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Intercettazioni: Siddi (Fnsi) chiama alla mobilitazione

Di Stefano Fantino il . Interviste e persone

Maggio caldo a dispetto della pioggia sul versante della libertà di stampa. In commissione Giustizia al Senato prosegue infatti il cammino del ddl sulle intercettazioni telefoniche che una volta risistemato verrà votato a Palazzo Madama, per poi tornare alla Camera e infine essere vagliato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. All’arrivo in Commissione una delegazione di giornalisti aveva incontrato il presidente del Senato Schifani, permettendo una scrupolosa analisi del testo prima che venisse votato dall’Assemblea. Ora, a tre settimane da quell’incontro l’impianto fondamento del Ddl rimane anche se emergono piccole correzioni e una sorta di perplessità di fondo anche nella maggioranza. Partiamo dalle correzioni: il cosiddetto emendamento “D’Addario” è stato sospeso per i giornalisti che non sono perseguibili se autori di registrazioni o riprese video all’insaputa dell’interessato, qualora ci sia un effettivo fine di cronaca. Le perplessità invece riguardano membri della maggioranza, tra cui il relatore Centaro, che ha sollevato dubbi sul “carcere per i giornalisti” qualora pubblichino atti che, a Ddl approvato, sono impubblicabili. Detto questo permane un impianto gravissimo: multe salatissime impedirebbero la conoscenza di fatti fondamentali per mettere l’opinione pubblica nella condizione di esercitare il suo ruolo. Ne abbiamo parlato con Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato unitario dei giornalisti.

Il ddl sulle intercettazioni prosegue il suo iter, senza che le proteste che da mesi i giornalisti e il sindacato portano avanti, abbiano inciso sulla sostanza del decreto. Quale la sua valutazione a caldo?

Si tratta di un atto di arroganza, di violenza, che colpisce non il privilegio dei giornalisti, ma colpisce il diritto dei cittadini ad avere una buona informazione per poter fare delle scelte. Un atto inqualificabile, incomprensibile e totalmente in contrasto con quello che era il buon proposito del presidente del Consiglio di due giorni fa: introdurre nell’ordinamento del Paese una legge anticorruzione. Questo disegno di legge sulle intercettazioni invece, se approvato, libera i corrotti, mette in galera i giornalisti, chiude con i lucchetti le notizie e tartassa gli editori con le multe, togliendo alle aziende editoriale la ragione stessa della loro attività, quella di dare notizie.

Ricordiamo il sit in di qualche settimana fa Mdavanti al Senato, quando il ddl è entrato in Commissione, e l’incontro con Schifani. Tutto inutile?

Diciamo che l’incontro ha favorito perlomeno una prosecuzione del dibattito in Senato. C’era una emergenza, che ora ritorna, ovvero che tutto sfociasse in un passaggio immediato in aula con un voto di fiducia. La commissione Giustizia, invece, a distanza di venti giorni non ha ancora chiuso i lavori su quel provvedimento, e il fatto che oggi, il relatore Centaro abbia annunciato di voler ritirare l’emendamento più duro che riguarda i giornalisti, non significa che cambia la natura di questa legge, ma che, anche in questa maggioranza, qualche perplessità ci deve essere perché ci si rende conto, si comincia a comprendere, lavorando di buonsenso, aldilà dell’appartenenza politica, della situazione che si va a terminare. Ovvero che c’è una sproporzione enorme tra gli obiettivi che si vorrebbero raggiungere e gli atti che si vanno a realizzare con questa legge. C’è quasi un senso di vergogna, mi pare che qualcuno cominci a provarlo nella maggioranza. Questa legge è una vergogna per il Paese, se verrà fatta in questi termini, un atto grave per la nostra convivenza.

La Federazione della Stampa ha subito chiamato a una mobilitazione, con che tempi e modalità?

