I pozzi d’oro della regione e l’imprenditoria “strategica”
Quello di Pietro Di Vincenzo è un nome assai noto agli inquirenti nisseni, e non solo: già dall’inizio degli anni ’90, quando l’Italia venne travolta dal vortice di Tangentopoli, l’imprenditore iniziò a frequentare procure e commissariati; era il Giugno del 1993, Di Vincenzo si trovò di fronte al pm, Antonio Di Pietro, con l’accusa di aver intascato una tangente, versata dalla Cogefar Impresit, destinata all’ottenimento di un lucroso appalto per l’ampliamento del nosocomio di Vittoria. Oggi, lo stesso ex responsabile dei costruttori siciliani, ha nuovamente ricevuto la visita delle forze dell’ordine; le accuse sono molteplici: riciclaggio, estorsione, attribuzione fittizia di beni e ricettazione.
In totale, il Gico della Guardia di Finanza di Caltanissetta, indaga su dodici soggetti, ma solo due di questi sono stati arrestati: oltre a Di Vincenzo, anche il collega siracusano, Giuseppe Sirugo. A quanto pare, le manette sono scattate proprio per evitare che i due, profittando di una catena di società, spesso fittizie, e passaggi di quote azionarie, potessero inquinare lo scenario probatorio. Anche perché il potente imprenditore nisseno, stando sempre alle risultanze d’indagine, poteva contare su una fonte interna al corpo dei finanzieri, come testimoniato dal ritrovamento di un’informativa, contenente un elenco di beni di sua proprietà, prodotta dalla stessa Guardia di Finanza nissena. Un’inchiesta, praticamente totale, destinata a disvelare la costante attività svolta da Di Vincenzo, nonostante i vincoli ed i provvedimenti di sequestro sussistenti sul patrimonio personale. Fondi neri, sfruttamento della manodopera al servizio delle sue tante aziende, spesso costretta a patire condizioni decisamente vessatorie, pena la perdita del prezioso posto di lavoro, trasferimenti fraudolenti di beni. La penultima “tappa” del travagliato percorso tracciato dall’arcirivale dell’ex sindaco di Gela, Rosario Crocetta, risale al 20 Agosto di due anni fa: in quell’occasione, i giudici della sezione misure di sorveglianza del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta del procuratore capo, Sergio Lari, disposero la confisca di beni pari a 265 milioni di euro, tutti transitati nella disponibilità del re dell’acqua e dei rifiuti.
Misura derivante da un vecchio procedimento penale, risalente al 2006, denominato, Cobra, che lo vide assolto in appello, dopo aver conseguito la condanna ad un anno ed otto mesi di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, disposta dal gup di Roma che lo descrisse come imprenditore nella disponibilità del clan Rinzivillo di Gela, ramificato nella provincia laziale. L’assoluzione, però, non gli evitò la sorveglianza speciale prevista per i soggetti socialmente pericolosi, da poco finita di scontare. Nel corso di quest’infinito marasma giudiziario, l’imprenditore non avrebbe mai cessato di gestire le proprie attività, al punto da penetrare anche nel mercato della gestione dei rifiuti solidi urbani, per il tramite della Nissambiente, società attiva all’interno dell’Ato Cl1, composta da svariate aziende, associatesi in Ati, fra le quali la tanto discussa, Altecoen, del gruppo Gulino di Enna, gestita da Franco Gulino, da sempre molto vicino al magnate nisseno. L’operazione di oggi, peraltro, era stata preceduta da un ulteriore intervento ai danni di Di Vincenzo: il 5 ottobre dello scorso anno, infatti, la Dda di Caltanissetta, coadiuvata dal Gico della Guardia di Finanza, lo indagò con l’accusa di trasferimento fraudolento di beni, scaturita dalla tentata cessione di un contratto di leasing di un immobile, sito a Cagliari, riconducibile ad una società della sua privata galassia, nonostante fosse ancora soggetto a misura di prevenzione, coinvolgendo anche due dirigenti di banca compiacenti.
Il calvario appare interminabile per un imprenditore capace, nel corso della sua lunga carriera, di occupare i posti che contano in Sicilia, e di accumulare un vasto patrimonio, degno di un dominatore di settori strategici, quali l’edilizia e l’acqua, veri pozzi d’oro in questa regione.
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