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Fiaccole di speranza per illuminare la memoria della città

Di Angela De Lorenzo (da Il Crotonese) il . Calabria

Si è svegliata col magone ieri, venerdì 25 giugno, Francesca Gabriele, la mamma di quel bambino che tutti ormai definiscono “l’angelo della città”, il piccolo Dodò. Per tutto il giorno non ha avuto la forza di parlare, la ferita fa troppo male, ma nello stesso tempo ha trovato la voglia di essere presente, di farsi vedere dalla città che ha il dovere di impegnarsi in nome della legalità. Giovanni, suo marito, invece, la forza per parlare l’ha trovata, perché crede che sia necessario lanciare appelli soprattutto ai giovani e lo ha fatto proprio in un momento particolare, la fiaccolata organizzata dal coordinamento provinciale di ‘Libera – associazioni, nomi e numeri contro la mafia’, che si è svolta in serata.

Un momento triste, nel quale, però almeno è arrivata la consolazione da una parte della città, che con la sua presenza ha dimostrato di non aver dimenticato, ma di essere pronta ad impegnarsi in nome della legalità. Un centinaio di persone in tutto tra rappresentanti istituzionali, associazioni di giovani e liberi cittadini, che non hanno voluto essere assenti all’anniversario di una data che ha segnato una delle pagine più scure della storia della città: la strage dei campi.

Una fiaccolata era proprio quello che ci voleva, perché serve portare luce nelle tenebre in cui sembra essere precipitata la città, nel dolore che affligge una famiglia incolpevole dopo la morte di quell’angelo; perché serve illuminare la speranza dei giovani crotonesi che vedono solo buio intorno a loro. Dietro quello striscione con la foto della giovane vittima ed una scritta che suonava contemporaneamente come una supplica e un ordine, ‘Dodò, un volto e un nome da non dimenticare’, sorretto dai suoi genitori insieme ad altri cittadini, un serpente silenzioso di persone con le candele in mano.

C’erano anche bambini, qualcuno addirittura ancora nel passeggino spinto dalla mamma e dal papà che non hanno voluto proteggerli da un ricordo che può fare paura, perché convinti che non possa esserci insegnamento più importante in una circostanza come questa se non trasmettere il dovere della memoria, per fare in modo che gli adulti di domani facciano meglio di ciò che sono riusciti a fare gli adulti di oggi. Sì, fanno sempre peggio in questa città e la conferma è arrivata proprio in questo triste anniversario, quando un altro bambino è stato sparato mentre giocava. Non ha potuto fare a meno di ricordarlo don Antonio Rodio sul sagrato del Duomo, dove quel serpente umano, triste e silenzioso, si è raccolto per un momento di preghiera, dopo essersi radunato al tribunale ed essere passato per piazza della Resistenza. Qualche passante toccato dall’emozione non ha potuto fare a meno di mettersi in coda, tante mamme, invece, guardando Francesca, non riuscivano a trattenere le lacrime, mentre i più giovani si tenevano per mano. “Davanti a episodi assurdi come quelli che stanno accadendo in questa città – ha detto don Antonio Rodio – la gente si chiede perché, dov’è Dio? Ma io ritengo più giusto chiedere dov’è l’uomo? Che fine ha fatto l’uomo in questa città?”.

Quando le fiaccole sono arrivate in piazza Duomo anche Giovanni Gabriele ha voluto lanciare il suo appello ai numerosi ragazzi presenti: “Non lasciatevi trascinare, non rovinate la vostra vita e non fate del male agli altri. Siate forti per evitare che sia versato altro sangue innocente, come è accaduto a Dodò, il suo nome non dovete mai dimenticarlo per essere migliore, altrimenti il suo sacrificio non sarà servito a niente”. Giovanni e Francesca Gabriele hanno colto l’occasione per esprimere la loro gratitudine a quanti durante questo anno si sono stretti attorno alla loro sofferenza: “i giornalisti, la Chiesa, le associazioni e le istituzioni. Grazie per la solidarietà che ci avete manifestato. Nessuno ha dimenticato questo giorno e questo ci consola”.

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