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I tentacoli della ‘ndrangheta in Lombardia

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Un’inchiesta partita dalla procura di Reggio Calabria, con epicentro la città di Palmi, arriva a lambire anche il profondo nord. Mentre a Milano si condannano esponenti della famiglia Barbaro (venerdì 11, infatti, è arrivato alla sentenza di primo grado il processo “Cerberus”), a Bergamo, Mantova e Brescia ci si interroga sulla reale portata degli arresti che, durante la scorsa settimana, hanno interessato le tre province nell’ambito dell’inchiesta “Cosa Mia” condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

Imbarazzo e sgomento nella popolazione, preoccupazione e allarme negli amministratori pubblici: queste le prime reazioni alla notizia degli arresti – avvenuti tra Bergamo e Mantova, passando per Brescia – di alcuni sospetti affiliati alle cosche coinvolte Gallico-Morgante-Sgro-Sciglitano e Bruzzise-Parrello. Delle 52 ordinanze di custodia cautelare, infatti, sei sono state eseguite nel mantovano, tra Eremo di Curtatone e San Giorgio, una a Caravaggio (BG) e una a Brescia.

La regia degli arresti è stata condotta dal commissariato di Palmi e dalla squadra mobile di Reggio Calabria, sotto la guida di Renato Cortese, ma hanno collaborato anche le squadre mobili di Roma, Latina, Rieti, Savona, Imperia e, appunto, Bergamo, Brescia e Mantova, grazie al coordinamento dello SCO della Polizia di stato.

L’indagine in questione è durata due anni ed è stata coordinata da Giuseppe Pignatone, procuratore di Reggio Calabria, dal suo aggiunto Michele Prestipino e dai pm Giovanni Musarò e Roberto Di Palma e ha portato alla luce il ferreo controllo che le cosche di Palmi esercitavano sugli appalti dell’autostrada A3, la tanto vituperata Salerno – Reggio, in particolare nel tratto tra Gioia Tauro e Scilla. Oltre alla richiesta di una tangente pari al 3% dei lavori assegnati, si imponevano anche subappalti e forniture, calcestruzzo in primis. Un meccanismo classico già evidenziato da altre inchieste analoghe in passato che hanno riguardato proprio i lavori per l’autostrada più chiacchierata d’Italia, come quella nel 2007 contro le cosche di Rosarno, Gioia Tauro e Limbadi.

Le accuse contenute nei provvedimenti di custodia vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso all’omicidio, dall’estorsione al danneggiamento. Sullo sfondo dell’enorme giro d’affari, l’interevento delle forze dell’ordine ha potuto stroncare sul nascere la possibile ripresa della faida tra cosche a Palmi, che negli anni ’80 e ’90 aveva causato decine e decine di morti e che, ora, era pronta a scatenarsi nuovamente, proprio per l’enorme posta in palio. Contestualmente all’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, è stato disposto il sequestro preventivo di beni immobili ed altre attività commerciali individuali disposto dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria.

Un’operazione del genere vista da nord pone più di qualche seria riflessione. E infatti non sono mancate le prese di posizione, in particolare nel mantovano dove sono finite in manette sei persone, mentre una settima è riuscita a sfuggire alla cattura.

All’indomani degli arresti, il prefetto di Mantova Mario Ruffo ha convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza, per fare il punto sulla situazione e lanciare un messaggio rassicurante ad un territorio, che si reputa immune da infiltrazioni mafiose. Alcuni sindaci invece hanno lanciato un grido d’allarme: Antonio Badolato, il primo cittadino di Curtatore, a proposito degli arresti avvenuti si è dichiarato molto preoccupato perché “è la punta dell’iceberg”.

Tutte le persone arrestate sono calabresi d’origine, ma da anni residenti e operanti nel territorio lombardo. Persone dalla doppia vita e perciò insospettabili, ma pronti ad obbedire agli ordini di scuderia quando se ne fosse presentata l’occasione.

Come C.A. presunto affiliato arrestato a Caravaggio alle quattro di mattina, accusato di associazione mafiosa ed estorsione. L’uomo, sarebbe stato pronto all’occorrenza a rispondere agli ordini dei boss della famiglia Costa – Gallico, per i quali avrebbe esercitato pesanti minacce ai danni del proprietario di un immobile di Palmi, perché vendesse alle condizioni impostegli un immobile di sua proprietà, finito nel mirino della cosca.

Oppure come C.G. arrestato a Brescia, dove si era anche laureato in giurisprudenza e aveva al suo attivo alcune pubblicazioni di poesie e una collaborazione con un’associazione che si occupa di inserimento lavorativo di ex detenuti. Dopo l’arresto, l’uomo ha tentato anche il suicidio e ora è ricoverato in ospedale.

Persone dalla doppia vita e perciò insospettabili. Le reazioni che si registrano in questi ultimi giorni sono diverse e se, da un lato, c’è chi continua a minimizzare la presenza delle cosche in Lombardia, dall’altro lato, invece, non mancano le richieste di alzare il livello d’attenzione, prima che sia troppo tardi per correre ai ripari. 

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