Governo e lotta alle mafie. Un binomio
che la scorsa settimana ha
visto consumarsi l’ennesima tappa,
con l’approvazione, da parte della
Camera, del disegno di legge Maroni-Alfano,
il cosiddetto “Piano straordinario contro le
mafie”. Un nome importante dietro il quale si
cela una legge che intende, nella volontà del governo,
dare uniformità e ordine alla disciplina
antimafia e fornire, alla lotta, nuovi strumenti.
Prima di analizzare nello specifico gli aspetti salienti
del disegno di legge è bene ricreare il contesto
entro cui questo è maturato. La votazione
di fine maggio ha visto il pacchetto attirare il
consenso unanime della Camera, rimarcando
la stretta cogenza di alcune iniziative contenute
nel documento e la convinzione, potremmo
dire bipartisan, della necessità di affrontare uniti
il nodo chiave della vita politica e sociale del
Paese.
Tuttavia sarebbe miope non fare esercizio di
memoria e dimenticare l’inspiegabile, e talora
palesemente schizofrenica, attività di governo
sul piano del contrasto alle mafie: decisioni che
contraddicono in termini quelle precedenti,
leggi che sembrano entrare in conflitto. Chiaro,
ad esempio, il caso della gestione dei beni confiscati,
quando con gran soddisfazione fu salutata
la creazione dell’Agenzia demandata proprio
a seguirne il percorso, dopo che, poco prima,
una legge controversa facilitava, di fatto, la vendita
dei beni stessi. Ora davanti alle decisioni
contenuto nel ddl Maroni-Alfano in merito alla
tracciabilità finanziaria, come si pone il cosiddetto
scudo fiscale che, indiscriminatamente,
ha permesso a un fiume di denaro di rientrare
senza controlli? Dubbi e questioni che si affastellano
in uno scenario fortemente inficiato dai
tagli anche alle forze dell’ordine e dallo spettro
concreto degli effetti, potenzialmente distruttivi,
che il ddl sulle intercettazioni potrebbe avere
sul mondo dell’antimafia.
La piena soddisfazione del governo e dei ministri
interessati per l’unanimità di voto,va di pari
passo con alcuni commenti positivi che vengono
dall’opposizione che ha però lamentato la
necessità di operare sulle carenze, economiche
e di personale, oltre che su misure normative,
a spese zero. Anche il procuratore nazionale
antimafia, Grasso ha detto che il ddl «presenta
aspetti positivi, ma non è esaustivo in merito a
tutto ciò che serve per combattere le mafie». Un
primo passo iniziale, ma che dovrà sicuramente
adottare altre severe misure e fornire, materialmente,
quanto necessario alla sua attuazione.
Ora il testo passerà al Senato, nel frattempo
cerchiamo di scoprirne insieme gli aspetti più
salienti.
Testo unico antimafia, la necessità di
una sistemazione organica
Il piano antimafia del governo interviene sulla
disciplina degli appalti pubblici, sugli accertamenti
fiscali, e in seconda battuta su normative
penali e di tipo organizzativo. A fianco di queste
disposizioni, si inseriscono due norme delega,
affidate al Governo, da esercitare nel termine
di un anno. La prima, come riporta l’Articolo
1, riguarda «l’emanazione di un codice della
legislazione antimafia e delle misure di prevenzione
», che insieme alla documentazione antimafia
e a quella relativa all’Agenzia nazionale
per i beni confiscati, sono destinato a costituire
un testo unico che diventerà un vero e proprio
Codice Antimafia. La questione è annosa, e la
volontà del ddl è quella di «fornire una sistemazione
organica a una materia» spesso lacunosa
e contraddittoria al suo interno. Il tutto risulta
necessario alla luce della nascita della già citata
Agenzia, che aggiorna, su questo versante,
la giurisprudenza che dalla legge Rognoni-La
Torre era approdata alla legge 109/96. Compito
sarà quello di«realizzare un’esaustiva ricognizione
delle norme antimafia di natura penale,
processuale e amministrativa, la loro armonizzazione
», nonché «il coordinamento anche
con la nuova disciplina istitutiva dell’Agenzia e,
inoltre, coordinare e armonizzare in modo organico
la normativa in materia di misure di prevenzione,
procedendo anche ad aggiornamenti
e modifiche».
