i tanti “ma chi te lo fa fare per una manciata di soldi?”.

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