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Dalla Sicilia libera il “no al Bavaglio”

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Ci sono più di 35° gradi fuori dalle finestre dell’istituto Chinnici di Piazza Armerina, in provincia di Enna,  ma la temperatura più alta si avverte dentro, dove più trenta giornalisti della regione, free lance, operatori dell’informazione, volontari, hanno scelto di mettersi intorno ad un tavolo per fare il punto della situazione sullo stato dell’informazione nella regione, e ragionare insieme su luci e ombre del lavoro fatto sin qui, anche insieme alla Fondazione Libera informazione. Un appuntamento nato all’interno della due giorni di Libera Sicilia e diventato l’occasione di un bilancio per ripartire con nuove proposte e obiettivi sul versante dell’informazione e della cultura per la regione. 
A coordinare l’incontro che ha visto la partecipazione attiva di molti collaboratori della Fondazione libera informazione, Roberto Morrione, presidente dell’Osservatorio promosso da Libera,  che in Sicilia sin dal 2007, può contare su una rete importante e  in forte espansione.  E’ subito la legge Bavaglio in approvazione alle Camere al centro del dibattito del workshop sull’informazione. Una legge liberticida che i giornalisti contrasteranno in ogni modo: dalla disobbedienza civile sino al ricorso alla Corte europea di Strasburgo. “E’ un momento storico molto complesso quello in cui stiamo vivendo – dichiara Roberto Morrione –  lo sarà, ancor più e in maniera pesante, se verrà approvato il ddl che di fatto ridurrà  l’uso delle intercettazioni telefoniche e ne impedirà la pubblicazione, anche per sintesi, sino alla conclusione delle indagini preliminari”. E’ evidente fa notare il direttore che “si tratta di una legge fatta per mettere il bavaglio all’informazione e rendere meno efficace l’azione della magistratura, questo proprio mentre l’Italia continua a scoprire, dalla “Cricca”, alla “Trattativa” agli altri scandali, quanto è alto il livello di corruzione e di presenza delle mafie, nel Paese”.  “Quel che è certo – continua Morrione – è che questo testo di legge, anche se approvato, non ci fermerà, faremo ricorso in tutte le sedi possibili, e in Europa”. 
Dal nord al sud, le mafie condizionano pesantemente  lo sviluppo economico e prendono parte alla vita sociale e politica in prima persona. Schiacciata fra due Italie che si confrontano, da un lato con le armi della cultura, dall’altro con quelle dell’illegalità, rimane  l’informazione, vero ago della bilancia, in territori governati dalle mafie e dal clientelismo.  Da tutte le province siciliane arriva concorde il fermo “no al bavaglio”, che già in queste terre vige da anni, ancor prima di quello che per legge si vorrebbe istituire.  Accade a Catania, come testimonia Renato Camarda, direttore de “L’Isola possibile” che da anni combatte una battaglia contro il monopolio dell’informazione cartacea e audiovisiva, quello di Mario Ciancio Sanfilippo. Accade ma nonostante tutto la città ospita tantissime diverse realtà editoriali, che hanno scelto di non arrendersi ma di continuare a fare informazione, inchiesta, nonostante le molteplici difficoltà economiche ed editoriali, la fragile catena di distribuzione.  Accade a Siracusa dove – come ricorda il giornalista Massimiliano Perna, “si lavora gratis anche per più di dieci anni, se si sceglie di fare informazione d’approfondimento, d’inchiesta, raccontando tutto quello che accade, senza logiche politiche o di partito”. Massimiliano da anni racconta la sua provincia ma pensare ad un futuro è diventato impossibile per lui nell’isola e da poco ha deciso di partire e come molti giovani giornalisti abbandonerà l’isola a causa del suo immobilismo editoriale e dei condizionamenti politico – economici cui vanno incontro le diverse testate locali. Ma non solo. Anche a causa di una società civile distratta e disinteressata, che troppo spesso, non segue gli sforzi che in silenzio alcuni giornalisti fanno per informare i cittadini. E quando manca al mancato sostegno dei direttori e degli editori, si associa il silenzio dei cittadini, per un giornalista non ci sono più le condizioni per continuare. Da soli, non si può. 
Giornalismo condizionato, soffocato, compresso. Giornalisti che non sempre hanno scelto di stare dalla parte della verità e dei cittadini. Un pezzo di questa fotografia dell’informazione siciliana la scatta per noi, Rino Giacalone, giornalista de La Sicilia, che ricorda come molto spesso siano proprio i giornalisti stessi i primi a mettersi il “ bavaglio” per non inimicarsi i potenti. E poi racconta anche altro. “Nella nostra provincia, a Trapani, molto spesso l’obiettivo quotidiano dei politici come di alcuni giornalisti è di delegittimare chi fa quotidianamente il proprio lavoro”. Danni enormi possono derivare da questi atteggiamenti, soprattutto quando chi scrive si di notizie cosi delicate e di rilevante interesse pubblico. Giacalone si occupa da anni di cronaca giudiziaria e fa approfondimento e inchiesta anche per molte testate nazionali, continua ad restare fra le poche voci libere in provincia, con il sostegno significativo dei giovani della provincia, dell’associazionismo e della società responsabile. 