La seconda delega: la documentazione antimafia
La seconda norma di delega al governo è contenuta nell’articolo 2, relativo alla modifica e alla integrazione della disciplina delle certificazioni antimafia. Entro un anno l’esercizio punta all’«aggiornamento e semplificazione delle procedure di rilascio della documentazione antimafia, anche mediante la revisione dei casi di esclusione e dei limiti di valore degli appalti oltre i quali le pubbliche amministrazioni non sono autorizzate alla stipula di contratti, subcontratti, né al rilascio di concessioni ed erogazioni senza avere acquisito informazioni dal prefetto che certifichi l’inesistenza di cause ostative». Aumentare gli effetti interdittivi sarà, nelle intenzioni governative, un punto focale, una volte accertate cause di decadenza della documentazione o tentativi di infiltrazione mafiosa, «anche dopo la stipula del contratto». Di fatto il progetto del ddl vuole porre come validità dell’informativa 12 mesi, raddoppiando il numero di mesi di validità corrente. Il ddl prevede anche l’istituzione di una banca-dati nazionale della documentazione antimafia che si propone di accelerare le procedure di rilascio e di prevenzione dei tentativi di infiltrazione. SU questo influisce anche la volontà di individuare alla base «le diverse tipologie di attività d’impresa a maggior rischio d’infiltrazione mafiosa per le quali è sempre obbligatoria la certificazione antimafia». Una norma anche per i comuni sciolti per associazione mafiosa: nei 5 anni successivi allo scioglimento ci sarà l’obbligo di acquisire l’informazione antimafia dal prefetto prima di stipulare contratti o rilasciare concessioni, erogazioni, indipendentemente dal valore degli stessi.
La tracciabilità dei flussi finanziari
Una parte centrale del ddl riguarda le norme che devo garantire la tracciabilità dei fluissi finanziari, in relazione a lavori e alle forniture pubbliche. Di fatto vengono imposte ai contraenti conti correnti dedicati alle commesse pubbliche, in modo da potere appoggiare su questi i movimenti finanziari relativi. Inoltre i pagamenti andranno effettuati utilizzando modalità tracciabili (come i bonifici bancari o postali). Questo aspetto, della tracciabilità, sarà tutelato anche dall’introduzione del CUP, codice unico di progetto, che verrà assegnato a ogni singolo investimento di denaro pubblico. Vengono recepite e proposte le norme introdotte per quanto riguarda la ricostruzione abruzzese e l’Expo milanese del 2015. La violazione di tali norme comporterà sanzioni amministrative e la risoluzione del contratto. In tema di appalti, il ddl prevede, inoltre, l’istituzione in ambito regionale della Stazione unica appaltante (SUA), «al fine di garantire trasparenza, regolarità ed economicità nella gestione degli appalti pubblici di lavori e servizi e prevenire, in tal modo, le infiltrazioni di natura malavitosa». Accertamenti fiscali sono anche previsti per i soggetti sottoposti a misure di prevenzione o condannati per taluni reati tenuti all’obbligo di comunicare le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio.
Le modifiche al codice penale e le norme organizzative
Alcune modifiche al codice vengono introdotte dal ddl, prima fra tutte la attribuzione alla Direzione distrettuale antimafia della competenza sul reato di traffico illecito di rifiuti. Più aspro il regime sanzionatorio per il reato di Turbata libertà degli incanti e, a seguito dell’approvazione di un articolo aggiuntivo in Commissione, introduce il nuovo reato di Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, che mira a colpire condotte che intervengono già nella fase della determinazione del contenuto del bando, con la finalità di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. Parimenti il disegno di legge prevede l’esame dibattimentale a distanza per i collaboratori di giustizia e ridisegna la non punibilità delle operazioni sotto-copertura.
A chiudere una nota organizzativa che permetterà, articolo 9, di stipulare protocolli di intesa per la costituzione di coordinamenti interforze provinciali presso le direzioni distrettuali antimafia e lo scambio informativo che favorirà l’investigazione e l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.