Superenalotto, in Campania gli arresti, a Gela si attende sentenza
Proprio ieri, quasi tutti i media nazionali davano risalto all’arresto di cinque componenti di un clan avellinese, colpevoli di aver sottoposto ad estorsione i vincitori di un super-premio di 33 milioni di euro, frutto di un sistema legato al concorso del super-enalotto. Un precedente, conforme a questo, si verificò nel 1998 sull’asse Lodi-Gela, e nelle prossime settimane si attende una decisione finale da parte della magistratura. Salvatore Spampinato, gelese trapiantato a Lodi, ebbe, per così dire, il colpo di fortuna che tutti agognerebbero: il super-enalotto gli regalò ben sette miliardi delle vecchie lire. Ma si sa, tra i paesani le voci corrono, forse troppo velocemente; quel giorno di sconfinata gioia si trasformò, ben presto, in un lungo calvario. I clan gelesi, ben rappresentati in zona, captarono l’indiscrezione e si fecero subito vivi: la tariffa segnava, secondo gli stiddari, quota un miliardo. Il taglieggiato, però, non si piegò immediatamente, anzi; tra le sue conoscenze vi era l’allora pezzo da novanta del clan Emmanuello, Rosario Trubia, oggi collaboratore di giustizia.
Al conoscente Spampianto richiese una sorta di mediazione, e l’amico non mancò di farsi sentire dagli stiddari, Carmelo Fiorisi, Emanuele Maganuco e Francesco Morteo, autori della richiesta miliardaria. Dopo l’incendio dell’abitazione del suocero del vincitore, e a conclusione di varie mediazioni, si decise per la cessione alla cosca gelese di trecento milioni: ma Rosario Trubia, come da egli stesso ammesso in sede dibattimentale, non poteva uscirne con le mani vuote, e così indicò all’interlocutore la somma di quattrocento milioni, fingendo che quella fosse stata l’ultima offerta dei tre interessati al bottino, di modo da tenerne cento tutti per sé.
Martedì, la Procura distrettuale di Milano, nell’ambito del processo bis generato da alcuni mutamenti intervenuti a seguito delle dichiarazioni rese dallo stesso Rosario Trubia, ha richiesto al giudice dell’udienza preliminare di condannare Carmelo Massimo Billizzi alla pena di tredici anni e mezzo di reclusione, a fronte dei due anni e mezzo fissati, invece, per i collaboratori di giustizia, Crocifisso Smorta e Rosario Trubia.
Altri tre imputati, che affronteranno, invece, il giudizio dibattimentale, Emanuele Argenti, Alessandro Emmanuello e Francesco Verderame, tre nomi di rilievo di cosa nostra gelese, dovranno affrontare un diverso iter. I soldi, soprattutto se molti, fanno gola alla mafia in qualsiasi forma.
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