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Report: i soldi della Chiesa

Di Gaetano Liardo il . Atti e documenti

Il “boccone del prete” è il titolo scelto dalla redazione di Report per il servizio di Paolo Mondani andato in onda domenica scorsa. Una inchiesta a tutto tondo che punta dritto al sistema economico che sorregge la Chiesa in Italia. Soldi, beni immobili, tasse non dovute, bilanci che non si conoscono, relazioni e intrecci con i protagonisti degli scandali che hanno portato in luce la nuova tangentopoli italiana. Ad iniziare da Angelo Balducci, che per anni ha gestito l’immenso patrimonio immobiliare della Propaganda Fide. Il Vaticano ha almeno tre bilanci, di cui, tuttavia, non si conoscono le reali consistenze. Il bilancio della Santa sede, quello dello Stato Vaticano e quello dell’Obolo di San Pietro, ovvero i regali che il Papa riceve da ogni angolo del mondo. La maggior parte delle ricchezze della Chiesa, e su questo si conoscono i numeri, derivano dallo Stato italiano. Il nostro Paese ha da sempre sovvenzionato la Santa sede. Fino al 1985 lo Stato italiano pagava un contributo alla Chiesa in base al numero di sacerdoti presenti nel suo territorio. Pagava, di fatto, lo stipendio a preti e religiosi. Con la revisione del Concordato attuata dall’allora Governo Craxi, su insistenza italiana, vennero ridefinite le modalità con cui l’Italia pagava la Chiesa. Non più un contributo legato al numero dei sacerdoti, che negli ultimi 25 anni si è fortemente ridimensionato, bensì un contributo scorporato con l’introduzione dell’8×1000. Diminuiscono i preti ma aumentano i fondi percepiti. Dai 210 milioni di euro del 1990 si è così arrivati alla cifra astronomica di 1 miliardo e 9 milioni di euro del 2009. L’8×1000 ha «provocato un arricchimento generalizzato e questo ha portato un detrimento ed una rilassatezza dei costumi all’interno della Chiesa», denuncia ai microfoni di Report Paolo Farinella, sacerdote genovese. Di tutti questi soldi soltanto il 20% viene speso per opere di carità in Italia e all’estero, il 35% viene speso per far fronte al sostentamento del clero e il 45% per esigenze di culto. 

Sicuramente una sproporzione che tradisce la natura stessa della Chiesa che, di fatto, si è trasformata in una grande holding finanziaria. Una macchina da soldi che gode di agevolazioni, esenzioni, incentivi per la ristrutturazione di strutture religiose che magicamente si trasformano in strutture ricettive. I conventi che diventano alberghi, che fanno ristorazione, che entrano nei circuiti turistici, facendo concorrenza sleale alle strutture commerciali che non godono degli stessi “incentivi”. Poi c’è lo IOR, l’Istituto per le Opere Religiose, da sempre al centro di scandali finanziari, rapporti sospetti, bancarotte, collusione con poteri forti, mafiosi, massoni. Se nel corso della puntata Mondani fa riferimento alla filiale della Banca di Roma di via della Conciliazione, a 150 metri dal confine vaticano, sospettata di fare operazioni finanziarie sospette, la Procura di Roma allungala lista. Ne parla La Repubblica nell’edizione di lunedì: sarebbero una decine le banche su cui indaga la procura, su segnalazione dell’Unita di controllo finanziario della Banca d’Italia. Banche grandi e piccole che fanno transazioni finanziarie quotidiane con lo IOR sospettate di coprire operazioni di riciclaggio, evasione fiscale, corruzione, truffa. Troppi soldi, troppe movimentazioni finanziarie e troppi compagni di strada poco raccomandabili rischiano di offuscare la già opaca immagine della Chiesa. Non sarebbe il caso che il Vaticano tornasse alla semplicità delle origini, concentrandosi un po’ più agli ultimi e un po’ meno al business?

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