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Misteri di Stato

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Ospitato fra le antiche mura del complesso di San Pietro e dell’Auditorium S, Cecilia, ha preso il via a Marsala la seconda edizione del “Festival del giornalismo d’inchiesta – a Chiare lettere”. Un festival che è soprattutto un’urgenza, percepita dagli addetti ai lavori nel mondo della comunicazione e informazione, ma in particolare dai cittadini. In una congiuntura storico – politica cosi delicata diventa fondamentale sapere, capire, confrontarsi e conoscersi.  Lo ha ribadito fra gli altri, Carlo Lucarelli, che ha inaugurato la tre giorni sull’informazione d’inchiesta, insieme ad altri giornalisti e artisti (da Massimo Fini a Federica Sciarelli, da Antonio Padellaro a Dario Fò e Franca Rame e Umberto Lucentini). Al Festival saranno ospitate molte storie non raccontate dai grandi mezzi di comunicazione, ma illuminate dalla caparbietà, professionalità e dalla passione di molti giornalisti d’inchiesta e editori. Fatti, misfatti.

Mafia, Stato, stragi e depistaggi, in particolare, hanno caratterizzato la prima giornata di incontri qui a Marsala. All’Auditorium Santa Cecilia viene trasmessa, nella prima giornata, l’inchiesta che tante polemiche ha destato alcuni mesi fa “I Misteri di via d’Amelio”, a cura di Silvia Resta, giornalista de La 7. I giornalisti Maurizio Torrealta, Antonella Mascali e Sandra Rizza, un dibattito  acceso e atteso, hanno raccontato  delle indagini in corso, riaperte quest’estate, sulla strage “non solo di mafia” che ha ucciso il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta nel luglio del ’92, ponendo l’accento su molti aspetti nascosti e poco conosciuti, 

“Sulla cosiddetta trattativa fra mafia e Stato che probabilmente era in corso mentre Cosa nostra realizzò la seconda strage in pochi mesi, quella di via d’Amelio – dichiara Maurizio Torrealta, giornalista e direttore nucleo inchieste di Rainews24 – tutti noi, giornalisti, abbiamo scritto cose che oggi vengono contraddette da altre verità che stanno emergendo dalle indagini da poco riaperte. . Le cose andarono in un altro modo, nei rapporti fra mafia e Stato, ma all’epoca non era per noi, possibile saperlo, neppure immaginarlo. Ci siamo basati sulla verità che in quel momento emergeva dalle indagini e abbiamo fatto il nostro mestiere”.  Scende il gelo sulla sala, quando Torrealta commenta: “ quello che sta venendo fuori poi, è davvero la peggiore delle ipotesi che potevamo immaginare negli anni ‘90”. Di cosa parla Torrealta? Del ruolo giocato da parti deviate delle istituzioni proprio nelle stragi di Capaci, e soprattutto, di via d’Amelio.

Molti elementi investigativi infatti oggi portano sempre più verso “fattori che fanno intravedere – conferma Torrealta – la presenza di altre entità, oltre Cosa nostra”. Dietro Cosa nostra, forse. Su quello che è accaduto dopo il 2002, anno di pubblicazione del libro firmato proprio da Torrealta e intitolato “La trattativa”, ci sono delicatissime indagini in corso e il pavimento su cui si muovono le fonti, i giornalisti, e la magistratura, dalla riapertura delle indagini, fa capire Torrealta, è fragile e rischia di crollare se non si fa estrema attenzione all’uso e alla diffusione di notizie in merito”. Confortante l’affermazione, dunque, della giornalista Antonella Mascali (Il Fatto e Radiopopolare), che moderando il dibattito, ha affermato “la novità in questa riapertura di indagini, a Palermo e a Caltanissetta, è data dai diversi rapporti che si sono instaurati fra le due procure, un tempo divise”. La riacquistata serenità di rapporti, a mio avviso, aggiunge la Mascali –  fa ben sperare per questa seconda indagine approfondita, su Capaci e via d’Amelio, che a suo tempo finì per superare tutti i gradi di nonostante sostanziali punti interrogativi evasi, oggi  rimess in moto, dalle  deposizioni da un lato di Spatuzza, dall’altro di Ciancimino”.

 Quanto raffinate siano state queste “entità” che hanno impedito  il raggiungimento della verità in questi  18 anni lo dimostra il pesante “depistaggio messo in atto” –  così lo definisce senza mezzi termini –  la giornalista Sandra Rizza (Il Fatto quotidiano). Su queste indagini, insieme al giornalista Giuseppe Lo Bianco, la Rizza sta per pubblicare un libro, edito proprio da Chiarelettere, in libreria nelle prime settimane di giugno. Dopo il dettagliato lavoro d’inchiesta fatto sulla scomparsa dell’agenda di Paolo Borsellino e gli ultimi mesi di vita del magistrato, Rizza e Lo Bianco – ripercorrono questi lunghi anni in cui un “le indagini hanno subito un vero e proprio depistaggio, commesso per coprire i responsabili – dichiara Rizza”

La cronista de Il Fatto mette in fila tutti i lati bui di queste indagini, puntando il dito sull’uso “strumentale” dell’uomo che si autoaccusò del furto dell’auto che servi per la strage di via d’Amelio. “Com’è possibile – dichiara Rizza – che un soggetto come Scarantino sia stato accreditato a tutti i livelli come attendibile (6 gradi di processi in tutto). Un uomo che niente o poco aveva a che fare con gli attentatori e che però in quei giorni raccontò in procura, fra molte bugie, anche alcuni elementi di cui all’epoca non poteva essere in possesso. Chi diede a Scarantino quelle informazioni e perché? ”

A questo interrogativo provano a rispondere i due cronisti di Palermo nel libro che si incrocia con la scottante attualità di cui da nota anche la Rizza durante il dibattito. “C’è un altro fatto, gravissimo, continua Rizza – di cui i grandi mezzi di informazione non si sono occupati – per questi fatti sopracitati, 3 uomini delle istituzioni sono al momento sotto inchiesta. Sono funzionari dello Stato che dopo quegli anni hanno fatto carriera, e ricoprono oggi ruoli al vertice”.

 Non solo mafia. Non solo Capaci e via d’Amelio.

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