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Mondiali al contrario

Di Anna Foti (da ReggioTv) il . Progetti e iniziative

Rainbow Nation, la nazione dell’Arcobaleno. Questo il nome che il Sudafrica popolato da genti di diverse etnie e diversi colori, in cui si parlano undici lingue considerate tutte ufficiali, ha assunto all’indomani dell’abbattimento dell’aparthied negli anni Novanta. Culla dell’Umanità per la ricchezza di reperti rinvenuti principalmente nella zona del Transvaal, il Sudafrica bagnato due oceani, quello Indiano e quello Atlantico, ed ex colonia olandese e poi inglese, sta ospitando i primi mondiali di calcio disputati in Africa. Welcoming the world home (“Benvenuti nella casa del mondo”) questo lo slogan della cerimonia inaugurale per le 32 squadre, tra cui quella azzurra campione del mondo, a Johannesburg lo scorso 11 giugno. Grande assente Nelson Mandela colpito da un grave lutto per la morte di una giovanissima pronipote: la figura dello storico presidente nero del Sudafrica avrebbe dovuto impreziosire l’avvio del primo campionato del mondo in Africa e il clima di festa e di impegno per i diritti insieme a quella dell’indimenticabile Miriam Makeba.

Nativa di Johannesburg scomparsa nel 2008 in Italia proprio a Castevolturno dopo un concerto dedicato a Roberto Saviano e contro la Camorra, talento straordinario, espressione sublime della musica africana e voce vibrante della libertà in tutto il mondo, Miriam Makeba, nota per il suo impegno politico contro l’apartheid, è stata delegata dalle Nazioni Unite e ambasciatrice di Buona Volontà dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite, fu esiliata dal governo sudafricano negli anni Sessanta per i temi politici e contro l’apartheid cui i suoi dischi si ispiravano. Nel 1990 fu Nelson Mandela a convincerla a tornare nel suo paese affinchè la sua voce soave e impegnata potesse continuare ad essere ascoltata dal suo popolo oltre che dal resto del mondo. Eravamo negli anni della svolta in cui quella politica segregazionista, avviata da alcuni ministri boeri negli anni Quaranta, volgeva al termine.

L’apartheid (“separazione” in lingua afrikaans), politica di segregazione, è stato proclamato crimine internazionale dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid). Recentemente esso è stato inserito nella lista dei crimini contro l’umanità che la Corte penale internazionale può perseguire. Nella storia di questo fenomeno spicca la figura di Nelson Mandela che incarna l’ideale di una lotta costata la vita di molti ma, senza la quale, ancora oggi potremmo non parlare di apartheid solo come di una drammatica parentesi nella storia del Sudafrica. Sulla scia di questa ricerca di riconciliazione tra la maggioranza indiana e nera e la minoranza inglese boera, oggi questo paese protagonista della competizione sportiva mondiale più emozionante di tutti i tempi, vive una timida primavera in cui la parità di diritti civili ancora attende di essere completata da quella economica. Una primavera che, pur non salvando il paese dalla piaga dell’aids, dalla miseria dei ghetti, dall’intolleranza, lo consegna ad un presente diverso da quello di guerra, stragi e dittature che affliggono i vicini Mozambico, Angola, Congo e Zimbabwe.

A rimpiangere Mandela sono in tanti e tra questi anche il movimento di diritti civili Abahlali BaseMjondolo (“ Quelli che vivono nelle baraccopoli” in lingua Zulu), malvisto dall’attuale governo sudafricano che pare non ascoltare le istanze della maggior parte della popolazione che versa in condizione di povertà. “Mondiali al Contrario”, questo il nome del viaggio di sensibilizzazione portato avanti da una delegazione del movimento. Cittadini impegnati per il riconoscimento dei diritti delle popolazioni sudafricane ha fatto tappa anche in Italia e in Calabria, al Centro Cartella di Gallico a Reggio Calabria nelle scorse settimane ospite di Africacalabria.org, per evidenziare come il campionato del mondo Sudafrica 2010, in realtà, non favorirà la conoscenza e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Questa la forte denuncia cui il movimento degli impoveriti del paese ha dato voce proprio in attesa del primo campionato del mondo di Calcio nel continente africano; un invito a non sprecare questa opportunità di visibilità internazionale per portare alla ribalta anche una situazione di povertà e indigenza in cui versa la popolazione sudafricana. Abbiamo ascoltato il portavoce del movimento in occasione della loro seconda tappa calabrese.