Reportage e giornalismo d’inchiesta rimangono ancora due fiori all’occhiello del giornalismo siciliano. Soprattutto fra i giovani giornalisti che non hanno smesso di interessarti ai fenomeni sociali ed economici che accadono nelle proprie province. E’ il caso di Laura Galesi, freelance, che da anni segue i temi del lavoro e dell’immigrazione, che al workshop sull’informazione, porta la sua ultima inchiesta sul caporalato e sfruttamento di lavoro agricolo nel ragusano. Se ne parla sempre dopo, se ne parla sempre quando “scoppiano” le tante Rosarno pronte ad esplodere anche fuori dalla Calabria, ricorda la Galesi. E invece è compito dell’informazione arrivare prima e denunciare, raccontando.  Come lei anche Rosario Cauchi, giornalista nel nisseno, segue con attenzione le  tante storie di migranti e lavoratori, di mafiosi e di battaglie antimafia vinte e perse, anche lui precario, anche lui fra gli invisibili lavoratori del mondo dell’informazione. Della situazione in cui versano gli operatori dell’informazione si è parlato a lungo durante il dibattito. Diverse le realtà editoriali, ma poche quelle davvero strutturate e capaci di fornire garanzie contrattuali così come richiesto dalla legge istitutiva dell’ordine dei giornalisti. Garanzie che non sono solo a tutela dei giornalisti ma anche dei cittadini che l’informazione, bene prezioso e delicato, la ricevono. 
Ad Agrigento il giornalista Enzo Gallo combatte da tempo una dura battaglia con l’assostampa locale  affinché vengano garantite le giuste condizioni lavorative ai giovani giornalisti e ai precari, oramai “collaboratori” da troppo tempo senza un regolare contratto. “Ci sono redazioni intere – dichiara Enzo Gallo – fatte di ragazzi giovani che non hanno ancora alcuna formazione professionale, ma che vengono fatti lavorare per più di dieci ore al giorno per risparmiare sui costi e avere in qualche modo un maggiore controllo sul lavoro dei singoli giornalisti. Gli editori e i direttori hanno grosse responsabilità in queste scelte”. Editoria (impegnata e schierata dalla parte della legalità, come quella di Salvatore Coppola) e informazione ma non solo. Anche il grande lavoro, insostituibile, che arriva dal basso. Dai volontari dell’informazione. La rete di Libera in Sicilia è impreziosita dal loro contributo quotidiano.  A Piazza Armerina, Giuseppe Crapisi, di Corleone dialogos, racconta del loro “miracolo corleonese”: un giornale non periodico, fatto da ragazzi di un circolo Arci e presidio di
Libera, distribuito in città, che si occupa di raccontare Corleone, non solo mafia e antimafia, ma l’amministrazione della città, la quotidianità dei corleonesi, tenendo tutto questo ben saldato con quello che accade nel resto del Paese e nel mondo.
E mentre da un lato si confronta il “positivo” dell’informazione Sicilia, ad essere sempre più spesso chiamato in causa è il servizio pubblico radiotelevisivo, le sue responsabilità oggettive, il suo modo di raccontare la regione, tutta. “E’ la Rai – dichiara il direttore della sede Rai Sicilia, Salvatore Cusimano – ad avere il ruolo centrale di assolvere al compito che per sua natura ha, quello di fornire un servizio ai cittadini. E a loro che dovete chiedere, con forza, di farlo sempre più in maniera approfondita, sempre più a partire dai problemi delle persone”. Tanti passi avanti sono stati fatti, ricorda il giornalista che per tanti anni è stato il cronista di punta della Rai a Palermo in anni difficili per il capoluogo palermitano, come aver restituito alla città l’Auditorium Rai, a lungo dimenticato. In quella sede, quest’anno, si sono svolti numeri momenti di approfondimento e dibattito, anche su temi delicati come la trattativa mafia  – Stato. 
Tanti gli obiettivi che sono stati sintetizzati in chiusura dal direttore di Libera informazione, Roberto Morrione e che confluiranno nella carta di Piazza Armerina “Mosaico di responsabilità” che è stata scritta nella due giorni di Libera in Sicilia. Una carta per riaffermare, sul versante dell’informazione, la centralità di questo bene prezioso e estremamente delicato, nella vita delle persone, per lo stato di salute di una democrazia, per poter programmare la rinascita di territori a lungo occupati dalle mafie. Dal laboratorio siciliano Libera informazione ha raccolto molto e programmato un nuovo anno di lavoro insieme alle tante realtà che la compongono nella regione. Tanti gli obiettivi, sia sul versante della conoscenza e del racconto di questa terra, sia sulle battaglie da portare avanti per chiedere, come cittadini e come operatori dell’informazione, che chi ha i mezzi per fornire un servizio pubblico ai cittadini, lo faccia, raccontando meno i palazzi e più le persone, i loro problemi, la loro vita quotidiana. 
Presto disponibile on line la carta di Piazza Armerina “Mosaici di Responsabilità” a cura di Libera Sicilia (all’interno le linee di lavoro del gruppo sull’informazione) 

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