Le modalità sono tante, perché questa è una battaglia che è solo all’inizio. Infatti il ddl dovrà passare all’aula del Senato, per poi passare alla Camera e infine andare al vaglio del Capo dello Stato. È evidente che noi adesso stiamo mettendo in campo una iniziativa che ha lo scopo di destare e tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica, di chiamare i cittadini all’indignazione. Oggi (ieri ndi) l’ha scritto in maniera molto chiara il “Corriere della Sera”, ma anche “Repubblica”, e noi lo stiamo dicendo da mesi. Troppo spesso il sindacato viene visto come una sovrastruttura esterna, invece ribadisco che il sindacato è il presidio fondamentale in questa battaglia, e lo sta dimostrando. Se avessimo spento per un momento le iniziative, forse nessuno avrebbe ancora scoperto la gravità di quello che sta accadendo. Ma senza polemiche, questa indignazione è necessaria perché è in gioco un bene dei cittadini, non un privilegio dei giuristi. Di questi aspetti parleremo più avanti, per ora bisogna salvaguardare il diritto a poter far arrivare alle persone le notizie sulle inchieste che contano: così verrebbe negata la possibilità di pubblicare notizie sugli atti non più riservati, ma già resi pubblici. Ma qui non siamo in Inghilterra o in Francia dove si fanno i processi dopo 15/20 giorni, magari si fanno dopo tre o quattro anni, magari non si fanno mai. E allora che facciamo? Lasciamo liberi i corruttori di corrompere, gli assassini di uccidere, i mafiosi di fare i loro traffici? Perché siccome nessuno ne ha parlato, quel fatto, quella vicenda non esiste, una cosa davvero drammatica. C’è davvero una vicenda che si aggrava sempre più, e penso che l’indignazione popolare sia la prima reazione necessaria, insieme alla nostra.

Quindi ora il lavoro del sindacato sarà quello di informazione sulla gravità e i pericoli sottesi al Ddl?

In questa fase ci mobilitiamo informando di più, facendo capire la mostruosità di questo disegno, affinché cresca la reazione che faccia pressione sul Parlamento. Se questo non accadrà è evidente che faremo tutte le proteste possibili: chiediamo agli editori maggiore decisione e determinazione nell’opposizione con noi a questo Ddl. Perché non basta dire che non siamo d’accordo e che questo è un fatto grave; gli editori sono i proprietari dei giornali, ebbene, consentano di rendere evidente, con ancora più forza, la loro posizione su questa legge. Per quanto riguarda il sindacato noi faremo sicuramente uno sciopero dei giornalisti, lo collocheremo nel momento in cui sembrerà più calda la temperatura, e saremo a un punto senza ritorno.

Quale sarà il ricorso estremo, in caso non sia sufficiente nemmeno lo sciopero?

Se tutto ciò non fosse sufficiente, ci resterà una sola strada, ricorrere alla Corte di Giustizia Europea per i Diritti dell’Uomo, consapevoli del fatto che lì verrà data ragione non a noi, ma al popolo italiano che crede nella Costituzione Repubblicana, ai cittadini che credono nell’indipendenza e nella completezza dell’informazione. E lì, purtroppo, il Paese di chi avrà votato quella legge, sarà un paese esposto all’ennesima brutta figura davanti alla comunità internazionale. Per salvare la buona faccia dell’Italia saremo costretti a questo, e che per salvare il nostro diritto a esercitare una professione in nome e per conto dei cittadini, che sono gli unici proprietari del bene informazione. Non è di proprietà di Berlusconi, di D’Alema o di altri, e neppure delle concentrazioni finanziarie che pure la condizionano enormemente, ma è dei cittadini e noi questo principio dobbiamo riaffermarlo continuamente. Questa battaglia si può vincere solo così, non è una battaglia che si può vincere con una battuta in tv o con un solo atto di protesta, ci deve essere una opposizione e una re-sistenza incessante e permanente.

Altrimenti le notizie di giudiziaria spariranno completamente se passasse ques
to ddl…

Certo che spariranno, oppure l’editore sa che dovrebbe pagare qualcosa come 460 mila euro e i giornalisti che rischiano il carcere. Penso che troveremo le forme di resistenza ma sappiamo che ci saranno dei problemi enormi e ci sarà anche chi sarà costretto, per non chiudere, a imporre ai propri giornalisti di non scrivere. Una cosa contraria a qualsiasi principio democratico sulla libertà di stampa.

In questi giorni anche il caso “Rai Notizie”, invisibile su gran parte del territorio nazionale…

Quello di Rainews è uno scandalo, la Rai si sta rendendo responsabile del suicidio di se stessa. Il canale all news dovrebbe essere il fiore all’occhiello del servizio pubblico, come accade in tutti gli altri paesi. Qui invece questo pezzo del servizio pubblico è oscurato, non sappiamo dove trovarlo, dove guardarlo, se non sul satellite. Uno scandalo, un danno che devono pagare i responsabili, un servizio pubblico negato e per chi lavora e non vede gratificato il suo lavoro.

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