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Rocche Croaire, la cava diventata discarica

Di Stefano Fantino il . Liguria



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Castellaro, bassa Valle Argentina,
provincia di Imperia. Un piccolo borgo dell’entroterra ligure,
milleduecento anime nemmeno, e un via vai di camion incessante. Sulla
statale e poi sulla provinciale, file di automezzi, qualche abitante
parla anche di code di quindici-venti unità. Una media di cento
passaggi giornalieri. Dove vanno? Nel comune ponentino si trova una
cava di puddinga, precisamente nella località detta Rocche Croaire.
Destinazione dei tanti viaggi quotidiani. Ora la cava, autorizzata
con Decreto della Giunta Regionale nel marzo 1984 (n. 1074),
prorogato vent’anni dopo (Dgr n.665), non è una discarica, ma il
passaggio costante di automezzi e la storia, non solo recente, della
zona l’hanno di fatto individuata come sito per lo scarico per rocce
di scavo e terreni provenienti da lavori di altri comuni
dell’imperiese. D’altronde anche nelle delibere del consiglio
comunale di Castellaro si legge che «essendo prossima
all’esaurimento la cava viene anche utilizzata come sito per lo
scarico di ingenti quantità di terre e rocce di scavo provenienti da
numerosi comuni della provincia». Da questa premessa nascono le
richieste della cittadinanza prima e delle associazioni locali poi,
di sapere di più riguardo questi trasporti, sul materiale e
soprattutto sui possibili danni su persone e ambiente.

L’esposto del circolo “Valle
Argentina”

Il 4 giugno scorso facendo seguito a
esposti precedentemente fatti, anche alle autorità sanitarie locali,
il circolo Legambiente “Valle Argentina” ha presentato un
esposto, reso noto solo pochi giorni fa, indirizzato alla Comunità
Europea e al procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, presso la
procura della Repubblica di Torino. La pratica, tiene a sottolineare
Daniela Lantrua, presidente del circolo, «sarà seguita in Comunità
Europea dall’Ufficio Legalità della Direzione Nazionale della nostra
associazione che ha anche sede a Bruxelles». L’associazione denuncia
innanzitutto le attività non autorizzate che ruotano intorno alla
cava. In primo luogo l’utilizzo effettivo a discarica di materiali
inerti, provenienti da varie realizzazioni come la strada Aurelia
bis. A fianco di ciò le modalità con cui questi trasporti
avvengono: senza protezioni, con grande assiduità di transito e
incuria nel prevenire la gran quantità di polveri sottili derivanti
dall’essicamento del limo in pien’aria. A fianco a importanti
rivendicazioni concernenti anche i rischi idrogeologici per il
territorio (a riguardo vi invitiamo a leggere l’intero esposto
cliccando qui)

Rischio amianto?

C’è però una parola che fa paura e
che si annida nelle righe dell’esposto. Amianto. Facciamo un passo
indietro. Una autorizzazione del comune di Taggia, protocollata come
22131, recante data 11 luglio 2008, autorizza la s.p.a. Area 24 di
Sanremo a smaltire terre e rocce di scavo delle aree dismesse della
ferrovia vecchia di Taggia, nella cava di Rocche Croaire. Fermi
restando gli accorgimenti e le precauzioni «per evitare la
dispersione di polveri nell’atmosfera e il rilascio di materiali su
aree non pertinenti al cantiere od ai luoghi di riutilizzo
autorizzati» come si legge nell’autorizzazione succitata. Nel
documento si nota come abbia concorso al parere positivo la
disponibilità da parte del legale della Findelen srl, società che
gestisce la cava, e inoltre il parere che l’Arpal, l’agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente per la Liguria, ha espresso
sui campioni di terre e rocce provenienti dagli scavi. In data
03/06/2008 l’Arpal, comunicazione n. 2811, ha comunicato che i valori
dei parametri analizzati rientrano nei limiti stabiliti dal D.Lgs
152/06 per i riutilizzi previsti in progetto. Non si può però non
ricordare come qualche mese fa (e fa fede un articolo del quotidiano
genovese “Il Secolo XIX”) per la procura di Genova l’Arpal
avrebbe addomesticato alcuni dati, facendo rientrare nei suddetti
limiti di legge il valore delle analisi. Nell’esposto di Legambiente
si fa riferimento a questa possibilità: l’amianto nei materiali
provenienti dall’ex ferrovia ci sarebbe eccome.

Un altro punto oscuro riguarda diversi
consigli comunali a Castellaro, dove il problema, sollevato dalla
cittadinanza, è stato affrontato in maniera controversa. Nel verbale
del 28 settembre 2009 il sindaco farebbe riferimento a elementi di
amianto che sono sotto la soglia di pericolo, stando a fonti
ufficiose. Poi nel verbale del 24 novembre 2009 si parla di una
prescrizione che impone di portare il materiale contenente amianto
nella discarica dei Colli, nella vicina Taggia. Prima l’amianto
sembra sotto controllo, dopo si dice che deve andare nella discarica
e non nella cava, in estrema sintesi. Ma nell’autorizzazione del
comune di Taggia per lo smaltimento dei materiali dell’ex ferrovia
Colli non è nominata. Chiudiamo con alcuni dati che il circolo di
Legambiente ha riunito in un esposto, datato 22 dicembre 2009, e
inviato agli organismi europei competenti in materia di sanità.
Nella vicinanza della cava 32 casi anomali, non direttamente
collegabili, ma che sicuramente costituiscono un campanello di
allarme: forme tumorali, bronchiti croniche, problemi alla tiroide,
leucemia, disquamazione della pelle. In una cittadina che in totale
non arriva a milleduecento anime. E che vuole qualche risposta.

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