A Reggio Calabria dopo Rosarno, definita “Unspeakable”, indescrivibile a parole, Thembani Ngongom ai nostri microfoni ha parlato di un’altra faccia dei mondiali, quella lontana dai riflettori e dai campi di calcio, lontana dal podio e dai colori delle maglie delle nazionali. Quella delle persone povere che in questo movimento, bersaglio in questi ultimi mesi di censura e repressione, hanno l’unica voce in Sudafrica. “We are the only voice of poor people in Sudafrica”, ha dichiarato durante il nostro incontro in cui non sono mancate le note nostalgiche nei confronti del governo retto da Mandela. Il leader simbolo della lotta all’apartheid, è infatti il rimpianto più significativo del movimento sociale dei sudafricani impoveriti. “Vorremmo che oggi Mandela avesse venticinque anni, ha detto, perché da quando il suo mandato è finito, la situazione è regredita e si sono aperte opportunità per gli opportunisti che stravolgono la Freedom Charter, la Carta della Libertà”. Alla domanda sul futuro, la risposta è un cammino ancora lungo dei poveri organizzati che identificano nel  movimento Abahlali BaseMjondolo, presente in oltre quaranta città del Sudafrica, non uno strumento sovversivo per capovolgere il potere ma un’occasione di confronto con il governo affinchè possano essere ascoltati. “E’ necessario è il governo parli con loro piuttosto che parlare di loro senza adottare adeguate politiche”, ha dichiarato  Thembani Ngongom il quale pare convinto che questi mondiali non contribuiranno alla causa sudafricana.

Per impedire che ciò accada e per far in modo, invece, che il binomio sport e solidarietà si concretizzi, affinchè si sia campioni del mondo anche fuori da campo, atleti e tifosi insieme, diverse sono le associazioni e le ong che stanno promuovendo delle iniziative per favorire il riconoscimento dei diritti umani in Sudafrica. In particolare Amnesty International invia simbolicamente in Sudafrica una nazionale assolutamente speciale composta da 11 difensori dei diritti umani di ogni parte del mondo (www.amnesty.it/mondiali2010). Per Actionaid International (http://www.actionaid.it/), la calciatrice sudafricana Elekanyani è divenuta testimonial di un calcio capace di aggregare nel segno della competizione e della lotta all’AIDS. Poi ancora l’iniziativa “1 goal per scuola e istruzione per tutti” promossa dai Giovani per la Pace (www.gpace.net/1goal/). Questo straordinario sport, popolare e affermato, può in questo frangente storico riscattarsi e riscattare. Dopo le parentesi buie, tra cui spicca quella della Coppa del mondo di Calcio consegnata in Argentina nel 1978 dal presidente Videla a trecento di metri dall’Esma (Escuela Superior de Mecanica de la Armada), la scuola di meccanica della Marina Militare convertita da alcuni anni in centro di tortura, il calcio può e deve segnare la storia contribuendo, con la sua capacità di coinvolgimento e risonanza, a riportare il paese e il popolo sudafricano al centro della comunità internazionale, valorizzandone il ricco e variegato patrimonio di umanità e senza nascondere i problemi ancora esistenti, le ferite ancora aperte, le crisi ancora in atto, proponendo da queste il rilancio di un progetto futuro di Pace e Democrazia.

 Dunque i giochi si sono aperti. La rincorsa, autentica anima del tiro, pesa come quando si calcia un rigore. Il tifo si è acceso e quel profumo di Libertà non è mai stato così forte.

 

 

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