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Saviano “morto” su Max

Di redazione il . Interviste e persone

La foto di copertina del settimanale Max che ritrae Roberto Saviano sul freddo lettino di un obitorio, oltre che macabra, provoca una sensazione di indicibile sofferenza. Non si scherza sulla vita di chi cerca tutti i giorni di lottare contro le mafie, facendo il suo dovere di giornalista o di scrittore. Forse l’autore di quella scelta non ha mai sperimentato sulla sua vita cosa significa essere presi di mira dai boss della camorra o della ‘ndrangheta. Il dolore provato dalle nostre famiglie dopo aver ricevuto minacce di morte, per il solo fatto di raccontare da giornalisti quanto accade nei territori infestati dai boss, non può essere banalmente e provocatoriamente trasformato in una eclatante scelta editoriale che puzza di narcisismo. È inaccettabile  e ripugnante vedere un fotomontaggio del genere. Chissà quanti pericolosi padrini, loro davvero abituati senza battere ciglio a  contare i cadaveri sulla strade di questo nostro paese, dopo aver visto quella foto, si augurano che ciò possa avvenire davvero. E non solo per Roberto, a cui va la nostra più incondizionata solidarietà. In passato scene del genere si sono viste davvero in Sicilia e in altre regioni italiane dove giornalisti coraggiosi sono stati ammazzati per aver denunciato la pericolosità della mafia. Non vorremmo che quella foto portasse a emulazioni drammatiche di chi, davvero, vorrebbe vedere non solo Saviano sul freddo marmo di un obitorio. Tutto ciò fa venire i brividi. Altro che provocazione.    

Cronisti calabresi minacciati di morte dalla ‘ndrangheta

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