Matite contro la mafia
E’ stata quasi una riunione di redazione quella che si è svolta stamani alla Federazione nazionale della stampa a Roma. Quasi che si potesse pubblicare ancora un numero de “I Siciliani” per raccontare di un Paese stretto fra corruzione, leggi bavaglio, e una società civile che non si rassegna. Quasi che da un momento all’altro potesse entrare dalla porta il direttore, con quel suo viso allungato, il suo sguardo intenso capace di cogliere l’umanità profonda dietro ogni storia, la sua ironia ed eleganza nello scrivere. Quasi. E invece sono passati 26 lunghissimi anni da quando il clan Santapaola di Catania decise di uccidere l’intellettuale – giornalista, Giuseppe Fava, il 5 gennaio del 1984. Un uomo che con il giornale che dirigeva mise in pericolo i collegamenti affaristici fra la mafia e pezzi dell’imprenditoria locale, della politica. In una Catania sotto assedio politico – mafioso, Fava indicò la strada ad un’intera generazione di giornalisti e cittadini, anche fuori dalla Sicilia.
E i giovani giornalisti non lo dimenticano. Alla sua storia è infatti dedicata la graphic novel intitolata “Pippo Fava – Lo spirito di un giornale”, presentata stamani alla Fnsi, edito da Round Robin, realizzata da Luigi Politano e Luca Ferrara, all’interno della collana nata in collaborazione con Dasud. Il volume, lo scorso anno dedicato alla figura di Don Peppino Diana, prete ucciso dalla camorra in Campania, quest’anno si sposta in Sicilia per restituire in un fumetto ispirato alla grafica degli anni’70-’80 (nella scelta dei colori e nel tratto stilistico) la storia di un intellettuale scomodo. A presentarlo, famigliari, colleghi e amici: da Elena e Claudio Fava, figli del giornalista a Lirio Abbate, da Enrico Fierro a Michele Gambino, da Nando Dalla Chiesa, Roberto Morrione e Alberto Spampinato. Gli interventi dei giornalisti sono stati coordinati da Paolo Butturini, segretario associazione stampa romana, che ha voluto questo incontro a chiudere il corso di formazione che quest’anno il sindacato romano ha dedicato proprio al tema del contrasto alle mafie attraverso una pratica responsabile dell’informazione. “Questo incontro è inoltre- dichiara Butturini – pienamente dentro le attività che scandiscono la protesta della Fnsi contro ddl Alfano sulle intercettazioni: un disegno di legge che impedisce di portare avanti un giornalismo fatto di verità come quello che Fava ci ha consegnato”.
“E’ stato un omaggio e un dovere – commenta l’autore Luigi Politano – raccontare questa storia nata e cresciuta in una città che il direttore descriveva come “una donna bellissima, che ti tratta male, ma della quale non puoi fare a meno”. Una Catania ancora poco raccontata nel resto del Paese. “Da poco ho scritto per l‘Espresso un reportage – dichiara il giornalista Lirio Abbate – su Catania e ho scoperto che era la prima volta che qualcuno ne scriveva su quel giornale”. Lirio Abbate fa il cronista da molti anni a Palermo e nel 2007 le famiglie di Cosa nostra stavano preparando un attentato contro di lui, autore fra l’altro del libro “I Complici“, in cui si descrivono gli appoggi politici e imprenditoriali che hanno coperto la latitanza di Bernardo Provenzano. E’ vivo grazie alle intercettazioni telefoniche che sventarono quel piano di morte contro il cronista palermitano.
Torna in tutto il dibattito come filoconduttore inevitabile il testo di legge in approvazione che limiterà uso e pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e dei documenti relativi a tutta la fase preliminare delle indagini. “Se fosse qui oggi – dichiara la figlia Elena Fava che fra le altre cose cura la Fondazione che porta il suo nome – non ho dubbi: continuerebbe a pubblicare tutto, come faceva in quegli anni, in cui per noi era già in vigore un regime simile a quello che sta per entrare in atto”. Parla del monopolio editoriale e imprenditoriale di Mario Ciancio Sanfilippo e dei comitati d’affari che comandavano e comandano, con altre facce, altri nomi, ancora oggi nella città etnea. “Se “I Siciliani” fosse ancora in edicola – concorda il figilo Claudio Fava – a breve si troverebbe ad essere un giornale fuorilegge con l’approvazione di questo testo di legge sul divieto di pubblicazione atti d’indagine sino a conclusione del processo”. “Sono passati 26 anni – aggiunge Fava – dalla morte di mio padre ma se ancora oggi giovani portano avanti questo tipo d’informazione mi sento di dire che non è morto invano”. “Questo fumetto – sottolinea Nando Dalla Chiesa – racconta soprattutto di un intellettuale, quale era Fava”. Oltre il giornalismo, oltre il racconto e la cronaca. Eppure profondamente dentro, come ricorda Alberto Spampinato di Ossigeno: “lui era un direttore, organizzava, sceglieva, intuiva – e aveva il coraggio che hanno avuto altri colleghi che come lui sono stati uccisi dalla mafia negli ultimi trent’anni e tanti altri che oggi sono ancora nel mirino della malavita organizzata”. E’ il caso Calabria a lasciare esterefatti: 8 cronisti minacciati dall’inizio dell’anno, tre nelle stessa settimana. Un panorama dell’informazione che è ben lontano dall’aver risolto i conflitti che hanno causato la morte di Pippo Fava, il rapporto giornalismo e mafie, è ancora oggi un nervo scoperto, soprattutto quanto si toccano le convergenze politiche e imprenditoriali dei clan.
C’è un’informazione coraggiosa nel Paese, è vero. Ma ci sono anche cronache addomesticate, in particolare nel sistema radiotelevisivo degli ultimi anni. E’ Roberto Morrione, direttore di Libera informazione a fare il nome di Augusto Minzolini, direttore del Tg1, annoverandolo fra quegli esempi di giornalismo diametralmente opposti alla strada tracciata da Pippo Fava. Ma soprattutto a ricordare il valore intrinseco della storia del direttore siciliano. “Giuseppe Fava ha tracciato una via da seguire per l’informazione – dichiara Morrione – ma un valore altissimo del suo impegno sta nell’aver scelto di rivolgersi ai giovani, aver seminato fra i giovani, giornalisti e non. Dopo di lui la scuola di Fava è rimasta un tassello importante del giornalismo italiano e questo fumetto che parla ai giovani, suggella ancor più questo aspetto della vita professionale e umana del giornalista catanese”
Morrione ricorda inoltre il giornalista Riccardo Orioles, amico e collega di Fava, che del suo direttore disse “è morto da soldato, facendo quello che doveva fare […]”.
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